Muhammadu Buhari, 72 anni, è il principale sfidante del presidente uscente, Goodluck Jonathan, e per la prima volta un candidato che non è espressione del People’s Democratic Party potrebbe diventare presidente.
Buhari non è un volto nuovo della politica nigeriana. Dopo avere preso parte al colpo di Stato che portò Yakubu Gowon al potere nel lontano 1966, e stato ministro del Petrolio e delle Risorse naturali sotto il governo militare di Olusegun Obasanjo dal 1977 al 1979, per poi diventare presidente dal dicembre 1983 all’agosto 1985, quando ha preso il potere attraverso un colpo di Stato deponendo il presidente eletto Shehu Shagari. Dopo che il suo governo è stato anch’esso interrotto da un atto di forza guidato da Ibrahim Babanguida, Buhari si è candidando alla carica di presidente nel 2003 (sfidando Obasanjo), 2007 (sfidando Umaru Yar’Adua) e 2011 (sfidando per la prima volta Goodluck Jonathan), sempre senza successo. In queste nuove elezioni, però, sembra che una sua nuova sconfitta non sia così scontata.
Il punto di forza di Buhari è la sicurezza. Buhari si è proposto come l’unico candidato in grado di risolvere il problema rappresentato da Boko Haram. Tuttavia in passato aveva espresso il suo favore per l’estensione della shari’a nelle regioni del nord diventando persona gradita al gruppo jihadista che lo inserì in una lista di persone che il movimento avrebbe accettato come mediatori per un eventuale cessate-il-fuoco.
Il biennio in cui Buhari è stato presidente è ricordato come un periodo oscuro per il paese: arresti arbitrari, persecuzione degli avversari politici, esecuzioni, processi sommari in nome della lotta alla corruzione ma che avevano lo scopo di mettere a tacere oppositori e voci critiche. Misure che colpirono anche il ceto intellettuale e gli artisti, come Fela Kuti, musicista di fama internazionale incarcerato a causa delle sue dure critiche al governo e allo Stato di polizia. Buhari promosse una legge, il Protection against False Accusations Decree, che assimilava la critica al potere alla diffamazione, e consentiva la carcerazione di chiunque levasse accuse al governo e al presidente. Malgrado la tanto sbandierata lotta alla corruzione, Buhari non perseguì una reale e concreta strategia per riportare la legalità nel paese, e non fu nemmeno in grado di assecondare lo sviluppo economico. Questi insuccessi furono la ragione del colpo di stato messo in atto da Babanguida nel 1985.
Nel 2007, quando Buhari si presentò alle elezioni presidenziali contro Yar’Adua, lo scrittore Wole Soynka pubblicò una sorta di manifesto intitolato “I crimini di Buhari”. Il suo scopo era quello di ricordare ai nigeriani, specialmente ai più giovani, chi è davvero Muhammadu Buhari e quali rischi avrebbe potuto portare una sua elezione.
Ma il montare dell’estremismo islamico, le frustrazioni dei musulmani e la povertà nel Nord del paese, a maggioranza sunnita, rischiano di offrire a Buhari una solida base di consensi. Anche i cristiani del Sud, tuttavia, riconoscendo il fallimento di Goodluck Jonathan, potrebbero disperdere il voto scegliendo uno degli altri dodici candidati, consegnando a Buhari la maggioranza relativa dei consensi. Ma come abbiamo visto, in Nigeria non basta vincere. Bisogna ottenere la maggioranza assoluta dei voti nazionali e, allo stesso tempo, ad almeno un quarto dei suffragi in un minimo di 24 stati federati su 36 e nel distretto della capitale Abuja. Altrimenti si dovrà tenere un ballottaggio che, al momento, sembra essere la soluzione più probabile.
Infine, il fatto che l’affluenza alle urne sia estremamente bassa (il 29% alle elezioni del 2011), favorisce Jonathan che, da cristiano del Sud, sarà votato in aree a più alta densità di popolazione e in cui il voto avrà una maggiore affluenza.
In alcune aree del Nord la presenza di Boko Haram renderà difficile, se non impossibile, votare.
Nel Nord musulmano, povero e arretrato, gli uffici elettorali saranno posti nei centri maggiori, lontano dai villaggi, scoraggiando gli elettori a recarsi alle urne. Infine, con la scusa delle difficoltà logistiche dovute alla presenza di Boko Haram, il governo centrale sta procedendo con estrema lentezza (e molte lacune) alla distribuzione delle tessere elettorali nelle regioni settentrionali del paese. In tal senso Boko Haram è un nemico molto utile per Goodluck Jonathan.
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