La colonna destra dei siti mainstream italiani è il trionfo dei click e la morte del contenuto in rete. Dai castori che ballano alle anatomie dei corpi esibiti in finti servizi rubati.
Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale
Una donna, Brunella Gasperini. E altri animali.
di Giulia Bondi
@gnomade
25 dicembre 2014 – Per leggerlo dovrete andare in una buona biblioteca. Poco male. È sempre bene ricordarsi che ci sono luoghi pubblici, come le biblioteche, finanziati con denaro pubblico, come le tasse. Se dove vivete non c’è una biblioteca, lamentatevi, e quando votate, votate per chi la farebbe. Oppure fatevela da voi, condividendo libri con i vicini, tanto per cominciare.
Vabbè, come direbbe lei, mi si sta già rompendo il filo. Meglio tornare all’argomento principale. Lei è Brunella Gasperini, al secolo Bianca Robecchi (1918-1979). E l’argomento principale di questa colonna destra è un suo romanzo autobiografico, “Una donna e altri animali”, che è tornato sul mio comodino da qualche mese – e lo centellino anche se vorrei divorarlo – dopo che tanti anni fa avevo letto, sganasciandomi dalle risate, “Lui e noi”.
Sono storie di famiglia, delicate, esilaranti e tragiche, come quelle di ogni famiglia. Forse queste un pochettino di più, perché nella famiglia di Brunella-Bianca c’erano quattro fratelli, tutti partigiani, tutti morti durante la guerra.
E la loro ombra, dai giochi di bambini (soprattutto a picchiarsi) all’impegno di giovani antifascisti (a traghettare ebrei in Svizzera, attraverso il lago di Lugano, e non solo), attraversa tutto il romanzo.
Ricordi lontani e memorie recenti. Due figli sessantottini e i “cinquemila”, come il marito brontolone chiama gli innumerevoli amici. Un nonno anarchico e uno monarchico.
Decine di animali passati e presenti, dal cane Bacuc (che prima di invecchiare si chiamava Bakunin) ai nobilgatti, dal Pirata, pappagallo lasciato a pensione da un giovane ebreo in fuga, che era stato capitano di lungo corso, al Cip, uccellino libero, che tornava per scelta al suono di un gong.
Un lessico familiare che attraversa mezzo secolo, mille spunti di riflessione buttati qua e là senza pesare (come Brunella certamente aveva imparato alla scuola dei giornali femminili, dove per essere progressista, o rivoluzionaria, doveva fingere di non esserlo) e tanti episodi da sbellicarsi fino alle lacrime.
Uno su tutti, il leit motiv dei cani di famiglia, mansuetissimi, che però non possono trattenersi dall’abbaiare selvaggiamente a preti e monache.
Fuori catalogo, dice il sito di Feltrinelli. Esaurita anche la ricerca che Marina Tommaso ha dedicato a Brunella Gasperini e pubblicato con Diabasis, La rivoluzione sottovoce, per raccontare di questa autrice che dalle pagine di Annabella (dove era arrivata su consiglio dell’amica Camilla Cederna) «accompagnò la trasformazione della società italiana, la rivoluzione dei costume, l’epoca della ricostruzione e del boom economico».
Un giro in biblioteca non ve lo leva nessuno, a meno che non siate fortunate e troviate i suoi libri negli scaffali di mamme, nonne, amiche.
Intanto, in rete, parlano di Brunella Gasperini l’Enciclopedia delle Donne e il blog Brugas, grafica un po’ demodé, ma aggiornamenti costanti sulle iniziative dedicate alla scrittrice (o “scrittora”, scrivono loro) da un convegno del giugno 2014 a una targa che la ricorda, proprio davanti al lago.
Una donna che vale la pena conoscere, e soprattutto leggere. E gli altri animali? A parte quelli del suo libro, credo che a Brunella non dispiacerebbe se ne citassi un altro, sebbene immaginario.
È un orso, si chiama semplicemente Orso, e fa da adorabile amico e baby sitter a Masha, una bimbetta pestifera che combina ben di peggio di quanto ci si aspetterebbe dai suoi (pochi) anni. Masha e Orso li disegna la casa di produzione russa Animaccord.
Gli episodi sono piuttosto adatti a intrattenere un bimbo di due o tre anni mentre voi vi prendete il lusso di leggere un buon libro. Centellinandolo, perché durano pochi minuti. Così vi dura di più anche il libro.
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