Muovere un soldatino su un tabellone, e scoprire la storia della forza di spedizione brasiliana, che aveva come simbolo un serpente che fuma il sigaro. Immaginare una vecchia radio gracchiante che declama: “Qui Radio Londra: Giacomone bacia Maometto”, e tentare di decifrare il “messaggio speciale”. Trovarsi nei panni di una staffetta partigiana sulle rive del fiume Senio, che per mesi rappresentano i fronti contrapposti di una guerra davvero mondiale (tanto che tra i battaglioni alleati presenti in Romagna ci sono perfino i Maori neozelandesi).
A Settant’anni dalla Liberazione e dalla fine della seconda guerra mondiale, Modena ha scelto il gioco come uno dei linguaggi con cui parlare di storia della Resistenza, fare conoscere quegli anni, riflettere sui temi dell’impegno civile e della libertà. L’idea è nata dalla collaborazione tra Istituto storico della Resistenza e il festival del gioco Play, due giorni di aprile (quest’anno sabato 11 e domenica 12) in cui la città si trasforma in enorme ludoteca. Quest’anno, oltre all’armata di Star Wars e ai travestimenti dei giocatori di cosplay, un programma di sette giochi diversi rievoca gli anni della Resistenza e l’epilogo della Liberazione.
Un gruppo di giocatori che si definisce “agenzia di viaggi nel tempo” ha ideato la “cronoricerca nel tempo”, una caccia al tesoro ambientata nella città ancora sotto occupazione nazista, durante la quale si possono incontrare soldati tedeschi, preti partigiani che assistono i militari alleati prigionieri e gli ebrei, e coraggiosi “ribelli” come il giovane studente di Parma Giacomo Ulivi.
Stesso clima per “Radio Londra”, gioco di carte nel quale i partecipanti simulano i “messaggi speciali” che attraverso la BBC gli alleati trasmettevano alle bande partigiane. Il gioco rende omaggio alle rocambolesche (ma decisive per la guerra) comunicazioni radiofoniche dell’epoca. All’isola degli Spinaroni, vicino Ravenna, i partigiani ricevevano i messaggi con una radio alimentata da un generatore azionato da una bicicletta, sulla quale pedalavano a turno. Vicino Biella, invece, Radio Libertà fu una delle pochissime esperienze nelle quali i partigiani furono in grado di trasmettere: via radio organizzavano scioperi, trasmettevano musica e si rivolgevano anche, in tedesco, ai soldati nazisti invitandoli a disertare o arrendersi.
In un 2015 nel quale la Liberazione non è mai avvenuta e Germania, Italia e Giappone hanno creato un impero è ambientato il gioco teatrale “70 anni dopo”. Ispirato alle narrazioni fantastoriche come “La svastica sul sole” di Philip Dick o “Il complotto contro l’America” di Philip Roth, il gioco ricorda che la storia appare inevitabile sempre e solo con il senno di poi, e fa riflettere sul concetto di totalitarismo e libertà individuale.
Due scenari speciali di giochi già esistenti, Advanced Squad Leader e Memoir ’44, sono dedicati a scontri tra partigiani e alleati da un lato e nazifascisti dall’altro avvenuti sull’Appennino tosco-emiliano. Uno è la battaglia di Benedello, dell’autunno 1944: vi partecipò anche Irma Marchiani (nome di battaglia Anty), Medaglia d’Oro al Valor Militare e vicecomandante della Brigata Roveda, tra le poche donne con ruoli di comando nella Resistenza.
Tra le particolarità dello scontro, l’intervento casuale delle forze aeree alleate, che erano state chiamate dall’agente incursore Ennio Tassinari per un altro attacco ma, vedendo i combattimenti di Benedello, intervennero bombardando.
L’altro è la battaglia di Montese, piccolo comune tra Modena e Bologna, il primo a essere liberato dalla forza di spedizione brasiliana. “È più facile veder fumare un serpente, piuttosto che un brasiliano combattere in Europa”, si diceva nel Brasile ancora neutrale della seconda guerra mondiale. Quando poi la Força Expedicionaria Brasilera partì per l’Italia fu naturale scegliere come simbolo un “cobra fumante”.
Infine un gioco di ruolo, “Senio 1945”, progettato dal Laboratorio per la didattica museale di Ravenna, fa rivivere i mesi di Guerra dell’inverno ’44-’45 a ridosso del fiume Senio. Le forze partigiane della 28ª brigata ‘Mario Gordini’ (comandata da Arrigo “Bulow” Boldrini) collaborarono in modo organico con i reparti degli eserciti dell’8ª armata e il Gruppo di combattimento Cremona, unità dell’esercito italiano formata per almeno metà da volontari ex partigiani.
Liberare il territorio richiese oltre sei mesi, con effetti pesantissimi sulla popolazione: oltre cinquemila vittime civili, due terzi per bombardamenti alleati. In quell’inverno il Senio fu un crogiolo di nazionalità, lingue e religioni: britannnici, indiani, nepalesi, canadesi, neozelandesi (compreso un battaglione di maori), polacchi (che, per il loro anticomunismo, avranno un rapporto non facile con partigiani e popolazione) e per alcuni mesi persino la Jewish brigade.
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