Nel settembre 2008, il Parlamento Europeo ha approvato con 504 voti favorevoli la proposta di abolire la pubblicità sessista e degradante per le donne. A distanza di sei anni cosa succede in Italia?
Massimo Guastini
(Presidente Art Directors Club Italiano – Direttore Creativo&Partner @ cOOkies adv)
Giovanna Cosenza, Jennifer Colombari ed Elisa Gasparri
(Dipartimento dell’Università Alma Mater di Bologna)
Dati investimenti pubblicitari per gentile concessione di Nielsen Italia.
Quando la pubblicità rappresenta esseri umani, racconta in modo paritario donne e uomini?
Quali sono le tipologie femminili e maschili più ricorrenti nella narrazione pubblicitaria?
I modelli di riferimento veicolati dal marketing e dalla pubblicità sono paritari o possono penalizzare un genere?
Quanti milioni di euro si investono in Italia per supportare determinati “caratteri” femminili e maschili?
La narrazione pubblicitaria complessiva dell’universo “donna” e di quello “uomo” riflette davvero l’attuale società e le sue potenzialità di sviluppo?
La presente ricerca si propone sia di rispondere a questi interrogativi, sia di fornire uno strumento di indagine continuativo in linea con (almeno) sette dei ventisette inviti espliciti all’azione rivolti dal Parlamento Europeo a tutti gli Stati Membri nel settembre 2008:
• ulteriori ricerche potrebbero illustrare meglio il legame tra la pubblicità che presenta stereotipi di genere e l’ineguaglianza tra i sessi;
• esorta il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri ad avvalersi delle ricerche in suddetto campo e dei risultati che ne emergono e a provvedere a darne diffusione;
• invita gli Stati membri ad effettuare studi e predisporre relazioni sull’immagine delle donne e degli uomini nella pubblicità e nel marketing;
• constata che è necessario condurre una formazione continua rivolta ai professionisti dei media e in collaborazione con questi, e azioni di sensibilizzazione della società in merito agli effetti negativi degli stereotipi di genere;
• invita gli Stati membri a provvedere con idonei mezzi affinché il marketing e la pubblicità garantiscano il rispetto della dignità umana e dell’integrità della persona, non comportino discriminazioni dirette o indirette né contengano alcun incitamento all’odio basato su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o
orientamento sessuale, e non contengano elementi che, valutati nel loro contesto, approvino, esaltino o inducano alla violenza contro le donne;
• sottolinea la necessità di intrattenere una discussione permanente nella pubblicità e nel marketing e il loro ruolo per quanto riguarda la creazione e il mantenimento di immagini stereotipate di genere;
• sottolinea che gli stereotipi di genere devono essere eliminati.
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