L’alba di una nuova sinistra, in Europa

La vittoria di Siryza in Grecia non trova paragoni nella storia recente dell’Europa. Sarà il primo governo della “sinistra radicale” in posizione maggioritaria e non marginale.

Intendendo per sinistra radicale ciò che una volta era considerato moderatismo di sinistra, e cioè una socialdemocrazia delle origini. Siryza infatti non propone strappi alle regole del mercato, non si predispone per abbatterlo, non parla di nazionalizzazioni né di esproprio della proprietà privata. Propone un radicale programma di riforme e un ritorno della politica sulla scena dell’Europa dopo la lunga parentesi gestita dai tecnici.

Siryza è anche figlia dell’esperienza di Porto Alegre e di Genova ed è portatrice nel suo DNA di diversi elementi di novità rispetto alle sinistre ortodosse (che in Grecia rimangono all’opposizione) sul fronte della partecipazione, della lotta alla corruzione, dei diritti civili, della critica alla globalizzazione. Questa sinistra rinnovata è riuscita, per la prima volta in Europa, a superare gli steccati e le incomprensione con quella parte importante delle società moderne che sono i ceti medi, oltre ad avere fatto il pieno tra i ceti impoveriti dalla crisi. Una sinistra che parla a una società nella sua, quasi, interezza e che si fa capire perché pragmatica. Così come i 10 punti di Tsipras per l’Europa erano chiari e praticabili, i 10 punti annunciati a Salonicco per la Grecia lo sono altrettanto. Pragmatismo, onestà, partecipazione, chiarezza, punti programmatici chiari, sono tutti gli ingredienti della sinistra che da oltre dieci anni vince in Sud America. La chiave di volta di Lula, di Correa, di Evo Morales, di Pepe Mujica è stata proprio quella di superare la dimensione “ideologica” del loro essere di sinistra per ragionare in una dimensione “ciudadana”, cioè di cittadinanza. Cittadinanza minacciata e mutilata dalla povertà, dalla mancanza di cure, dalla solitudine, dalla mancanza di diritti, dall’esclusione. Una sinistra che interpreta e legge la società odierna, con le sue contraddizioni, problemi e potenzialità e a partire da quella lettura fa un’offerta politica che allo stesso tempo è già una risposta.

La Siryza che ieri ha vinto, da anni lavora nei luoghi della sofferenza distribuendo farmaci a chi è rimasto privo di assistenza sanitaria, aiutando i ragazzi con difficoltà a scuola, organizzando mense popolari.

Non una Croce Rossa laica, ma un progetto politico di lungo respiro che non poteva prescindere dell’emergenza alla quale andava data una risposta concreta. Fare politica sporcandosi le mani con la sofferenza sociale, e quindi anche ascoltandola e interpretandola. La posizione di Tsipras contro la Troika non nasce da un dibattito tra intellettuali, ma dalla sofferenza dei senzatetto che popolano le notti di Atene. Allo stesso tempo in Spagna un’altra esperienza politica promette buoni risultati. Podemos ha però una matrice diversa anche se in parte simile a Siryza. Podemos è l’esperienza più “sudamericana” oggi esistente in Europa. Il movimento di Iglesias si è abbeverato a lungo nelle piazze di Quito, Caracas e San Paolo. E’ il movimento dei cittadini indignati con la politica in generale, come quelli che incoronarono Chavez, Morales e Correa. Con elementi di modernità mediatica, Podemos presenta uno schema di “nuova politica”, liquida e fulminea, che ha totalmente spiazzato i partiti tradizionali troppo compromessi nella gestione del potere da decenni.

Con la vittoria di Siryza si apre una nuova tappa nella storia breve e travagliata dell’Unione Europea. Malgrado i tentativi di tenere fuori la politica dalle stanze di Bruxelles, la politica ha fatto irruzione. La democrazia si conferma come il principale strumento del cambiamento, anche in Europa.

I problemi della Grecia si dovranno risolvere ora con un accordo politico, non tecnico. Come quando nel 1953 fu decimato il debito pubblico tedesco ereditato dalla guerra mettendo le basi per la rinascita del grande sconfitto.

Le prime parole di Tsipras sulla troika (“è morta”) riecheggiano le parole di Lula quando decise a sorpresa di pagare il debito del Brasile nei confronti del FMI per toglierselo di mezzo. Riconoscimento pieno delle istanze politiche e ridimensionamento degli organismi multilaterali che fanno supplenza della politica. Mani libere non per indebitarsi, ma per decidere le priorità secondo un’agenda politica non dettata dai “tecnici”.

Per l’Europa che sta agonizzando proprio per mancanza di politica, perché non fa più sognare, perché ha perso per strada la solidarietà questa è forse l’ultima occasione. Accogliere l’urlo disperato della Grecia che vuole sedersi a tavolo per trattare con le altre nazioni e non con la Troika vorrebbe dire tornare ai fondamentali dell’unificazione. La Germania dovrebbe essere la prima a raccogliere e a capire che anche loro, senza l’Europa, valgono molto ma molto di meno.

 

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