Presentato nella sezione TFF Doc al 32° Torino Film Festival, Branco sai. Preto fica è un “documentario fantascientifico” brasiliano che parte da un fatto d’ingiustizia sociale per approdare a riflessioni metacinematografiche
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/Juri-Saitta.jpg[/author_image] [author_info]di Juri Saitta. Nato nel 1987, laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” e laurea magistrale in “Discipline cinematografiche. Storia, teoria, patrimonio” al DAMS di Torino. Appassionato di cinema praticamente da sempre, collabora con “FilmDOC” e “Mediacritica”.[/author_info] [/author]
24 dicembre 2014 – Nel cinema ci possono essere perlomeno due modi per evidenziare la finzione: o si punta sull’eccesso (colori sgargianti, animazioni, scenografie computerizzate, ecc…) o si rende la messa in scena essenziale e stilizzata. Quest’ultima ipotesi è seguita da Branco sai. Preto fica di Adirley Queirós, «documentario fantascientifico» brasiliano presentato nella sezione TFF Doc al 32° Torino Film Festival.
Quasi trent’anni fa nella periferia di Brasilia la polizia fa irruzione in un locale da ballo ufficialmente per cercare degli spacciatori di droga, ma in realtà per dare sfogo al proprio razzismo. Infatti, le forze dell’ordine faranno uscire dal bar tutti i presenti tranne i neri, che verranno picchiati e malmenati.
L’opera parte da questo avvenimento per seguire le vite attuali di tre vittime di quella serata: un appassionato di musica sulla sedia a rotelle, un uomo senza gamba che trascorre le sue giornate vendendo protesi e una persona alienata che passa parte del suo tempo in un container in mezzo al nulla. I tre non hanno mai ricevuto alcun risarcimento né morale né materiale dallo Stato, ragione per la quale stanno organizzando un piano: cercare giustizia e vendicarsi degli abusi subiti bombardando la città.
Naturalmente, il loro intento non è reale, ma risulta piuttosto una finzione eccessiva e simbolica del loro desiderio di cambiare la situazione sociale; una finzione della quale i protagonisti sono totalmente consapevoli, tanto che la “strategia” e la sua attuazione sono intrise di riferimenti fantascientifici, come per esempio una navicella spaziale con tanto di collegamenti video alla Star Wars.
Una fantascienza, però, totalmente stilizzata, che non ha mai la minima intenzione di rendersi anche solo momentaneamente «credibile», ma che al contrario evidenzia continuamente il proprio carattere fittizio: la navicella prima citata è in realtà un container, l’unico combattimento presente avviene in una location desolata e vede un solo personaggio armato di una pistola giocattolo e il bombardamento finale è reso tramite delle illustrazioni fumettistiche.
Tutto ciò per indicare la natura illusoria del loro sogno di giustizia, quasi una sorta di utopia che non potrà mai essere realizzata in un Paese e in una città descritti come repressivi e quasi apocalittici, tra la desolazione degli ambienti e il coprifuoco quotidiano.
È inoltre probabile che il “piano” sia stato pensato appositamente per il film e che sia dunque il frutto di un accordo tra l’autore e i soggetti ripresi, motivo per il quale l’opera si posiziona in un “territorio” di confine tra la fiction e il documentario. Infatti, gli unici elementi indubbiamente reali di Branco sai. Preto fica sono gli avvenimenti di partenza, i tre soggetti, le loro condizioni fisiche e almeno parte del contesto in cui vivono.
Tutto il resto può essere una ricostruzione, tanto che l’autore sembra non aver girato un lavoro sul Brasile o sui tre protagonisti, ma piuttosto un documentario sulla messa in atto di una finzione totalmente palese e artigianale, che non serve solo a rendere evidente l’impossibilità di veder condannati gli aggressori o di avere un risarcimento dallo Stato, ma funge anche da catarsi per le vittime, che in questo modo possono sfogare parte delle loro frustrazioni.
Il film pone così una riflessione sull’utilità catartica delle cosiddette “arti minori” quali il cinema di genere e il fumetto, che il regista cita e omaggia.
Branco sai. P reto fica risulta dunque un film originale e interessante non solo perché unisce due modelli praticamente opposti (documentario e fantascienza), ma anche e soprattutto in quanto riesce a dimostrare la funzione di sfogo e di svelamento del reale insita nei generi apparentemente più lontani dal mondo fattuale, passando dall’essere un film di denuncia sociale a un’opera metacinematografica. Il tutto senza mai affrontare direttamente problematiche riguardanti la “settima arte”.
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