«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso
dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani
L’uva
Nel bel mezzo del deserto, sotto il sole cocente del mezzogiorno, senz’acqua e senza cibo, camminavano da ore un persiano, un arabo, un turco e un greco. Nel cercar di sopportare cotanta calura e resistere in qualche modo alla fame, il persiano cominciò a rievocare ai suoi compagni il magnifico sapore dell’angur, assicurando loro che sarebbe stata la cosa migliore da mangiare in un momento come quello. Ma subito l’arabo controbatté che l’inab sarebbe senz’altro stata una scelta migliore e anche lui si mise a raccontare ai suoi tre compagni di deserto del magico sapore di quel cibo così prelibato. Ma non passò molto che il turco ebbe da ridire, affermando con fermezza che meglio ancora sarebbe stato dell’uzum: nulla di meglio per sopperire ai loro bisogni. Ma il greco non era poi così d’accordo: nessuno di loro sembrava capire quanto invece l’iztafil sarebbe stata la cosa migliore e che tutti avrebbero dovuto optare per quello.
E l’uno nel controbattere l’altro, senza ascoltarsi poi troppo a vicenda su ciò che veniva detto e proposto, presto giunse lo scontro, in cui ognuno voleva avere ragione, a costo di sputare in faccia agli altri.
Dopo ore che litigavano e si facevano la guerra, passò di lì un saggio che, dopo averli osservati attentamente, s’intromise.
“Litigare non serve a nulla! Se solo vi foste ascoltati con più attenzione e aveste deciso di aprire i vostri cuori e le vostre menti, vi sareste resi conto che tutti e quattro parlate dell’uva, che ognuno chiama nella sua lingua, ma che di fondo si riferisce alla stessa cosa”
Disse, tirando fuori un bel grappolone di chicchi e continuando poi a camminare per la sua strada.
I quattro rimasero là, un po’ imbambolati. Ma l’arte dell’ascolto è dura da affinare e così, come se nulla avessero sentito e ormai troppo accecati dal loro orgoglio e dalla smania di avere la meglio, prendendosi così tanto sul serio da credersi il motivo del sorgere del sole, non riuscirono a stringersi la mano e farci una risata su, ma ripresero a litigare e sputarsi in faccia, mentre il sole continuava a cuocere il deserto e i loro corpi sempre più deboli ed esausti, ormai persi nella miriade di onde di sabbia.
Gurdjieff
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