Mese della cultura italiana in Bosnia Erzegovina: inaugurata a Sarajevo una mostra sul fumetto tradotto in Jugoslavia e nelle nuove repubbliche
di Andrea Oskar Rossini, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso
8 dicembre 2014 – Nel quadro delle iniziative previste dal Mese della cultura italiana in Bosnia Erzegovina, è stata inaugurata a Sarajevo una mostra sul più celebre fumetto tradotto in Jugoslavia e nelle nuove repubbliche.
Abbiamo incontrato a Sarajevo il prof. Daniele Onori, addetto culturale dell’Ambasciata d’Italia e curatore della mostra
Perché una mostra di fumetti?
Quest’anno il nostro intento era quello di diversificare le iniziative, presentando vari aspetti della cultura italiana. A fianco di eventi che hanno sempre riscosso un grande successo, come quelli dedicati al cinema, alla musica o alla lingua italiana, abbiamo deciso di presentare un altro dei nostri prodotti culturali di eccellenza, il fumetto. In questo caso si tratta di un personaggio forse più conosciuto in Bosnia Erzegovina, e in generale nell’area ex jugoslava, che non in Italia.
L’eroe del gruppo TNT…
Esatto. Alan Ford ha avuto naturalmente grande successo anche in Italia, negli anni ’70 e in parte negli anni ’80, ma in Jugoslavia ha rappresentato un vero e proprio fenomeno di culto, di cui si sono occupati scrittori e giornalisti anche in anni recenti. Nel linguaggio quotidiano, nelle battute, in generale nella cultura pop di questa regione ancora oggi c’è una fortissima influenza di Alan Ford.
Come mai?
Non c’è una risposta univoca. Possiamo solo dire che la Jugoslavia è stata l’unico paese al mondo nel quale Alan Ford ha avuto un successo simile. Sono stati fatti tentativi di traduzione anche in altri paesi, dalla Francia al Brasile, alla Danimarca, ma senza seguito. La Jugoslavia è stata l’unica ad accogliere Alan Ford come se fosse suo. È evidente che nei personaggi, in certi loro atteggiamenti, i lettori jugoslavi hanno trovato qualcosa che parlava direttamente anche a loro.
Come ha potuto un autore milanese come Luciano Secchi (Max Bunker), entrare in sintonia con uno humour così particolare come quello balcanico?
Gran parte del merito credo che vada al traduttore, Nenad Brixy. Era un personaggio geniale, e ha rappresentato senz’altro uno dei principali motivi della fortuna di Alan Ford in Jugoslavia. Brixy è riuscito a rendere la specificità milanese di Max Bunker adottando un gergo zagrebese, che risultava esotico ma simpaticissimo anche agli jugoslavi non croati, in particolare ai serbi e ai bosniaci. Infatti, ad essere precisi, Alan Ford non ha avuto successo in tutta la Jugoslavia, ma solo nelle repubbliche dove si parlava la stessa lingua, con qualche variante, cioè il serbo croato. Sono state tentate anche edizioni macedoni o albanesi di Alan Ford, ad esempio, ma con un successo limitatissimo. Senza il lavoro di Brixy, che è stato anche lo scopritore di Alan Ford e colui che per primo lo propose alla casa editrice croata Vjesnik, probabilmente non sarebbe accaduto nulla.
Alan Ford però è un fumetto che presenta una specifica carica sociale, e politica, oltre a quella umoristica. Come sono stati accolti questi aspetti oltre Adriatico?
E’ vero, Magnus e Bunker sono stati tra i primi in Italia a fare un fumetto comico che al tempo stesso conteneva elementi di critica sociale. Proprio in questo ambito però, quello della satira sociale, l’umorismo – nero – di Alan Ford conteneva elementi che in qualche modo accomunavano la società italiana e quella jugoslava.
Ad esempio?
Un atteggiamento che potremmo eufemisticamente definire difficile nei confronti del lavoro, l’incapacità a programmare, non saprei come meglio definirla…
Nel gruppo TNT non funziona niente, è questo?
Sì, alla fine però le cose in qualche modo si sistemano, il gruppo vince riuscendo a sconfiggere i propri nemici, anche senza averne merito, ma il risultato è positivo. Però c’è un aspetto politico più importante da considerare.
