Vi presento Buji!

Isaac Herzog, leader dell’opposizione a Netanyahu, si presenta ai nuovi immigrati in vista dle voto del 17 marzo prossimo

Domenica 1 Marzo 2014, presso il Museo Eretz Israel di Tel Aviv, Isaac Herzog, meglio conosciuto in Israele come Buji, si é presentato al pubblico degli “olim adashim”, ovvero “i nuovi immigrati” della diaspora ebraica: coloro che avranno un ruolo centrale nelle imminenti elezioni che si terranno in Israele il prossimo 17 marzo.

La data per altro coincide anche con il Saint Patrick’s Day, come ha esordito Buji all’inizio del suo discorso: “Spero che mi porti fortuna, considerando che parte delle mie origini risalgono anche all’Irlanda. Come tutti voi, infatti, la mia famiglia é arrivata qui dai diversi angoli del mondo: dall’Inghilterra al Canada, dal Sud Africa agli Stati Uniti, dove ho anche avuto la possibilità di crescere e studiare durante gli anni del liceo”.

Numero uno della lista dell’Unione Sionista, la nuova coalizione tra Avoda, lo storico partito laburista con cui é stato fondato lo Stato di Israele, e Hatnua, il partito liberale di cui é leader Tzipi Livni, dopo aver salutato e accolto tutto il pubblico di “nuovi immigrati”, Buji ha aperto il suo discorso sostenendo che: “Israele é un piccolo Paese, come una piccola barca in mare aperto. E viste le acque tempestose in cui ci troviamo non possiamo permetterci di prendere la direzione sbagliata, come é stato fatto negli ultimi sei anni”.

Si riferisce ovviamente al governo di Benjamin Netanyahu, l’acerrimo nemico da sconfiggere nella corsa alla Knesset, e ragione principale per cui i due candidati dell’Unione Sionista hanno deciso di scendere a questo discusso compromesso, pensato come l’unica soluzione possibile per scardinare il governo di Bibi.

“Abbiamo la lista di partito con il più alto numero di donne in tutta Israele e, nell’insieme, una delle liste più eterogenee, che affianca esperti nell’intelligence a esperti in energie rinnovabili, leader dei kibbutz accanto a leader arabi: é necessario essere uniti nella diversità per raggiungere la nostra meta che é quella di garantire il bene del paese”.

Il curriculum di Buji é di tutto rispetto: classe 1960, figlio di Chaim Herzog, sesto Presidente di Israele e nipote del noto rabbino Yitzhak HaLevi Herzog, Primo Rabbino Capo d’Irlanda nonché del Mandato Britannico in Palestina. Nato in Israele, cresciuto negli Stati Uniti, dove il padre é stato ambasciatore israeliano, Buji nel 1978 rientra in patria per servire il paese e, terminati gli anni di servizio militare, in cui ha raggiunto il ruolo di Maggiore, si laurea in Legge presso l’Università di Tel Aviv.

A soli ventott’anni comincia a lavorare come Segretario del Consiglio Socio – Economico e a trentatré diventa membro della Knesset, candidandosi con il partito laburista.
Da allora ha coperto il ruolo di Ministro in diversi Ministeri, tra cui: Welfare, Diaspora, Turismo e Costruzioni.

Dal 2013 é leader dell’opposizione: un’opposizione, come lui tesso definisce “unica al mondo, avendo passato gli ultimi due anni a cercare di mettere d’accordo, e anche riuscendoci, frange estreme come i religiosi ultraortodossi con i Fratelli Mussulmani”.

E, citando le parole del nonno rabbino, ricorda come l’apertura nei confronti delle altre religioni sia fondamentale: “ogni ebreo ha il diritto di pregare dove vuole, ma pur sempre rispettando le religioni e i luoghi di culto altrui”, continua, facendo anche riferimento esplicito ai fatti che hanno colpito Gerusalemme la scorsa estate. “Chiunque bruci una moschea, così come una chiesa o qualsiasi altro luogo di culto, non é un uomo di Fede. Abbiamo già abbastanza problemi con l’avanzare dell’ISIS, per cui dobbiamo creare un’alleanza, e non un ulteriore distacco, con i nostri vicini arabi”.

Sempre citando il nonno rabbino e in particolare il testo biblico, ricorda come “condividere con gli altri” sia uno dei fondamenti della religione ebraica, e suggerisce, anche per questo, come la giustizia sociale sia una dei pilastri fondanti del partito laburista, fin dalle sue origini.

