Podemos: la marcia del cambiamento

Sarà un sabato di popolo a Madrid. La prova di forza che Podemos ha organizzato da mesi e che ha avuto tre appuntamenti per scaldare i motori a Barcellona, Siviglia e Valencia

Oggi Pablo Iglesias chiama alla conta, forte delle ali che i sondaggi confermano e che lui percepisce restando ancorato con i piedi fra la gente.
Una credibilità ‘di strada’ che rende più agevole a lui e ai dirigenti di Podemos dimostrare che il sistema del bipartitismo, con le sue logore cerimonie, clientele e affari, è morto in Spagna. La marcha del cambio parte alle 12.00 da Plaza Cibeles e arriverà, scortata da un servizio d’ordine numeroso di volontari, fino a Plaza del Sol.

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Un ritorno alle origini, si potrebbe dire. Podemos è figlio, non l’unico, della grande sollevazione di movimenti che diedero vita al movimento degli Indignados, con le manifestazioni del 15-M che partirono – o ebbero un luogo particolarmente significativo – proprio nella centralissima piazza di Madrid e in tutte le altre città spagnole.

Un anno da montagne russe

Nei prossimio mesi la Spagna, a vario titolo, andrà alle urne per quattro appuntamenti diversi. Elezioni anticipate per Andalusia e Catalogna, l’appuntamento delle ‘autonomicas’ delle macroregioni e a novembre quello che riguarda il dato nazionale, sicuramente cruciale. Podemos, formazione che si struttura a partire dalla rete e dal basso in reazione alle nefandezze della ‘casta’, sta arrivando a quell’appuntamento sulle ali di percentuali che parlano di un vero e proprio trionfo e di tanto spavento, forse, per chi si potrebbe ritrovare nel giro di pochi mesi dagli scantinati autogestiti alle stanze dei velluti rossi, con responsabilità di governo e non di denuncia.

Si è parlato molto di Podemos, se ne è parlato ancor di più ora che Syriza ha fatto l’exploit senza il botto della maggioranza assoluta in Grecia e molte personalità della sinistra progressista in diversi paesi d’Europa, in Italia per esempio, guardano con desiderio l’esperimento in corso. Vorrebbero Podemos sul proprio territorio.
Alfredo Somoza proprio qui sulle colonne di Q Code Mag scrivendo della nuova sinistra in Europa ricordava il grande impegno sociale di Syriza e definiva quello di Podemos con queste parole: «Podemos è l’esperienza più “sudamericana” oggi esistente in Europa. Il movimento di Iglesias si è abbeverato a lungo nelle piazze di Quito, Caracas e San Paolo. E’ il movimento dei cittadini indignati con la politica in generale, come quelli che incoronarono Chavez, Morales e Correa. Con elementi di modernità mediatica, Podemos presenta uno schema di “nuova politica”, liquida e fulminea, che ha totalmente spiazzato i partiti tradizionali troppo compromessi nella gestione del potere da decenni».
In effetti pochi hanno letto la tesi di Íñigo Errejón, uno dei componenti del ‘Politburo’ di Podemos, frutto di un anno di studi e investigazione politica sulla Bolivia di Evo Morales. Sono 656 pagine e le mettiamo a disposizione qui.


Il gruppo dirigente di Podemos è fatto di giovani professori o ricercatori, investigatori sociali che hanno frequentato e sono nel mono dell’università. C’è un leader riconosciuto nel primo gruppo pulsante e poi nominato segretario attraverso elezioni in rete, Pablo Iglesias, abilissimo con le parole, ferrato in storia e dottrine politiche, capace di incassare i colpi per rispondere con parole affilate che raramente mancano il bersaglio. Qualcuno all’inizio avrà pensato a delle similitudini con il Movimento 5 Stelle e in effetti ce ne sono alcune, a ben vedere: stanno in tante pratiche che vennero presentate, positive, nel pensare di poter utilizzare la rete per una wiki-democrazia, fatto positivo.

Ma in Italia i buoni spunti sono stati corrotti da un leaderismo orgasmico da palcoscenico, i Vaffa teatrali, oltre a quell’indisponente carattersitica di gran parte della base dei M5S di sentirsi ‘nuovi e puri’ e trattare tutti gli altri con il sospetto e la veemenza di chi si riscopre pretoriano di un capo o di un’idea assoluta e in perenne difensiva.

