Around nasce dall’incontro di due grandi passioni: la fotografia e il viaggio.
Ad arricchire i nostri itinerari, alcuni scatti selezionati dal profilo Instagram dell’intervistato.
Good trip!
A Palermo con Pietro Motisi
Si laurea in fotografia nel 2012 alla University of Wales (Newport, UK), frequentando il corso Documentary Photography. Il suo interesse per la fotografia nasce nel 2002, inizialmente focalizzato sul teatro e la fotografia di scena.
Oggi svolge il suo lavoro d’autore sviluppando progetti a lungo termine che hanno come tema prevalente il rapporto tra identità e paesaggio. Nel maggio 2012 vince, con il suo progetto CEMENTO, il Reginald Salisbury Travel Award. Nel marzo del 2014 vince, con il suo ultimo lavoro sulla Sicilia, Sudlimazione, il concorso Urban Landscapes, indetto dalla galleria P46 ed organizzato con la collaborazione della piattaforma online Glossom.
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Descrivici Palermo.
Città ad alto contrasto, per utilizzare un parallelo fotografico. Si intuisce in essa una grandezza durata per secoli che oggi viviamo in una sorta di nostalgico crepuscolo. Tra mare e montagne sembra quasi che, per effetto di una strana contorsione, molti cittadini riescano a voltare le spalle a entrambi questi elementi che abbracciano e connotano la città. Le architetture, i grandi palazzi nobiliari, gli scorci che suggeriscono gli impianti originari della città che nel tempo sono stati punici, arabi o spagnoli si contrappongono alle azioni del cemento che nell’ultimo cinquantennio hanno interagito creando dei guasti che a mio avviso riflettono anche lo stato etico, culturale e comportamentale di chi vi abita e di chi ne ha deciso le sorti. Allo stesso tempo però questo declino rappresenta un’importante fonte di lettura e di inspirazione per riflettere su se stessi, sugli altri e sulla natura dei luoghi. Questo è prezioso per chi come me compie una ricerca che pone in relazione l’aspetto dei luoghi con il carattere di chi vi abita. Infine questa contemporaneità la vivo e interpreto quasi poeticamente, come uno strato di “ossidazione” storico che preserva una materia antica, genuina, preziosa dall’intrusione di un certo mondo occidentale e “di plastica” che rischierebbe di convertire molte bellezze in beni di consumo di scarsa qualità.
Cosa vedere in città?
I 5 metri di strada in basolato a pietra esagonale superstite nel centro storico, presso l’Arco dei Cartari.
Piazza Marina, dal ficus di Villa Garibaldi alle carceri dell’Inquisizione di Palazzo Steri a Palazzo Mirto, appena dietro la piazza.
Le strade dei mercati.
In generale consiglio di camminare nel centro storico, imboccare piccoli vicoli e scoprire dove conducono e suggerisco di tenere il naso all’insù. La vista di un palazzo in stile Liberty superstite potrebbe davvero sorprenderci.
Quali quartieri visitare per assaporare il mood della città?
I quartieri dei mercati storici, la Kalsa, l’antica arteria di via Alloro che dal mare porta su fino al cuore della città.
Passando alla gastronomia, quali sono le specialità da gustare?
Dal dolce al salato c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Il cibo di strada è ormai una moda ed è facile imbattersi in bancarelle o negozi dove mangiare una buona arancina o un panino con le panelle o con la milza. Consiglio anche le fritture di pesce “to go”, fino alle insalate di musso e altre frattaglie. Chiedete di mettere le melenzane fritte insieme a panelle e crocché e provate il pane con la milza ‘maritato’ con la ricotta. Per i dolci il livello è discretamente buono un po’ dappertutto. I palermitani amano mangiare. La pasticceria va sperimentata qua e là e ai profani suggerisco di partire dai classici dolci con la ricotta. In estate invece, gelati e granite.
Il nome di un museo, un mercato e un ristorante.
Palazzo Abatellis, un capolavoro già nella sua struttura con l’intervento firmato da Carlo Scarpa. Esso custodisce svariate opere tra cui il “Trionfo della Morte” e “L’Annunziata” di Antonello da Messina.
Tra i mercati suggerisco quello del Capo. Non ci sono titoli di merito ma è una questione, sicuramente soggettiva, di energia e di feeling con il luogo che personalmente vivo come “originario”.
