per i 43 giovani messicani scomparsi
tratto dal blog #20ZLN
Dopo grande giornata internazionale di mobilitazione del 26 gennaio e la successiva conferenza stampa della Procura Generale della Repubblica messicana che ha dichiarato che i 43 studenti sarebbero morti e quindi che, per quanto la riguarda, il caso è chiuso, abbiamo intervistato Omar Garcia per conoscere le sue valutazioni “a caldo” e capire con lui il proseguimento della mobilitazione.
Pensate che la conferenza stampa della Procura Generale della Repubblica (Pgr) sia una risposta all’ottava giornata di mobilitazione globale per Ayotzinapa del 26 di gennaio?
La conferenza della Procura Generale della Repubblica è una cosa molto complessa, la PGR è dal 7 di novembre dell’anno scorso che dà la stessa versione, stavolta però la rinforza e aggiunge nuovi dati, dati di cui era già in possesso e che arrivano direttamente dai delinquenti al loro servizio, dagli assassini dei nostri compagni. La versione ufficiale non tiene conto delle nostre deposizioni, quelle dei testimoni delle vittime. Prendono il “meglio” di quello che gli conviene per costruire una verità. Un’operazione politica per risolvere il problema così da recuperare la credibilità politica e la governabilità persa in questi quattro mesi.
Come ha reagito la popolazione messicana a questa falsa verità della Pgr?
C’è stata una reazione che la Pgr non si aspettava. Le persone hanno mantenuto ferma la loro posizione d’appoggio e solidarietà con noi e la nostra lotta. Allo stesso tempo, mentre la Pgr alla conferenza affermava che i nostri compagni erano tutti morti, avvertiva che non avrebbe permesso nessuna nuova manifestazione. Anche stamattina ci è arrivato l’avviso che non si permetterà più nessuna manifestazione spiegando che non avrebbero consentito nuove violenze.
Ciò a cui stiamo assistendo è un nuovo passa avanti nella politica repressiva.
Stanno cercando di creare una sorta di controffensiva non tollerando più il dissenso perché la loro verità è che i nostri compagni sarebbero già morti. Però noi non ci crediamo. Noi continuiamo a portare avanti la nostra posizione ovvero che i nostri compagni sono vivi e ci sono molte irregolarità nelle indagini.
Manca completamente una linea d’inchiesta contro l’esercito e la polizia federale. Cosa pensate di fare per farla aprire?
E quello che chiediamo dall’inizio! A ottobre, in una loro relazione, siamo stati indicati come gruppo antagonista ai Guerreros Unidos, abbiamo così avvertito la popolazione messicana che la Pgr stava cercando di incriminarci, e di sminuire il caso ad uno scontro tra gruppi rivali della criminalità organizzata. Per questo abbiamo chiesto di aprire una nuova inchiesta o per lo meno di dirigere una parte dell’inchiesta sull’esercito. Senza dubbio questo non è stato fatto ed è da molti mesi che lo chiediamo. Il procuratore invece continua a dire che non c’è nessuna prova che possa far dire che l’esercito sia coinvolto.
Invece noi diciamo – e abbiamo presentato testimoni diretti che lo affermano – che è stato l’esercito.
Per di più, tra i 99 arrestati, alcuni uomini della polizia locale hanno rilasciato dichiarazioni peritali e ministeriali, in cui affermano che il capo della caserma militare d’Iguala conosceva benissimo le attività dei Guerreros Unidos e che si gli aiutava, o era addirittura complice di quelli che succedeva li. Per questo abbiamo visto nelle dichiarazioni che ha reso pubbliche la Pgr in questi giorni, omette tutto questo tipo di prove, e finalmente mostra solo le dichiarazioni dei sicari che si auto-incolpano. Penso che in Messico non abbiamo mai visto confessioni così esplicite. Di solito chi è accusato prova a difendersi e dice di essere innocente in qualsiasi modo, con gli avvocati, usando le leggi a suo favore, cercando di far valere i propri diritti. Si prova sempre a dire “io non sono stato”. Invece questi ammettono di essere stati loro. Qua c’è un’estrema convenienza. Non ci piace per niente anche se ormai siamo abituati qui in Messico a vedere come le autorità creino delitti, creino prove e inventino inchieste fittizie.
Sapete già come continuare la lotta e la mobilitazione? Pensate di fare rete con altre Normali Rurali o ampliare i rapporti?
Certo, andiamo avanti: in questi quattro mesi abbiamo lavorato creando relazioni affinché tutto questo non finisca così. Anche dopo la conferenza stampa della Pgr, affermando che bisogna superare il problema di Ayotzinapa. Ma anche noi, insieme alla popolazione messicana abbiamo detto che bisogna superare il caso specifico di Ayotzinapa, perché il problema non è solo di Ayotzinapa, ma bensi un problema delicato di tutto il Messico.
È un problema generale perché qui si pratica sistematicamente la desaparicion (la sparizione forzata), si calpestano i diritti umani ogni ora.
Per di più chi stringe rapporti commerciali con il Messico, come i paesi dell’Unione Europea o gli Stati Uniti d’America, non tengono in considerazione quello che realmente succede qui. Anche questo fa si che non si possano superare queste gravi problematiche. Domani o dopodomani si potrebbe ripetere il fatto e non ci sarebbe la possibilità di avere garanzie per nulla: sulla giustizia, la verità, la presentazione in vita dei nostri compagni così come la risoluzione a tanti problemi! Per questo non possiamo fermarci e non per fortuna non siamo da soli, ma con tanta gente.
La “guerra al narco-traffico” di Calderon e le scelte di Pena Nieto hanno relazioni?
Certo che esiste una relazione. Però questi non sono “danni collaterali”, come li definivano un tempo. Questo è qualcosa d’intenzionale contro i normalisti o contro di noi. A Iguala, per esempio, esiste la miniera d’oro più grande dell’America Latina. Noi negli anni abbiamo difeso la lotta dei campesinos che si sono opposti allo sfruttamento e alla spoliazione delle terre causata dall’estrazione del minerale.
L’attacco ad Ayotzinapa non è causale: è un attacco a noi che abbiamo appoggiato le organizzazioni sociali.
Quindi, i danni collaterali o le conseguenze che bisogna subire se ci si scontra con la guerra del narco-traffico, per delle persone che non hanno nulla a che fare con questa guerra, las atropeyan, sono l’essere calpestati (o torturati o uccisi in massa e bruciati). Però noi siamo qualcosa di diverso, noi siamo studenti che si sono sempre battuti contro l’esproprio ed il saccheggio del territorio per questo percepiamo un’intenzione in quello che è successo. Sicuramente chi l’ha fatto ha tenuto conto di quello che siamo. Se fossimo stati studenti senza pensiero critico e con abbastanza soldi per andare in una scuola privata sicuramente ci avrebbero cercati per cielo, mare e terra e, se ci avessero dati per morti ,ci avrebbero fatto un monumento e salutati “militarmente” nello zocalo (la Piazza della Costituzione n.d.r.) della capitale e ci avrebbero chiamati eroi. Questa è anche una questione molto ideologica.
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