Podemos, per ora, non subisce questi elementi deleteri e la testimonianza forse più interessante degli ultimi giorni sono i reportage di John Carlin, uno scrittore giornalista, che per El Pais sta scrivendo a puntate sul movimento che scatena le ire di popolari e socialisti e i sospetti di izquierda Unida. Carlin, nel video di presentazione del reportage sul primo quotidiano di Spagna che non fa mistero di attaccare a testa bassa Podemos, riconosce che iniziò il lavoro con grande scetticismo, eppure confessa che è rimasto colpito dal grado di apertura e simpatia di dirigenti e della base ch ha incontrato e intervistato.
Qui riportiamo i suoi lavori.

Una narrazione comprensibile perché condivisa

Podemos parla la lingua di un movimento che dal 2011 ha portato nelle piazze milioni di persone, mentre nei barrios delle grandi città il lavoro ha assunto un carattere capillare e quotidiano. Il ceto politico spagnolo sta vivendo una delle sue peggiori stagioni: basta guardare al caso Gurtel, corruzione, fondi neri, ma anche dal punto di vista delle leggi che limitano la libertà di espressione, la battaglia sugli sfratti coatti, i milioni dei contribuenti regalati al sistema bancario per difendersi dalla crisi e dallo scoppio della bolla speculativa in cui il mondo del credito e le banche di affari hanno avuto un ruolo da comprimari.
I baroni, fra popolari e socialisti, sono una casta che non capisce come in altri Paesi che lo iato fra gli elettori e chi viene designato per governare in nome loro deve essere colmato. E questa distanza ha dato gambe e slancio al movimento e soprattutto ha fatto trovare una terra fertile per un discorso semplice, in un linguaggio semplice.

Alle elezioni europee il primo grande successo e da allora non c’è media nazionale o internazionale che non abbia cercato Iglesias o i suoi. Anzi, in verità c’è stato: nell’ottusa prepotenza dei feudi di partito dentro la televisione pubblica Tv1, che ha concesso una intervista a ora tarda in un programma che si chiama La Sexta dove il direttore delle notizie è riuscito a collezionare un repertorio invidiabile di violazioni deontologiche che ha dato ancora maggior lustro e visibilità alle risposte di Pablo Iglesias.

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Destra, sinistra, massa, media

Podemos non è di destra né di sinistra. Affermarlo così potrebbe suscitare qualche sopracciglio alzato, se non fosse che la distinzione non è più un tema rilevante per gli stessi artefici del movimento, che nel programma economico e per la storia personale sono in tutta evidenza ‘catalogabili’ serenamente a sinistra.
Ma è interessante capire perché le categorie del ‘900 non valgano più. In una bella e lunga intervista su Nueva Tribuna Iglesias parla della politica italiana e si dice stupito di come il Pci nonostante non riuscisse a vincere le elezioni fosse in ogni modo il punto di riferimento culturale in Italia. E prosegue con un ragionamento che è lungo, ma vale la pena di essere tradotto, perché spiega bene una delle chiavi del successo di Podemos, che in qualche maniera potrebbe non piacere ai frammenti di sinistra in Italia che dopo aver inneggiato a Tsipras adesso guardano anche a Podemos come modello.

Iglesias sta appunto parlando di quando il Pci vedeva e pensava di avere il settore della cultura in Italia nelle sue mani e cosa accade? «Di colpo – dice – sbuca un tipo che si chiama Silvio Berlusconi, appoggiato da Craxi, che non aveva appoggi sociali come quelli della Dc, in un costensto audio visuale egemonico come insegnano gli Stati Uniti. E così in pochi anni la realtà del successo politico in Italia si chiamerà Forza Italia, una forza che dimostra che il paese è cambiato e che i valori legati e vincolati al comunismo sono quasi spariti. La prova è che vediamo il partito di Togliatti e Berlinguer prima convertirsi in qualche cosa che si chiama Ulivo e alla fine nei Democratici, che non siede nemmeno nell’Internazionale socialista e che ora ha un segretario che si chiama Matteo Renzi, che è la perfetta definizione del nulla in politica».
Ma Iglesias non si ferma e aggiunge: «Questo nulla politico che governa l’Italia oggi ha come schema osseo, come scheletro, il vecchio Pci e sicuramente molti dei suoi dirigenti hanno in casa i libri di Che Guevara e cantano Bella Ciao. Ma io credo che abbiamo perso e che la cultura con la quale alcuni di noi si identificano è impotente nel momento di promuovere un vero cambiamento politico. Può essere un cadavere che emoziona molti di noi, a me emoziona di sicuro, però per dar battaglia sul campo in cui vince Berlusconi, in quello della ideologia del mercato, ci ha posizionati sul terreno della post-modernità in cui è tremendamente difficile smuovere e muovere grazie ai valori della sinistra. Dobbiamo essere coscienti che siamo pochi e saremo sempre meno. Dobbiamo essere più laici e meno classisti, se vogliamo rispettare questo nostro popolo spagnolo, che è anche quello che non si emoziona per la bandiera repubblicana o per la guerra civil, che ama la nazionale di calcio, ma che sicuramente sarà contro la corruzione, per il rispetto dei diritti, contro le ingiustizie. Ad alcune ‘sinistre’ piace sentirsi ed essere delle minoranze, conosco bene questi soggetti che non vogliono affrontare le contraddizioni politiche, criticando tutto e tutti sapendo che mai si avrà la possibilità di implicarsi a tal punto da giocare in un terreno che non è il nostro».

