Ascoltavo i suoi interventi rilasciati per i Jornal Verdade e Canal de Moçambique.
In un panorama giornalistico povero, comico, manipolato, non è difficile riconoscere la competenza la dove si presenta.
Gilles Cistac è diventato così il faro che ha fatto luce sul buio cosmico in cui si immergeva il mio tentativo di comprendere le dinamiche politiche dello stato che mi stava ospitando, il Mozambico. Una voce fuori dal coro tangibile anche agli ospiti come me. Una voce incondizionata, necessaria.
Gilles Cistac è stato assassinato la mattina del 3 Marzo nelle strade del centro di Maputo.
In Mozambico dal 1993, di origine francese, nel campo accademico è stato Direttore Aggiunto ed ha insegnato Diritto Costituzionale all’Università Eduardo Mondlane.
Dall’opinione pubblica del Paese però, era conosciuto per le sue analisi scomode al governo e dunque al partito al potere, Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico). Analisi che hanno fatto così tanto rumore da rendere illusoriamente necessario spargere del sangue per metterle a tacere. Analisi che hanno fornito una via legale alla causa portata avanti dal maggior partito di opposizione, il Renamo (Resistenza Nazionale del Mozambico) riguardo ad una maggiore autonomia delle regioni in direzione di un decentramento dei poteri dello Stato, contemplato dai primi anni che seguono all’indipendenza nel 1975 e mai attuato.
In una intervista rilasciata il 30 Gennaio per un blog, il costituzionalista spiegava che la Renamo è legittimata dalla Costituzione della Repubblica (art. 273, n°04) a gestire di forma autonoma le regioni di Manica, Sofala, Tete, Nampula, Zambezia e Niassa. Sei regioni che hanno dato al partito all’opposizione, la maggioranza dei voti alle ultime elezioni del 15 Ottobre.
Si manifestava la possibilità dunque di formare delle autarchie locali che avrebbero visto al governo delle regioni, un partito differente da quello centrale. La creazione di regioni autonome nel centro e nel nord del paese che si concretizzerebbe con il trasferimento delle competenze dalle attuali amministrazioni locali, fortemente dipendenti (in ambito amministrativo, organizzativo, finanziario) dal governo centrale, verso nuove amministrazioni più autonome e maggiormente sostenibili che rappresenterebbero un salto qualitativo importante per la democrazia del Paese.
Queste tesi sono state percepite dal governo e dai suoi sostenitori, come un incitamento al secessionismo, una minaccia alla centralità del governo e all’unità del Paese. Tesi che smascherano la chiusura del partito ad un dialogo democratico con l’opposizione.
A questo dibattito si aggiungono altre opinioni sconvenienti in regime di Guebuzocrazia, come l’illegittimità della Comissão Nacional de Eleições nell’operare spuria della presenza di rappresentanti della Renamo, o ancora il cartellino rosso sollevato contro le negligenze di un apparato ministeriale che ha da percorrere ancora molta strada perché si possa definirlo efficiente e democratico. Queste argomentazioni ed il modo in cui Dhlakama (leader del Renamo) le ha utilizzate, hanno reso Cistac ostile agli occhi degli analisti vicini al Frelimo, ostile al partito tout court.
Restano ora l’inevitabile intuizione sui mandanti dell’assassinio, la rabbia nel vedere i loro sguardi assenti, spersi nel vuoto di una sala stampa quando sussurrano che si stanno muovendo perché si faccia giustizia, la rabbia di chi sogna un Mozambico in cui ci si possa esprimere liberamente. Restano l’amarissima consapevolezza che non ci sarà giustizia per Gilles Cistac ed il dovere di continuare, o forse iniziare, a parlare di lui e per lui.
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