Regia di Paul Thomas Anderson. Con Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Benicio Del Toro, Katherine Waterson, Reese Whiterspoon, Jena Malone ed Eric Roberts. Nelle sale
Di Irene Merli
1970. Doc Sportello è un detective privato che vive a Gordita Beach, una spiaggia immaginaria nei pressi di Los Angeles dove abitano surfisti e hippies “strafatti” di canne come lui. Doc è grassoccio, solitario, porta infradito rosse, giacche militari, un cappello di paglia, i capelli lunghi e un paio di improbabili lunghissime basette. Ma, soprattutto, Sportello ha il volto stupefatto e assonnato di Joaquin Phoenix e ciondola a tempo perso come un pugile suonato.
Quando la sua ex ragazza, una del tipo sesso e pericolo, gli chiede di aiutarla in un caso a dir poco complicato che puzza di rogne lontano un miglio, il nostro non fa a tempo a pentirsi di aver accettato che si ritrova svenuto sulla sabbia, davanti a una casa di piaceri asiatici, accusato di omicidio dal suo nemico di sempre, il detective della Squadra Omicidi Bigfoot Bjornsen.
A questo punto siamo già calati in una trama complessa e densa di colpi di scena, un labirinto in cui Doc verrà spesso picchiato, sorpreso, tentato da donne poco affidabili, scribacchierà telegrafici appunti ovunque e si troverà ad affrontare situazioni dal buffo all’assurdo al pericoloso.
Vizio di Forma è un noir, un thriller, ma i suoi sviluppi includono sesso, droga e rock’n roll, continenti nascosti ed entità misteriose.
Non per nulla il film traduce sugli schermi l’omonimo romanzo di Thomas Pynchon ( Einaudi), scrittore di culto dalla penna torrenziale e psichedelica. Ed è come se anche noi fossimo entrati in una nube da cannabis, perché gli intrecci si accumulano, si arrotolano e si sfaldano senza che ci importi dei nessi o della soluzione, come a Doc.
Che, nei 148 minuti del film, gira come una trottola tra una nuova fidanzata che, guarda caso, è un vice procuratore capo coinvolto nel caso, il suo trucido avvocato esperto di diritto marittimo e di loschi affari via mare, la moglie del nuovo fidanzato della sua ex, un ricchissimo palazzinaro, con relativo amante biondo e cameriera messicana “bollente”, la stazione di polizia dove toppa ma imperversa Bigfoot, una ex tossica ripulita che ha perso il marito sassofonista strafatto e poi informatore dei controllori nixoniani, un membro delle Pantere nere che in carcere ha fatto amicizia con i nazisti della Fratellanza bianca, una grande barca dall’oscuro nome e il carico ancor più’ oscuro, cliniche odontoiatriche che nascondono traffici criminali, case di cura private per la disintossicazione dei ricchi.
Fino a un finale quasi romantico, pervaso di nostalgia per un periodo che sta inesorabilmente cambiando.
L’incantevole e divertentissimo film di Anderson è infatti un storia di passaggio dall’ebbrezza utopistica degli anni Sessanta al conformismo reaganiano, dal tempo della libertà e della rivolta in cui la cannabis si coltivava in giardino a quello del traffico internazionale delle droghe pesanti, dai giorni del sesso facile e senza pensieri a quelli dell’Aids. Il peggio si stava profilando… E Doc, un fantastico Joaquin Phoenix, si sente sul collo l’alito inesorabilmente fetido della controrivoluzione che avanza. Senza che ci possa fare nulla, tranne rimanere fedele a se stesso.
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