«Le nozioni di sinistra e destra non servono esclusivamente per esprimere un conflitto che mette in conflitto maggioranze sociali contro le elite e che possono essere identificate in diversi momenti storici come soggetti distinti».

«Voglio dire che le maggioranze sociali possono essere identificate con la classe operaia o possono essere presentate con una generica nozione di popolo, con una nozione di patria o una etno-nazionale, come in alcuni paesi del terzo mondo. Però tutto questo è una cosa che cambia in funzione delle circostanze rispetto a una elite che lavora sempre con i propri interessi di classe. Questo conflitto, allora, per molti anni è stato rappresentato dallo scontro fra destra e sinistra, però quando entrambe si convertono in una nozione di valori tali che quando si scontrano il gioco riesce sempre più facile alla destra, saremmo degli stupidi se continuassimo a giocare con delle regole truccate in base alle quali tu perdi sempre. D’altra parte, certo, i valori si trasformano e ci sono molti paesi nel mondo in cui non si possono capire le cose con una classica divisione fra destra e sinistra. Per esempio Israele, un paese in cui parlare di sinistra israeliana è un eufemismo. Non servono le categorie destra/sinistra per capire Israele.»

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In fondo la forza del 15-M fu anche quella di unire tante e diverse anime, in una piazza dove oltre ai militanti si unirono i cittadini schiacciati dalla crisi e dalla repressione. Un fatto che non abbiamo vissuto con la stessa intensità in Italia, nonostante il numero crescente di manifestazioni anche sul nostro suolo è mancata la spinta del lavoro comune che ha portato in Spagna anche alla diffusione di pratiche di partecipazioni dal basso. Non abbiamo avuto, qui, un 15-M. Non abbiamo avuto un intreccio di storie fra militanza attiva da tempo e cittadinanza comune scesa a protestare per le strade.

I media: un programma giornalistico, la Tuerka, viene prodotto da uno dei dirigenti di Podemos, Carlos Monedero, e diffuso dal 2010 in rete/web. Un mezzo importante e ben congegnato che riesce a tenere incollati gli spettatori anche con interviste vis-à-vis di 40/50 minuti. Monedero, ottimo conduttore del programma fra l’altro, insieme a Errejón è stato oggetto della macchina del fango: entrambi sono stati accusati di aver mentito rispetto a curriculum universitario o documenti da presentare all’università dove sono sotto contratto. Nel caso di Íñigo Errejón sono arrivate le scuse da alcuni giornali, nel caso di Monedero iniziano ad arrivare ora smentite dal Messico su determinate accuse.

Gli attacchi continui e ripetuti che vengono dai media mainstream spagnoli, dai politici al potere che disprezzano e deridono, in ogni caso, hanno spinto migliaia e migliaia di voti nelle braccia di Podemos.

Oggi 31 gennaio è il giorno della dimostrazione di popolo, una foto che sarà altra linfa per una formazione che pare inarrestabile, con molti meriti ma soprattutto con molti interrogativi aperti, che stuzzicano la curiosità internazionale. Sapranno resistere al potere? Sapranno preservare il contatto con la base? Sapranno arrivare fino al governo senza perdere le chiavi della propria narrazione?

 

Attualizzazione post manifestazione: 

300.00 persone dice Podemos, 100.000 secondo la polizia nel solito balletto di cifre. Qui mettiamo il discorso integrale di Pablo Iglesias nella splendida cornice di Plaza del Sol.

 

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