Olodumare-Olofim viveva solo nell’infinito,
circondato solo dal fuoco, fiamme e vapori,
dove quasi non si poteva camminare.
Stanco di questo universo tenebroso,
stanco di non avere con chi parlare,
stanco di non avere con chi litigare,
decise di porre fine a quella situazione.
Liberò le sue forze e la loro violenza
fece sgorgare una tormenta di acqua.
Le acque si infransero sulle rocce che nascevano
e aprirono nel suolo profonde e grandi cavità.
La acqua riempì le fenditure vuote,
creando i mari e gli oceani,
nelle cui profondità Olocum andò ad abitare.
Da quello che si salvò dall’inondazione fece la terra.
Sulla superficie del mare, insieme alla terra,
lì instaurò il suo regno Iemanjá,
con le sue alghe e stelle marine,
pesci, coralli, conchiglie, madreperle.
Lì nacque Iemanjá in argento e azzurro,
incoronata dall’arcobaleno Oxumarê.
Olodumare e Iemanjá, la madre degli Orixás,
dominarono il fuoco sul fondo della Terra
e lo consegnarono al potere di Aganju, il maestro dei vulcani,
da dove respira il fuoco imprigionato.
Il fuoco che si consumava in superficie del mondo lo spensero
e con le sue ceneri Orixá Ocô fertilizzò i campi,
propiziando la nascita di erbe, frutti,
alberi, boschi, foreste,
che furono affidati alle cure di Ossaim.
Nei luoghi dove le ceneri scarseggiavano,
nacquero i pantani e nei pantani la peste,
che fu data dalla madre degli Orixás al figlio Omulu.
Iemanjá si incantò con la Terra
e la abbellì con fiumi, cascate e laghi.
Così sorse Oxum, signora delle acque dolci.
Quando tutto fu fatto
e ogni elemento si trovava in mano ad uno dei figli di Iemanjá,
Obatalá, rispondendo direttamente agli ordini di Olorum,
creò l’essere umano.
E l’essere umano popolò la Terra.
E gli Orixás dagli umani furono celebrati.
(Tratto da Prandi, R., A mitologia dos Orixás, Iemanjá/220).
Il 2 febbraio sulle spiagge brasiliane si festeggia una delle più celebri divinità del Candomblé: Iemanjá, signora dei mari e degli oceani, regina delle grandi acque salate e madre di tutti gli Orixás.
Esistono vari racconti mitologici su Iemanjá, ma quello che apre una delle raccolte più complete è proprio quello che la vede partecipare alla creazione del mondo insieme ad Olodumare, l’essere superiore creatore dell’universo, degli Orixás e degli uomini.
Il culto di Iemanjá, il cui nome significa “madre i cui figli sono pesci”, nacqe presso gli Egbá, nazione Iorubá della regione di Ifé e Ibadan (attuale Nigeria) dove scorre il fiume Yemojá, e venne portato in Brasile dagli schiavi africani che arrivarono nel continente americano all’epoca della grande tratta.
Oggi Iemanjá è una delle divinità più celebrate e conosciute non solo il Brasile, ma anche nel mondo.
La notte di Capodanno a Rio de Janeiro ci si veste di bianco in onore della Madre delle Acque e la tradizionale immersione per bagnarsi nelle sette onde viene fatta dai fedeli per chiedere la protezione e la benedizione della dea.
Il giorno della festa di Iemanjá a a Salvador della Bahia è il 2 di febbraio (ma alcune case di Candomblé mantengono questa data anche a Rio) una folla di devoti vestiti di bianco si riversano verso le spiagge per rendere omaggio alla divinità.
Molte offerte vengono affidate alle onde, fiori bianchi e azzurri, i colori dell’Orixá, ma anche candele bianche che galleggiano su piccole barche piene di fiori, cibo, cachaça e, talvolta, denaro.
Secondo la credenza del Candomblé ogni essere umano possiede uno (o più) Orixás guida, i quali influiscono sulla personalità del figlio o della figlia.
I figli di Iemanjá sono sereni, materni, sinceri e disponibili verso tutti.
Amano l’ordine, la disciplina e le gerarchie. Sono di indole calma ma quando si arrabbiano diventano come le onde del mare, che si schiantano senza direzione. Le sue figlie sanno sedurre e incantare con la bellezza e i misteri delle sirene.
Iemanjá è una madre buona e generosa, che accoglie tutti i figli, i suoi così come quelli degli altri, con cura e amore.
Più che mai oggi, di fronte all’escalation di odio e di di intolleranza di classe, razziale o religiosa (proprio la settimana della Signora degli Oceani, per esempio, un tempio umbandista, una religione vicina al Candomblé, di Rio de Janeiro è stato invaso da dei vandali che hanno distrutto tutte le immagini sacre degli Orixás) il Brasile dovrebbe riconoscere le sue forti radici afro-brasiliane e seguire l’esempio di Iemanjá, la madre che tutti accoglie e tutti ama senza fare domande.
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