Tracce liquide

Un’animazione ricostruisce la vicenda dell’imbarcazione con 72 migranti lasciata andare alla deriva nel marzo 2011

Le testimonianze dei sopravvissuti in cerca di giustizia. Un’impressionante mole di dati sul traffico marittimo, militare e mercantile, nel periodo della tragedia. E le correnti del mare Mediterraneo, che diventano un fluido mortale per 63 dei 72 passeggeri della “left-to-die-boat”, salpata dalla Libia nel marzo 2011 alla volta di Lampedusa e lasciata andare alla deriva per 15 giorni in un braccio di mare tra i più sorvegliati del mondo.

Con un linguaggio al confine tra la videoarte e l’infografica, l’architetto Lorenzo Pezzani e il regista e studioso di migrazioni Charles Heller hanno dato vita all’animazione “Tracce liquide /Liquid traces”, diciotto minuti tragicamente avvincenti, che raccontano con la precisione di un’indagine giudiziaria le diverse fasi di un crimine collettivo rimasto ancora senza colpevoli.

 

 

“Tracce liquide” sintetizza la ricostruzione che i due ricercatori hanno fatto del cosiddetto caso della “left-to-die-boat”: nel marzo 2011, 72 passeggeri che tentavano di raggiungere l’isola di Lampedusa dalla Libia a bordo di una piccola imbarcazione furono lasciati andare alla deriva per 15 giorni, all’interno di un’area marittima che risultava ampiamente sorvegliata dalla NATO nell’ambito delle operazioni militari contro la Libia.

Nonostante i numerosi segnali inviati per identificare la loro posizione e le numerose interazioni avvenute in mare, tra cui quelle con un elicottero e una nave militare, nessuno intervenne per salvarli e solo nove persone sopravvissero.

“Nel produrre questa ricostruzione – spiegano i registi – la nostra ricerca ha tentato di sovvertire l’uso degli strumenti di rilevamento a distanza che leggono e registrano la superficie e la profondità del mare. Questo ‘sensorio del mare’, normalmente utilizzato come apparato di polizia e controllo, è stato qui utilizzato per documentare le violazioni dei diritti dei migranti che avvengono ai confini marittimi dell’Unione Europea.

“In contrapposizione con una concezione del mare come spazio privo di storia e significato, in cui qualsiasi evento si dissolve nelle correnti in continuo movimento, la nostra ricerca ha dimostrato che nel mare rimangono delle tracce. Leggendo con attenzione queste tracce, il mare stesso può essere trasformato in un testimone e interrogato.

“L’animazione che abbiamo prodotto dà forma ai differenti ritmi di mobilità del Mediterraneo emersi attraverso la progressiva restrizione dei mezzi legali di accesso all’Unione Europea per certe categorie di persone e la corrispondente accelerazione dei flussi di beni e capitali”.

 

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Mostrato per la prima volta alla Casa della Cultura di Berlino nel marzo del 2014, presentato in Italia al festival di Internazionale a Ferrara, il video si basa sul materiale prodotto per la compilazione di un rapporto sui diritti umani che ha dato vita a molteplici azioni legali, alcune delle quali ancora in corso, contro gli stati coinvolti nelle operazioni militari in Libia.

Nonostante nessun elemento della ricostruzione sia stato contraddetto, il crimine collettivo di cui sono stati vittime i passeggeri dell’imbarcazione è rimasto sino a oggi invisibile alla legge.

Un approfondimento sul caso dell’imbarcazione abbandonata si può trovare sul sito Forensic Architecture. Il lavoro di Charles Heller e Lorenzo Pezzani fa anche parte del progetto Antiatlas of Borders, raccolta multimediale di narrazioni che cercano di sovvertire il tema della frontiera, coniugando la ricerca con l’uso di linguaggi innovativi.

 


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