Una rubrica per non dimenticare il valore del patrimonio narrativo mondiale, tra fantasia e attualità
«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso
dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani
Il bue e la rana
In un prato, sotto il sole di primavera, un bue pascolava placido, godendo del sapore dell’erba fresca e del tepore dell’aria. Proprio in quel momento, passò di lì, gracidante, una rana che, vedendo il bue, si fermò attonita.
Le parve di avere davanti una montagna gigantesca, maestosa e possente, che nemmeno il vento avrebbe potuto scalfire. Quel grande animale era regale e solenne, quasi sacro nel suo atteggiamento. Il sole lo inondava in tutta la sua grandezza e della natura sembrava esser sovrano. Improvvisamente, le parve che quello fosse l’unico modo accettabile di essere al mondo.
Così, pensando al suo ridicolo aspetto e volendo essere a tutti i costi come il bue, dal basso lo chiamò e disse:
“Ora comincerò a gonfiarmi. Appena raggiungerò la tua stessa grandezza, fermami”.
Il bue, che in un primo momento non capì cosa andasse vaneggiando la piccola ranocchia, rimase interdetto. Ma quando vide che il piccolo esserino cominciava a succhiare aria e gonfiarsi sempre di più per assomigliargli, si preoccupò e intervenne:
“Ma cosa fai? Non esser sciocca! Non potrai mai diventare grande come me, fosse anche che aspiri tutta l’aria del mondo!”
Ma la rana, tutta concentrata nel suo gonfiarsi, non gli prestò attenzione.
“Fermati, o scoppierai. Non serve che diventi grande come me per essere migliore. Guardati, vai benissimo così. Sei leggera e agile, puoi fare salti enormi, nuotare liberamente nell’acqua e il tuo bel verde scintilla al sole di sfumature incredibili. Ti prego, smettila!”
Ma quella, poveretta, ormai così presa a voler diventare altro da sé, continuò a gonfiarsi e a gonfiarsi e a gonfiarsi, finché i polmoni non le scoppiarono e il cuore non le cessò di battere. Le sue zampe smisero di saltare salti sempre più alti, il suo corpo smise di essere leggero e agile. E anche il suo verde smise di scintillare al sole.
Fedro
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