La migrazione europea: Return or never have left?

I migranti spariscono dalla società di origine, lasciando un vuoto nella comunità. Se la cultura che li accoglie non si evolve in una nuova declinazione comune, i migranti restano assenti anche nella società ospite

Per secoli la migrazione è stata rappresentata mediante tonalità drammatiche: l’abbandono della casa era una tragedia familiare e sociale, fondata sull’idea che non c’è vita migliore di quella vissuta nel luogo in cui si è nati.

Nella nuova rappresentazione della migrazione, la rete di relazioni del migrante si può mantenere viva con le tecnologie e con la facilità del viaggio. L’esperienza migratoria diviene valore in sé: una risorsa.
L’idea che muoversi in Europa fosse semplice, ha però illuso i molti che hanno poi incontrato difficoltà di adattamento. Le barriere che hanno caratterizzato i popoli europei sono cadute, ma i nuovi sensi di appartenenza sono ancora da costruire, lasciando l’anima delle persone ancora “fredda”.

In quanto Europei non sono stranieri, non sono compiutamente migranti. Se sono Europei non sono stranieri, ma se sono tedeschi, polacchi o italiani allora lo diventano, o restano in attesa di definizione. L’identità è un complesso di decisioni, costruite o inventate, ed esiste dove si assimila e si separa. I migranti europei sono esseri sospesi, in bilico tra nazionalismo ed europeismo.

move bodies

L’uomo contemporaneo è cresciuto nell’idea di uno stato che si sarebbe occupato di tutto. Oggi, se una persona perde il lavoro, la responsabilità è solo dell’individuo, non dell’organizzazione delle cose. Tutto ricade sulle spalle dell’individuo. Tutti siamo destinati a essere individuo. Il risultato è che abbiamo maggiore paura dell’altro.
La grande domanda per il futuro non è “cosa ci sia da fare”, ma “chi lo farà”. Per le questioni fondamentali l’individuo può fare poco. La causa è la crisi della fiducia, per l’insufficienza del potere nell’introdurre cambiamenti. La crisi della fiducia è la crisi degli strumenti dell’azione.

Le frontiere, materiali o mentali, di cemento o simboliche, sono campi di battaglia, ma anche laboratori creativi dell’arte del vivere insieme, terreni in cui vengono gettati e germogliano semi di forme future di umanità. Come ci insegna Zygmunt Bauman, quel che occorre trovare è una via alla difficile arte della coabitazione, che spesso travolge governi e realtà locali.

La migrazione europea è quasi invisibile. Avviene di nascosto e si realizza strato dopo strato. Il popolo europeo è un’interpretazione ancora da attribuire, là dove un tempo c’era soltanto un muro.

Re Turn or never have left, con la regia di Alessandro Ingaria, è stato prodotto da www.geronimocarbono.org e finanziato dal progetto Re-Turn. E’ disponibile con i sottotitoli in italiano, inglese e tedesco. Durata 30”



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