Quale?
Il fumetto conteneva una fortissima critica al capitalismo. Superciuk, il criminale che rubava ai poveri per dare ai ricchi, rappresentava la parodia di una più generale situazione di diseguaglianza sociale e di sfruttamento che non erano solo italiane. A fianco della critica al capitalismo, inoltre, in Alan Ford c’era anche la critica ai regimi totalitari…
I riferimenti politici erano quindi graditi anche al potere jugoslavo…
Sì, anche se occorre tener presente che l’adattamento linguistico e culturale operato da Nenad Brixi rimuoveva preventivamente, o metteva in secondo piano, aspetti che potevano risultare sgraditi. Alcune associazioni venivano però operate direttamente dal pubblico senza possibili interventi degli autori o del traduttore.
Ad esempio?
Il Numero Uno, che era visto come un evidente riferimento a Tito. Si trattava ovviamente di una parodia inconsapevole, dal momento che Magnus e Bunker non pensavano certo a Tito nello scrivere il fumetto, ma in qualche modo era successo questo.
La versione jugoslava di Alan Ford è mai stata censurata?
Sì, ma in forme e dimensioni del tutto marginali. Nella nostra mostra tuttavia abbiamo scelto di dedicare attenzione anche a questo aspetto, perché rivela elementi interessanti sotto il profilo culturale, della comparazione tra la situazione italiana e quella jugoslava del tempo. Più che di censura dovremmo parlare di adattamento culturale, e di scelte operate dal traduttore.
Quali tracce ha lasciato Alan Ford nella cultura popolare jugoslava e post jugoslava?
Infinite, specie nella musica e nel cinema. I Prljavo kazalište, storico gruppo rock di Zagabria, hanno preso il nome da un’espressione che compare in un numero di Alan Ford, “Broadway”, mentre i Superhik (Superciuk) sono un gruppo punk rock macedone, solo per citarne due. Nel film di Kusturica “Gatto nero, gatto bianco”, poi, troviamo un personaggio che per tutta la durata della storia legge Alan Ford ed è un chiaro alter ego di Grunf. Alan Ford è parte integrante della cultura popolare dei paesi dell’ex Jugoslavia. Non credo peraltro che sia un elemento riferibile solo ad una generazione, dato che anche giovani autori, quali Filip Andronik, che ci ha aiutato ad immaginare questa mostra, hanno parlato dell’importanza di Alan Ford nella propria formazione.
Cosa trova il pubblico sarajevese in questa mostra?
La storia editoriale di Alan Ford, in Italia e in Jugoslavia, attraverso copertine, fumetti e una serie di apparati. Abbiamo la prima e l’ultima copertina disegnate da Magnus, le prime apparizioni di personaggi importanti, come Superciuk o il Numero 1, ed esempi di copertine degli altri disegnatori che si sono succeduti dopo il 1975, quando Magnus lasciò l’editoriale Corno.
Tutti i testi sono bilingue?
Certamente. Una buona parte della mostra è poi dedicata ad approfondimenti di tipo storico, agli autori, alla più generale storia del fumetto italiano, alle motivazioni del successo di questo fumetto nei Balcani. Infine una parte della mostra, di cui sono particolarmente orgoglioso, è dedicata al confronto tra la versione italiana di Max Bunker e la traduzione di Nenad Brixi.
Purtroppo Nenad Brixy non c’è più…
No, è morto verso la fine degli anni ’80. Il suo lavoro però è portato avanti dal figlio, Davor Brixy.
Quindi Alan Ford non ha mai interrotto le pubblicazioni nell’area ex jugoslava?
Continua, sia in Italia, dove la maggior parte delle storie sono sempre firmate da Luciano Secchi, che in alcuni paesi dell’ex Jugoslavia. Esistono edizioni croate, edizioni serbe, continue ristampe e – notizia recentissima – tra breve uscirà la prima edizione bosniaco-erzegovese di Alan Ford.
Chi se ne occuperà?
La casa editrice Agarthi Comics, che ha collaborato con l’Ambasciata d’Italia nella realizzazione di questa mostra.