In Fabula / I due lupi

Una rubrica per non dimenticare il valore del patrimonio narrativo mondiale, tra fantasia e attualità

«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso
dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani

I due lupi

Il fuoco brucia incandescente e vivo nella notte piena di spiriti. La cenere volteggia in mezzo al grande gruppo radunato intorno a quel dio così potente. Le stelle scintillano infinite nel cielo terso e nero.

Il grande capo del villaggio guarda le fiamme attraverso i suoi occhi profondi e scuri, rigati dagli anni e impastati di emozioni mai dimenticate. Al suo fianco, il piccolo nipote osserva la cenere che gioca nell’aria con gli zampilli delle fiamme. Sommesse, le voci degli altri indiani del villaggio intonano canti propiziatori e spirituali, accompagnati dal lieve battito di un tamburo.

Il nonno cinge le spalle del nipote con il suo grande e possente braccio e, raccolta una manciata di terra e cristalli, li lancia sul fuoco, che improvvisamente sembra animarsi di una vita inaspettata e magica. E mentre quelle lingue rosse disegnano immagini nell’aria, il grande capo comincia:

“Figliolo, lascia che ti racconti una storia. Nella vita affronterai molte battaglie, alcune con le armi, altre con le parole, altre ancora con i gesti. Ma nessuna equiparerà mai la grande battaglia che combatterai dentro di te”.

“Dentro di me?”

“Ognuno porta dentro di sé, ovunque vada, due lupi.

Uno, il lupo nero, è il male. È arrabbiato e sordo a qualunque consiglio e qualunque verità che non soddisfi la sua rabbia e la sua sete di rivalsa. È egoista e spregiudicato. Quando applica gentilezza, lo fa per ipocrisia e opportunismo. Si nutre di odio, genera ira e dilaga come un tuono nel cuore di chi lo lascia entrare. Sembra trovare pace solo nella distruzione, ma anche lì, la frustrazione lo corrode dentro e lo porta ad ulteriore e ancora più crudele distruzione. È forte e aggressivo, pieno di sospetti e paure, che cela dietro una coltre di collera e cattiveria. La tristezza lo accompagna ovunque vada e il sorriso non fa parte del suo cuore. L’altro è il lupo bianco, paziente e compassionevole, comprensivo e generoso. In una parola, ricolmo d’amore e di serenità, capace di essere altrettanto forte, ma in maniera pura e profonda, dotata di una calma e di un’umiltà che fa di ogni passo un gesto convinto e sicuro di sé. Non desidera il male di nessuno e, se si arrabbia, è per ingiustizia, ma mai sceglie la via della violenza. Il rispetto è ciò che detta ogni sua azione ed ogni sua parola, e la costruzione di qualcosa di bello è sempre il fine ultimo di ogni sua azione.”

Nel mentre che il grande capo parla, il fuoco mostra al piccolo indiano i due lupi e le loro fattezze.

“Questi due lupi sono continuamente in lotta tra loro. Una lotta costante e inevitabile, che si rispecchia in tutto ciò che facciamo, in ogni decisione che prendiamo, in ogni parola che pronunciamo. In ogni momento, possiamo osservare la nostra vita e vedere quale dei due lupi sta vincendo”.

Il nonno smette quindi di parlare e con lui il fuoco anche s’acquieta. Il bambino rimane a pensare per un po’, osservando gli uomini e le donne intorno a lui e immaginandosi tutti quei lupi che invisibilmente combattono senza sosta. Poi, con calma, domanda:

“E qual è il lupo che vince alla fine?”

Il nonno sorride: “Quello che tu nutrirai”.

Racconto Cherokee

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