L’effervescente scena musicale della Belgrado anni Ottanta
“… se fossi un balcanico, se fossi un balcone, il balcone balcano” cantava Elio ne “La canzone del I maggio”. Con la fine delle guerre che hanno portato alla dissoluzione della ex Jugoslavia un nuovo spazio si è creato nella cartina europea: un buco nero, sgangherato, esotico, eccentrico, sanguigno e bizzarro. Dove la gente spara in aria con il kalashnikov per dimostrare la sua ilarità e brinda fino a frantumare i bicchieri. Così sono ri-nati i Balcani come un’idea di ferinità, caos e violenza liberatrice. Tutto quello che spaventa ma allo stesso tempo attrae le società europee riversato in un’area del mondo. Poi sono arrivati Goran Bregovic ed Emir Kusturica e hanno venduto un brand da esportazione, che in Europa occidentale ha trovato particolari estimatori. In questo blog offriremo alcuni frammenti culturali dallo spazio jugoslavo e post-jugoslavo che hanno poco in comune, se non quello di riuscire sconosciuti a chi in quei luoghi va a cercare i Balcani. Proveremo qui a raccontare quello che ascoltano, guardano e leggono i nostri vicini a est di Trieste.
La dipartita di Vlada Divljan a Vienna, ex cantante del gruppo Idoli, al termine di una lunga malattia, ha riportato molti media della regione a ricordare gli anni ’80 della New wave belgradese. Un decennio che si aprì all’insegna delle sperimentazioni che transitavano da un ambito artistico all’altro, dall’arte alla musica, le cui frontiere si allargavano permettendo a una nuova generazione di affacciarsi.
E una sfrenata voglia di vivere che si esprimeva nelle feste, descritte nelle memorie dei partecipanti, che diventavano happening nei quali l’aspetto musicale e visivo si confondevano.
Era una Belgrado urbana che poco aveva a che fare con il resto del paese e che si trasformò nello scenario di una ribollente scena artistica.
A fare da pagine furono i muri che iniziarono in quegli anni a ricoprirsi di graffiti. E come proprio in quegli anni le avanguardie iniziavano a relazionarsi con i media, così anche i primi brani degli Idoli furono preceduti da una campagna fatta di graffiti che apparivano in giro per la città.
Uno di questi era dedicato alla carismatica tastierista del gruppo Ekaterina Velika Margita Stefanović, una delle poche figure femminile nel panorama musicale e diceva “Margita è un ragazzo”. Scherzare con i generi rimase sempre una prerogativa degli Idoli, che furono forse i primi a parlare di omosessualità nella canzone “Retko te viđam sa devojkama”.
Senza mai parlare direttamente di politica gli Idoli mettevano il dito nelle piaghe del sistema in cui vivevano. L’innocua canzone “Čokolada” [Cioccolata] usciva proprio quando la cioccolata spariva dagli scaffali jugoslavi e bisognava andare a comprarla a Trieste. Dandy all’epoca in cui dominava il punk, gli Idoli portavano all’estremo la commistione dell’elemento visivo e musicale, anche grazie alla collaborazione con l’artista visuale e fotografo Dragan Papic, l’Andy Warhol serbo che si divertiva a varcare le frontiere dei generi.
L’attrazione per le sperimentazioni multimediali avrebbe portato più tardi il batterista Srđan Šaper a interpretare una rock star nella commedia nera Davitelj protiv davitelja del regista Slobodan Šijan.
Mentre la scena New wave belgradese fu funestata da una serie di morti premature, gli Idoli che avevano sempre recitato la parte dei bravi ragazzi, ne uscirono indenni. Due membri della formazione originaria, Srđan Šaper e Nebojša Krstić, entrarono in politica nel Partito democratico del futuro presidente Boris Tadić, del quale erano stati compagni di classe.
Vlada Divljan invece fu portato dalla vita prima in Australia e successivamente a Vienna, ma rimase sempre nella musica, e, come non molti della sua generazione, seppe reinventarsi e intraprendere un percorso artistico originale.
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