Considero un pasto al ristorante come un’esperienza da dover ricordare per l’esser stati sorpresi e coccolati da ingredienti e preparazione. In tal senso ci sono pochi luoghi in questa città dove l’esperienza è davvero meritevole d’esser chiamata tale. Uno di questi ristoranti è, a mio avviso, il Gagini.
I nomi di quali artisti da tenere d’occhio.
Il pittore Massimiliano Carollo. Ritengo che nel panorama contemporaneo le sue opere siano tra le migliori per la qualità del tratto e per la capacità con cui contenuti e pensiero vengono trasferiti sul supporto.
Il regista Dario Enea e la sua compagnia Soggettile Teatro. Esperienze intime e uniche per l’unico teatro che riesco ad ammettere. Difficile trovare in programmazione un loro spettacolo. E se previsto, è difficile trovare posto in repliche da 12 posti a sera.
Un detto, una curiosità, un’usanza.
Da una poesia popolare siciliana: “Quattru sunnu li cosi di lu munnu: amuri, gilusia, spartenza e sdegnu”. In queste quattro parole l’autore condivide con me i poli che identificano e caratterizzano quest’isola.
Due curiosità: la prima riguarda la mia sorpresa nel constatare come nonostante l’estremo caos con cui si guidi, non siamo ancora tutti morti in incidenti stradali. La seconda è l’assoluta assenza di precisione. A Palermo non si prendono appuntamenti ma “ci si becca”, si “passa per un caffè”. Quindi se siete in città per un appuntamento cercate di comprendere bene le intenzioni del vostro interlocutore indigeno.
L’usanza che ricordo mi riporta a ciò che vivevo da piccolo nel giorno dei morti. Al risveglio noi bambini trovavamo ad aspettarci regali, giochi e dolci, come se i nostri cari ci avessero fatto visita portando dei doni. Questa è una tradizione ancora consueta.
Veniamo alla tua professione. Quali storie ti piace documentare?
La mia fotografia si muove entro relazioni elettive. Lo storytelling in sé potrebbe risultare anacronistico se confrontato alla velocità con cui i media e in generale la cultura visiva vorrebbe muoversi oggi nella maggior parte dei casi.
Personalmente non credo di essere davvero anacronistico ma di occuparmi di questioni irrisolte a cui spesso la gente non dà il peso adeguato. Il rapporto con il proprio territorio, scoprire la propria identità da come esso ci appare, da come lo modifichiamo e da come viviamo ciò che c’è di antico e di nuovo. Tutto questo, insieme alla poesia, in qualche maniera racchiude gli elementi essenziali del mio lavoro fotografico.
Unito ad un certo e strano richiamo di responsabilità nei riguardi della Sicilia, questo sentimento amato e maledetto mi fa desiderare di donare qualcosa che possa un giorno costituire nuova tradizione per questi luoghi magnifici ricoperti di pensieri stantii e di cliché purtroppo ancora cavalcati e alimentati per scopi vacui.
Il mio interesse riguarda anche altri luoghi e territori che non mi appartengono per diritto di nascita ma con cui mi sono incontrato nella letteratura e nel caso.
Parlaci del tuo ultimo progetto.
Il mio ultimo lavoro Sudlimazione è il secondo capitolo dei quattro totali che desidero realizzare sulla Sicilia. Esso viene dopo CEMENTO che è anche stato il mio progetto di laurea. Esso è venuto fuori come un dono, in un giro della Sicilia fatto nell’arco di un mese. Era l’autunno del 2013 e mi trovavo con il mio amico fotografo Sam Laughlin che stava lavorando al capitolo siciliano del suo incredibile progetto Frameworks. Al tempo durante i nostri spostamenti nell’isola non mi rendevo conto che nella mia mente ci fosse una visione così definita sul da fare. Mi dedicai soltanto a lasciarmi attraversare dai luoghi e a fissare quelli che mi chiedevano di farlo o quelli in cui ritrovavo una proiezione interiore. A un intenso shooting durato poco più di un mese, seguì un periodo di editing davvero sofferto durato quasi cinque mesi. Questo lavoro rappresenta il desiderio di restituire un’immagine che sia in grado di elevare la realtà a un livello altro. Sublimato per l’appunto attraverso il mezzo fotografico.
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