Princess of Waterland

Dal 6 marzo al 19 aprile una mostra a Venezia racconta le donne del Bangladesh

Testo e Fotografie di Beatrice Mancini

Esiste un paese dove terra e acqua determinano lo stile di vita degli uomini e delle donne che la abitano: il Bangladesh. Una terra che sprofonda nell’acqua per il trenta per cento del suo territorio.

Non è una terra facile, e le condizioni sanitarie dovute alla paradossale scarsità di acqua potabile sono spesso tragiche. In questa situazione già così disperata, la condizione delle donne è assai più difficile di quella degli uomini.

 [new_royalslider id=”1″]

Una piccola Onlus ha portato assistenza nel Sud del paese: si chiama Il Filo di Juta.

I medici del progetto sono tutte donne e questo ha favorito l’avvicinamento della parte femminile della popolazione, spesso lasciata ai margini dalla società: donne fuoricasta e musulmane in particolare.

Durante il periodo di assistenza sono emerse le loro storie: vite spesso consumate a servire prima il padre e poi il marito, in uno stato di perenne sottomissione. Molte accettano passivamente il loro destino, altre invece prendono coscienza della loro condizione e scelgono la “libertà” uccidendosi in modo atroce, spesso con il veleno per topi. Gesti di disperazione in un mondo in cui perfino il minimo cambiamento sembra impossibile. Gesti estremi, decisioni tormentate, desiderio di non piegarsi alla rassegnazione, come è accaduto a una madre che, dopo aver chiesto alle dottoresse di curare la sua bambina da un’escrescenza che le deturpava il viso (impedendole quindi un buon matrimonio) e dopo averla vista guarire, si è ripresentata alla porta “offrendo” la sua bambina affinché venisse portata in Italia. L’unica cosa che lei poteva offrirle era una vita uguale alla sua e avrebbe preferito separarsi per sempre dalla sua bambina pur di darle una via di fuga, un futuro migliore.

Le precarie condizioni igieniche e la mancanza di istruzione favoriscono lo svilupparsi di malattie che nei paesi occidentali sono state debellate da molto tempo. Le difficoltà di penetrare nella loro cultura sono enormi, nemmeno in presenza di malattie genetiche incurabili si riesce a convincerle all’uso di qualsiasi metodo contraccettivo, evitando che partoriscano bambini malati e destinati alla morte, perché l’uso di contraccettivo significa essere bollata come prostituta.

Queste donne meravigliose, con lo sguardo colmo di dignità, non hanno scelta.

Non di rado sono costrette a sposarsi a tredici o quattordici anni – nonostante vi sia una legge che vieta i matrimoni fino alla maggiore età – e spesso diventano mogli di uomini assai più vecchi di loro o magari deformi. Sono vittime di abusi di ogni genere, e quando si azzardano a fare una denuncia si ritrovano da sole, abbandonate, emarginate, destinate a una vita di strada, in un mondo in cui non hanno alcun diritto, dove tutto ciò che sono chiamate a fare è generare figli e servire gli uomini.

Queste donne, bambine, ragazze, anziane…

Queste principesse dagli abiti sgargianti e dagli sguardi antichi, hanno un lungo cammino da fare: devono prendere coscienza che questo mondo di terra e di acqua può iniziare a essere migliore anche per loro.

 

dal 6 marzo al 19 aprile 2015

Inaugurazione giovedì 5 marzo, ore 18.00
Centro Culturale Candiani

Piazzale Candiani, 7
Venezia Mestre
orario: dal mercoledì alla domenica 16.00 – 20.00
sala espositiva secondo piano
ingresso libero

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1

.



Lascia un commento