Prosegue il suo discorso elencando una serie di dati tecnici su come amministrare il bilancio (7 miliardi di Shekel previsti per i prossimi due anni) e sottolineando come già nei primi cento giorni di governo una delle priorità, poiché completamente dimenticata da Bibi, sarà portare avanti le politiche di housing, assieme all’obiettivo fondamentale di riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti, in gran parte minati da Bibi a causa del grande dibattito relativo al suo discorso sull’Iran durante il Congresso di Washington, e, soprattutto, di riallacciare il dialogo, assolutamente necessario, con la controparte palestinese, affiancati da Egitto e Giordania.

E qui hanno inizio una serie di domande dal pubblico, a cui Buji risponde sempre con una forte cognizione di causa ma al tempo stesso accompagnato da una buona dose di umorismo.
Cominciamo proprio dalla questione dei Trattati di Pace, con cui in realtà c’è ben poco da scherzare. Buji afferma immediatamente che si trovava al fianco di Rabin fino a pochi minuti prima del suo assassinio e che, da allora, non ha mai smesso di credere nel Processo di Pace, perché crede fermamente che ogni madre e ogni padre, sia israeliano sia palestinese, non possano che auspicare a nient’altro.

Alla domanda relativa alla questione territoriale risponde che vede nei confini del 1967 il punto di riferimento con cui dividere i due Stati, pur prevedendo l’integrazione di alcune colonie, attraverso uno scambio di territori da concedere al futuro Stato palestinese.

Ma per far ciò, Buji non potrà permettersi di fare i conti senza l’oste, e per questo una delle domande fondamentali, (anche a causa del complesso sistema proporzionale che, con uno sbarramento del 4 percento, fa sì che a concorrere per il governo siano di fatto 11 partiti), é quella relativa alle alleanze.

Infatti, per riuscire a mettere assieme il 50 percento + 1 di seggi al governo (che significa, in linea teorica, almeno 61 seggi su 120) per il futuro Primo Ministro sarebbe necessario allearsi o con la Lista Araba Unificata, la quale, tuttavia, ha già dichiarato pubblicamente, a prescindere dal vincitore, di voler restare all’opposizione, o con i partiti religiosi.

E qualora si trovasse a condividere il governo con loro, come mettere assieme il rispetto dello Shabbat con il bisogno di mezzi pubblici anche durante il fine settimana e come, pur rispettando il rito del matrimonio come rito anche religioso, garantire al tempo stesso la possibilità di poter scegliere il rito civile, sia per le coppie omosessuali che per quelle etero?

Isaac Herzog  - foto di Daniele Di Nepi

Isaac Herzog – foto di Daniele Di Nepi

Ad entrambe le domande Buji risponde che é sempre una questione di tempi e di modi: “in politica non é tutto bianco e nero. Non lo guardate House of Cards?”, e spiega come, proprio nel corso dei suoi precedenti Ministeri, sia riuscito a far firmare anche ai partiti religiosi leggi a favore della comunità LGBTQ che una volta sarebbe stato immaginabile anche solo di proporre.

Lo stesso varrebbe per i trasporti pubblici a Shabbat, che, pur se a orari limitati, devono garantire il collegamento tra i principali centri urbani e soprattutto a tutti gli ospedali del paese. Anche per questo sottolinea nuovamente l’importanza di rimanere uniti: “Se siamo forti ed uniti é possibile far firmare qualsiasi legge e raggiungere qualsiasi obbiettivo!”.

Qualcuno dal pubblico domanda, dunque, se, all’interno di questa “unità” sarebbe persino ipotizzabile un’alleanza con il nemico, ovvero con lo stesso Bibi. Buji risponde, pur senza citare di nuovo il machiavellico Francis Underwood, che se per distruggere il nemico fosse necessario scendere ai patti con lui, ogni porta rimane aperta.

Aspettiamo dunque tutti con grande impazienza la prossima puntata di quella che non é una serie televisiva americana, bensì il ventesimo appuntamento alle urne per un paese che, alla vigilia del suo sessantasettesimo compleanno, é ancora alla ricerca della sua propria identità, tanto che oggi come oggi gli exit pools danno la parità ai due grandi concorrenti alla Knesset. Il leader dell’opposizione si congeda salutando e ringraziando per la fiducia: “Datemi la possibilità di guidare il Paese e non vi deluderò!”. E allora in bocca al lupo Buji o, come si direbbe in ebraico, behatzlacha!

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