di Cristiano Tinazzi e Lorenzo Declich
Vieni con noi nello Stato Islamico, qui diffondiamo il “metodo” (manhaj) corretto, ti spieghiamo nei nostri seminari qual è il vero Islam. Abbiamo uffici che si occupano della “protezione del consumatore” e anche un ufficio reclami. Applichiamo la shari`a attraverso la nostra polizia che ordina il bene e proibisce il male, ma anche grazie alla nostra polizia stradale islamica. Lo Stato Islamico è un posto sicuro, statene certi. E poi raccogliamo la zaqat, l’elemosina, che tutti elargiscono spontaneamente e allegramente, lasciando i beni da destinare ai poveri fuori dalla porta di casa. Zakat si scriverebbe con la K, non con la Q, ma fa lo stesso. Noi produciamo e distribuiamo il pane, gestiamo l’istruzione, produciamo energia, ristrutturiamo, puliamo e abbelliamo. Cacciamo maghi e stregoni dal Paese, eliminiamo la loro orrenda pubblicistica. E facciamo anche arte, che poi sarebbero questi banner (tutti rosa se a farli sono le donne!) di propaganda che vedete appesi dappertutto. E’ uno stato che “dà il massimo per i musulmani”, conia una nuova moneta, è “entrato nel cuore” dei musulmani e “ha sfondato qualsiasi confine”.
“Lo stato islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare”, il testo in italiano attribuito all’Isis è tutto qui: porta echi, echi lontani di un Islam “sognato”, ma sognato male, lobotomizzato.
Rilanciato da tutte le testate nazionali dopo che è stato pubblicato dal sito ‘Wikilao’, sembra essere più un lavoretto di un singolo jihadista da tastiera, che pare non conosca neanche troppo bene l’arabo, che un prodotto elaborato ufficialmente dallo Stato Islamico. Un collage di pezzi presi qua e là da altre pubblicazioni con l’intento di spiegare il funzionamento del califfato ma che non è stato fatto espressamente per il ‘mercato’ italiano.
Un documento che, tra l’altro, è presente in rete dal 3 dicembre 2014 e che ha avuto pochissimi download, la maggior parte dei quali potrebbero essere attribuiti a giornalisti, organi di polizia, curiosi ed esperti (più o meno) di intelligence.
Ma andiamo per gradi.
28 febbraio 2015
Sul sito ‘Wikilao’, un sito gestito principalmente da Lao Petrilli, giornalista di Rds con un forte interesse per la politica estera e l’intelligence, appare questo articolo: “Questa volta il documento è di sessantaquattro pagine. La notizia, però, è che il nuovo testo dell’ISIS è scritto in un italiano pressoché perfetto, il che, afferma una fonte qualificata di WikiLao, “non lascia dubbi su chi siano i destinatari” del messaggio: “i musulmani che si trovano da noi”, che, per usare il linguaggio dell’intelligence, sono considerati esposti alla narrativa occidentale e all’influenza degli imam moderati, pur essendo ritenuti, invece, ‘coltivabili’. Lo scritto, fra l’altro, è il primo di una certa importanza (per elaborazione e contenuti) diffuso in italiano dall’autoproclamato Califfato”.
In realtà il testo non pare dell’Isis e non ha nessuna elaborazione e importanza, perché si tratta soltanto di un copia e incolla di altri testi già presenti in rete. E’ un semplice pdf creato incollando su un foglio un testo tradotto e foto.
Un lavoro abbastanza dozzinale se paragonato all’elaborazione grafica delle riviste e dei documenti prodotti dai media dello Stato Islamico.
L’articolo continua dicendo che “Da quel momento in poi si è assistito ad un braccio di ferro via web che ha portato a continue cancellazioni e riproposizioni del documento, a quanto si apprende apparso online anche grazie ad alcuni dei siti e degli account dei social media chiusi recentemente per decisione delle autorità italiane”.
In realtà questo testo, più un altro chiamato “Califfato Valido Oppure No” sono in rete dal 3 dicembre 2014 sul sito archive.org. I download sono abbastanza scarsi: 416 per il primo e 91 per il secondo.
Chi pubblica i due testi è un certo Mehdi, che firma anche il testo in italiano nelle ultime pagine. Il sito Wikilao continua appunto dicendo che “Il testo è firmato “Il vostro fratello in Allah, Mehdi”. Chi sia questo Mehdi, semmai esista davvero, “è oggetto di indagini, magari celandosi dietro un nome falso e comunque molto comune nel mondo arabo, potrebbe effettivamente essere il curatore del testo, che, in ogni caso, si ritiene senza dubbio prodotto su iniziativa o con l’approvazione dei vertici stessi dell’Isis”.
Che sia stato prodotto o autorizzato di vertici Isis è una opinione non supportata da nessuna prova evidente, perché, ripetiamo, il documento è un semplice pdf che ha assemblato pezzi provenienti da ebook di propaganda e riviste come Dabiq e produzioni in pdf di Al Hayat (il media center dell’Isis), facilmente reperibili in rete e scritti in lingua inglese.
D’altronde lo stesso estensore del testo lo scrive a pagina 5 al punto 1.1 “Lista delle fonti delle informazioni contenute nel testo”.
Ad esempio, le due interviste relative ai seminari per imam e alla difesa dei consumatori da pagina 6 a pagina 10 sono state prese dal numero 3 in pdf di Al Hayat, testo che è reperibile con la medesima grafica elaborata in inglese, tedesco, francese.
L’infografica a pagina 22, dove si comparano Inghilterra e Stato Islamico e altro materiale è tratto dall’ebook di propaganda ‘The Islamic State’ (2015). Per quanto riguarda le informazioni sulla genesi del movimento e sui suoi leader i dati sono sempre stati presi da questo e dall’ebook The revived caliphate (2014).
Concludendo, pare opportuno sottolineare che:
- a) il testo non è originale, non è stato bensì prodotto appositamente per la lingua italiana ma è un banale collage di informazioni tradotte da testi omologhi in inglese;
- b) la grafica semplice del pdf è totalmente difforme dalle produzioni ufficiali dell’Isis;
- c) il documento ha avuto scarsa diffusione;
- d) l’unico riferimento all’italia, contenuto nella profezia attribuita a Maometto, a pagina 60, è la stessa contenuta nei due ebook.
Il testo quindi è da ritenere non ascrivibile alla produzione ufficiale dell’Isis e non esplicitamente nei suoi contenuti diretto all’Italia. Il traduttore, che si fa chiamare come già detto Mehdi, posta solo due documenti il 3 dicembre e poi sparisce. L’unica novità è che questa persona si perita di tradurlo in italiano, con buona padronanza della lingua ma forse poca conoscenza dell’arabo. Nella traduzione dai testi inglesi a quello italiano la parola Zakat viene scritta con la q, segno, dicono gli arabisti, che probabilmente non conosce la lingua scritta araba.
Rimane poi un dubbio: se il testo era conosciuto dallo scorso novembre e presente in rete sul sito archive.org dal 3 di dicembre, perché dare la notizia il 28 febbraio?
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