Kolinda e la cittadinanza

In Croazia, il partito di centro destra HDZ ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali

L’esordio della prima presidente della Repubblica croata, Kolinda Grabar Kitarović (nella foto sopra), del partito di centro-destra Unione Democratica Croata (HDZ) è stato burrascoso e ha fatto pronosticare mesi di scontri con l’attuale governo guidato dal Partito socialdemocratico (SDP).

Ribaltando la maggior parte dei pronostici, che davano il suo rivale Ivo Josipović dell’SDP vincitore, addirittura al primo turno, Grabar Kitarović ha vinto il secondo round delle elezioni presidenziali con una maggioranza risicata di un solo punto percentuale. Un margine che ha fatto peraltro sorgere diverse riflessioni sul voto.

In primo luogo, la presidente dell’HDZ ha vinto soprattutto grazie ai voti della diaspora croata all’estero, tradizionalmente orientata a destra, che ha premiato la nuova presidente con una maggioranza bulgara (di oltre il 90 per cento).

Inoltre, anche la costituzionalità delle stesse elezioni sarebbe in dubbio perché nel conto finale non sarebbero state contate le schede non valide, operazione che porterebbe la vincitrice di poco al di sotto della maggioranza assoluta. E se l’SDP potrebbe intentare un ricorso alla Corte costituzionale, si aspetta al momento la proclamazione ufficiale dei risultati, dato che in un seggio, nel quale erano risultate due schede elettorali in più degli aventi diritto, saranno ripetute le votazioni.

Intanto, l’ingombrante presenza di Kolinda si è già imposta in politica interna, con un attivismo che si spinge oltre le competenze della figura presidenziale.

Grabar Kitarović ha ricoperto negli ultimi anni una serie di incarichi di estremo prestigio che l’hanno vista prima diventare giovane Ministro degli Esteri, ambasciatrice negli Stati Uniti e Assistente segretario generale della Nato per la Pubblica diplomazia. Conservatrice e populista sul piano interno, ha esordito con una serie di dichiarazioni non rassicuranti per le relazioni tra la Croazia e la regione, che sembrano chiudere un periodo relativamente distensivo come quello inaugurato dalla presidenza Josipović.

Nel discorso inaugurale, Kolinda si è rivolta ai croati in patria e al di fuori e ha strizzato l’occhio alla diaspora bosniaca, sottolineando la necessità di una sua “equiparazione” agli altri popoli costitutivi.

A distanza di un paio di giorni, incalzata dal quotidiano bosniaco Avaz, ha menzionato un possibile riassetto istituzionale in Bosnia Erzegovina e non ha escluso l’appoggio alla formazione di una “terza entità” croata. Un’ipotesi che ha subito sollevato una serie di reazioni negative nel paese vicino, ma anche un appoggio trasversale da chi, come il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik, lavora da anni a uno svuotamento dell’impalcatura federale bosniaca.

Oltre alle rinnovate ingerenze in Bosnia Erzegovina, la nuova presidente non si è fatta mancare neppure un commento pre-elettorale sugli attentati di Parigi. In un’intervista a un’emittente privata ha invitato i concittadini a tenere gli occhi aperti e a denunciare ogni attività sospetta. Un invito a denunciare il proprio vicino musulmano, secondo un articolo pubblicato dal sito H Alter, che appare piuttosto fuori luogo in un paese, come la Croazia, che non si trova esattamente al primo posto nel mirino del terrorismo jihadista.

Sebbene abbia successivamente rilasciato a una televisione dichiarazioni concilianti rispetto alle questioni nazionali («Io considero croato anche chi è di fede ortodossa e di nazionalità serba. Almeno per la cittadinanza»), una delle sue affermazioni fotografa le contraddizioni della politica croata.

Spiegando che non ama rivolgersi ai cittadini e alle cittadine, ha affermato di aver imparato durante la campagna elettorale che questo appellativo crea un senso di esclusione negli abitanti delle campagne e della provincia, un bacino elettorale che ha generosamente aiutato Kolinda.

Una verità di per sé ingrata, quella della mancata percezione di sé in termini di cittadinanza in una parte della popolazione croata, che, ormai da anni abituata alla retorica nazionalista, si vede piuttosto come popolo, nazione, due concetti che in croato si traduco nello stesso modo: narod.

Il cittadino è cosciente dei propri diritti, il popolo, la nazione vengono trascinati, manipolati, da chi fa a loro appello. Una differenza non da poco che, più che essere accettata come un dato di fatto, dovrebbe spingere alla riflessione.

 

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1



Lascia un commento