Global Warming: fate come The Guardian

La campagna si titola “Keep it in the ground”, “lasciateli sotto terra”, i materiali fossili, a cominciare dal petrolio

Le Monde del 20 aprile pubblica una lunga intervista a tutta pagina col direttore del Guardian, Alan Rusbridger. Oggetto della chiaccherata il cambiamento climatico su cui il Guardian ha deciso di iniziare una vera e propria campagna di informazione e comunicazione, facendone uno degli assi principali del giornale poichè “non c’è soggetto più serio del clima”. La campagna si titola “Keep it in the ground”, “lasciateli sotto terra”, i materiali fossili, a cominciare dal petrolio. E, a quel che pare di capire, Le Monde si sta avviando sulla stessa strada. Il Guardian è oggi uno dei tre o quattro giornali più autorevoli del mondo, il cui sito è visitato da circa 40 milioni di persone al mese, mentre la copia cartacea tira poco meno di 400.000 esemplari. Il giornale vanta una lunga tradizione liberal, che diventò mondiale quando il quotidiano prese una chiara posizione al fianco della repubblica popolare spagnole e contro Franco, appoggiando in particolare le brigate internazionali. Da lì in poi fu considerato come un alfiere del Labour Party, seppure la sua indipendenza sia sempre rimasta un segno distintivo di cui giustamente i suoi redattori vanno fieri. In contemporanea all’inizio della campagna, Il Guardian Media Group che ha un attivo di oltre un miliardo di euro, ha deciso di liberarsi di tutte le azioni e compartecipazioni con company operanti nel settore dei combustibili fossili.

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A questo proposito il direttore, quando gli chiedono se questo atteggiamento non abbia pesato sui rapporti con le imprese petrolifere, risponde diplomatico “No, noi abbiamo una rubrica sull’energia per cui queste aziende hanno molto rispetto – quindi dopo la diplomazia eccolo piazzare il suo colpo – A un certo punto Exxon ha rifiutato di rispondere a alcune nostre domande, stimando che non eravamo imparziali. Che una company che vale 300 miliardi di dollari (278 mld di euro) rifiuti di risponderci la dice lunga più su lei stessa che sul Guardian” E uno capisce subito che non miglioreranno certo i rapporti tra la Exxon e il giornale. Ma vediamo ora alcuni brani dell’intervista. “Il cambiamento climatico è la più grande story della nostra epoca. (..) una questione non confinata a una trattazione ambientale e scientifica, quando è politica e economica. Abbordando in redazione questo soggetto siamo finiti a discutere di salute, di cultura ecc.. questo ha creato una energia tra noi. Era il momento di coinvolgere l’insieme del giornale su questo tema. Una parte della redazione è partita con me una settimana in Austria per pianificare questa campagna. É bene di tanto in tanto lasciare l’ufficio e staccare computer e telefonini. Abbiamo registrato ogni parola e una parte del dibattito è stata pubblicata in podcast sul sito. Era anche un modo di mostrare ai nostri lettori come funziona un giornale. Le imprese della stampa devono essere più democratiche. (..)” E i rischi? E le reticenze in redazione? “Alcuni erano inquieti, anch’io del resto, su questa strada. Durante i vent’anni di direzione non avevo mai lanciato un appello del genere. Si tratta di materia complessa, era un po’ arrischiato tuffare il giornale in questa complessità. Quel che mi ha convinto è l’importanza della posta in gioco. (..) La schiacciante maggioranza della comunità scientifica è d’accordo nel dire che urge agire. Non c’è soggetto più serio del riscaldamento climatico. (..) Il Guardian ha tirato fuori il dossier WikiLeaks, il Gap Tax, l’affare Snowden, ecc..ora facciamo campagna sul riscaldamento climatico.(..) Quello che noi facciamo deve servire l’interesse generale. (..) Se si vuole fare del giornalismo il nostro motore deve essere l’interesse generale. E io non vedo interesse generale più grande che quello di aiutare la presa di coscienza sul cambiamento climatico. E’ irresponsabile da parte dei giornalisti non riflettere su come coprire questa grande questione.(..) Il giornalismo è molto efficace raccontando quel che è successo ieri (l’attualità), lo è molto meno per quel che succederà nei prossimi dieci anni, epperò questo è giornalismo, perchè le decisioni che noi prendiamo oggi avranno conseguenze nei prossimi diecianni e oltre. Bisogna trovare il modo di fare riflettere i nostri concittadini perchè i responasbili politici o i mercanti non sapranno farlo.” (traduzione di BG)

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Così scende in campo a tutto tondo il Guardian, non sul terreno genericamente ecologista per difendere l’habitat naturale – già lo faceva da tempo – ma lungo una nervatura specifica facendo campagna contro le attuali estrazioni di petrolio e le nuove trivellazioni, il che non sarà privo di conseguenze.

Non credo che influenzerà più di tanto, anzi quasi niente, i grandi media e giornali italici, il Corsera la Repubblica la Stampa e compagnia bella di Radio e TV, troppo succubi a interessi solidificati dove la componente petrolifera energetica – si pensi soltanto all’ENI- è fondamentale.

Potrebbe però aprire uno spazio ampio per i piccoli media, radio indipendenti, giornali on line, webradio, anch’essi da noi molto restii a assumere il cambiamento climatico come uno degli assi principali di informazione e comunicazione, spesso perchè ubriacati dalla politica politicante, che all’ambiente non ci pensa proprio, anzi lavora a cementificarlo e degradarlo, spesso perchè afflitti da ignoranza e cecità per tutto ciò che attiene la scienza e il rapporto uomo natura.

Manca a volte, quasi sempre, una sensibilità “giornalistica” e “quotidiana”, nel senso della notizia e informazione di ogni giorno, per questo tipo di problemi. Eppure certo è che, se una missione comune all’intera umanità oggi esiste, ebbene è proprio quella di preservare la specie e la civiltà dagli effetti, tra l’altro, del riscaldamento globale, che potrebbero concorrere a preparare quello che qualcuno ha chiamato uno olocausto climatico. Diciamolo molto sommessamente, ma diciamolo: una grande estinzione dell’homo sapiens sapiens con molte altre specie animali.

 

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