Yemen, bombe a grappolo

Hrw non ha dubbi: utilizzate cluster bomb, made in Usa, dall’Arabia Saudita

di Christian Elia

Le munizioni sono state prodotte negli Stati Uniti, vendute all’esercito saudita, che le ha scaricate sui civili in Yemen. E’ semplice, lineare al catena della morte. E’ semplice capire, con razionalità, come funzionano i bombardamenti indiscriminati.

Lo denuncia Human Rights Watch, che nel suo rapporto diffuso il 3 maggio scorso, accusa le forze armate saudite di aver utilizzato le terribili bombe a grappolo, o a frammentazione, che contengono in un primo ordigno un certo numero di submunizioni, le cosiddette bomblets. che, al funzionamento dell’ordigno principale (cluster), vengono disperse, secondo diversi sistemi, a distanza.

Sono vietate da una convenzione internazionale del 2008, alla quale hanno aderito 116 paesi, ma tra questi non ci sono Arabia Saudita, Yemen e Usa. Resta l’aspetto strategico, da valutare, perché purtroppo quello etico interessa sempre meno l’opinione pubblica.

Allora vale la pena, almeno, spiegare cosa succede, quando un territorio viene colpito da queste orribili munizioni. Succede che, al primo impatto, ne corrispondono altri, latenti o immediati, che nella massima parte coinvolgono civili. Perché si disseminano nei campi coltivati, nelle scuole, nei centri abitati, negli ospedali, lungo le vie di transito.

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita, della quale fanno parte anche Bahrain, Egitto, Giordania, Kuwait, Marocco, Qatar, Sudan e gli Emirati Arabi Uniti, ha martellato lo Yemen dal 26 marzo scorso per un mese intero. Obiettivo fermare l’avanzata del gruppo degli Houti, che hanno preso il potere nel Paese, lontani politicamente da Riad. Secondo alcune fonti ad Aden, sarebbe iniziata l’operazione di terra. L’Arabia Saudita nega, ma di sicuro non è finita.

La religione, come sempre, torna utile come alibi (gli Houti sono seguaci dello zaidismo, corrente dello sciismo), ma di base sono le rivendicazioni economiche degli Houti che hanno acceso il conflitto, dopo decenni di subalternità al vecchio regime di Abdulla Saleh, molto vicino a Riad. Gli Houti, invece, sono più sensibili alle sirene iraniane.

Ma questa è politica. La guerra, invece, offre certezze: i bombardamenti indiscriminati non risolvono nulla, l’utilizzo di queste armi rende solo più pericolosa la vita dei civili, maggioranza delle oltre mille vittime (per un’ong locale son più di 3mila) degli attacchi della coalizione a guida saudita.

Vittime che hanno parenti, amici, mariti, fratelli, padri. Che probabilmente prenderanno le armi per vendicare i loro cari, in una spirale mortale che sta soffocando il Medio Oriente. E altri verranno, incocciando le cluster nei campi dove coltivano, nelle strade che camminano, nelle case che abitano.

Gli attacchi della coalizione sono terminati, i risultati sono insignificanti da un punto di vista strategico. Gli Stati Uniti, però, continueranno a vendere armi all’Arabia Saudita, paese che più di ogni altro è coinvolto nei fatti terroristici degli ultimi anni, che le amministrazioni di Washington dicono di combattere.

Ma ancora una volta, dopo un mese di massicci bombardamenti sullo Yemen, il numero dei civili morti è inquietante, mentre è potenzialmente cresciuto quello di aspiranti combattenti, privati senza ragione comprensibile (a loro) degli affetti più cari. Se questa è una strategia, è di difficile comprensione.

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