di Bruno Giorgini
Migrazioni e cittadinanza europea.
I titoli dei giornali ci raccontano “i disperati” accampati sugli scogli di Ventimiglia, nelle stazioni di Milano e Roma, in marcia altrove. Ma non sono “disperati” i profughi, anzi essi si muovono proprio perchè sperano, immaginando un’altra nuova vita in Europa.Per conquistarla lottano e protestano gettando il loro corpi nello scontro tra libertà degli esseri umani e prepotenza degli stati.
Disperati sono piuttosto il Presidente Hollande e il suo primo ministro Valls, che schierano i gendarmi e militarizzano la (ex)frontiera per tenere alcune centinaia di persone lontane, escluse, fuori dalla Grandeur francese. Così oggi si comporta un governo socialista di quella che fu la patria dei diritti dell’uomo, ma anche una feroce nazione coloniale.
Hollande e Valls farebbero bene a ricordare la triste fine della SFIO, la Sezione Francese dell’Internazionale Operaia, insomma il partito socialista d’antan, quando il suo leader Guy Mollet, presidente del consiglio, in nome dell’idea coloniale nel 1956 finì immelmato nella guerra d’Algeria contro il FLN, aprendo la strada alla caduta della IV repubblica e alla presa del potere da parte del generale De Gaulle. Quindi la SFIO pezzo a pezzo scomparve e dal 1958 bisognò aspettare il 1981 per rivedere la sinistra, PS e PCF, al governo con Mitterand Presidente. Ma sembrano non curarsene il presidente piccolo piccolo non in mezzo al guado ma in mezzo al guano, e l’arcigno primo ministro figlio d’immigrati democratici spagnoli al tempo del franchismo, però sembra esserselo dimenticato.
I due radono al suolo en plein air il risultato più significativo della UE, il dissolvimento delle frontiere, incarnato dal trattato di Schengen su cui si fonda la cittadinanza europea. Impedendo la libera mobilità degli individui nel territorio europeo – si pensi che da anni l’UE discute se introdurre tra i diritti umani appunto il diritto alla mobilità – certificano che la violenza dello stato nazional nazionalista può in ogni momento insorgere contro i diritti umani e dei cittadini, negandoli e azzerandoli.
Sono talmente disperati i due da non accorgersi – ma forse se ne accorgono, il che non so se sia meglio o peggio – di indossare così la casacca di Marine Le Pen, la quale non a caso fa del rifiuto di Schengen un asse della sua proposta politica.
Ma a Parigi accade addirittura di peggio, e non mi riferisco agli sgomberi violenti –già gravi – agiti dalla polizia contro gli immigrati della settimana scorsa.
I giornali ci informano della storia di Andréane, bambina francese di sei anni vivente in Cameron con la nonna, sequestrata per quattro giorni dalla polizia. Andréane sbarcando sola all’areoporto di Roissy per passare le vacanze con la madre pure francese, è stata trattenuta dalla police des frontiers sospettando che il suo regolare passaporto francese fosse falso, e confinata nella zona dove vengono rinchiusi i sans papiers. C’è voluta un’udienza del tribunale di Bobigny quattro giorni dopo per liberarla, mentre la madre ha sporto denuncia. Avete letto bene, una bimba di sei anni rinchiusa sola per alcuni giorni sulla base di un sospetto infondato, spero almeno trattata decentemente – se decenza può esserci in una vicenda del genere – da un qualche assistente sociale, ma i media non dicono. Ecco la Grandeur francese dispiegata nella vergogna di un governo socialista.
Anche l’Austria ha chiuso le frontiere ma ci scandalizza meno, essendo quel paese negli ultimi due secoli almeno, schierato sul fronte reazionario; insomma ce lo aspettavamo.
Entrando nel bel paese, la nostra Italia è brutta la sua parte.
A Milano da un paio d’anni i profughi si addensavano in stazione centrale e l’unico presidio “umanitario” era costituito da pochi volontari. Lo stesso a Roma, non solo alla tiburtina ma anche alla stazione Termini. Poi la situazione aggravandosi giorno dopo giorno, è cominciata l’emergenza dichiarata, ma è mai possibile che in una città come Milano non si siano trovati luoghi dove ospitarli? Il comune non poteva aprire le scuole o altri locali di sua pertinenza, oppure requisire pro tempore alloggi sfitti spesso da anni se non decenni? Milano ne è piena, ma una cosa è riempirsi la bocca d’accoglienza, un’altra è organizzarla. Il comune è stato assente almeno fino all’altro ieri, quando l’assessore preposto Majorino ha annunciato che alcune sistemazioni sono finalmente state approntate.
E il partito della nazione PD, non ha sedi che avrebbe potuto aprire per ospitare i profughi? Oppure il PD serve solo per assicurare e sostenere il potere del leader, quando non il malaffare della politica come a Roma?
Il discorso che vale per il sindaco Pisapia assai inabile nella circostanza, si può tranquillamente trasferire al sindaco Marino con l’aggravante della cupola criminal mafiosa e alcune cooperative al seguito che su migranti e rom s’arricchivano, guadagnando più che con lo spaccio d’eroina – come gli stessi indagati e arrestati attestano conversando al telefono.
Insomma se si escludono il mondo del volontariato e la Caritas, ben poco si son visti attivi sulla questione delle migrazioni il governo e la politica, salvo invocazioni giuste all’Europa, peraltro finora solo vocali, cioè a chiacchere. E dire che invece l’operazione Mare Nostrum faceva ben sperare, mentre l’atteggiamento di molte persone tutt’altro che ostile anzi solidale, nonostante i proclami bellicosi del capo della Lega Salvini con altri accoliti, avrebbe potuto – potrebbe – favorire un impegno ampio su questo nodo cruciale. Oggi ma soprattutto domani, perchè siamo solo all’inizio delle grandi migrazioni. Tutti lo sanno epperò nessuno pare voglia confrontarsi sul serio nella ricerca di soluzioni non catastrofiche e/o caotiche.
Giochi di guerra e Russia.
Nel contempo sulla scia della guerra d’Ucraina a bassa intensità ma sempre ferita aperta, i teleschermi mostrano i giochi di guerra della NATO e degli USA sui confini dei paesi baltici, a un tiro di schioppo dal territorio russo. Una brutta Europa di guerra, seppur simulata per ora, ma con l’annuncio del possibile, probabile, insediamento in quelle terre di basi USA e NATO, con dispiegamento di armi pesanti. Come era prevedibile Putin manda i suoi aerei, per ora uno ma domani chissà, a sorvolare le navi da guerra stelle a strisce, come a dire: a buon intenditor poche parole. Potrà mai la Russia tollerare senza reagire che lungo i suoi confini si dispieghino le forze NATO con missili al seguito? Neppure il più stupido degli analisti può crederlo, quindi la tensione e il confronto strategico sono destinati a crescere. Gli USA sono anche impegnati nel Mar della Cina, dove già un paio di volte le navi dei due paesi si sono sfiorate, perchè la Repubblica Popolare lo considera mare suo, e non vuole interferenze. Poi s’aggiunge la grande guerra in Medio Oriente e Nord Africa – l’Algeria è sul ciglio di un baratro c’avverte la stampa francese – che ormai coinvolge tutti. Per soprammercato cresce l’insorgenza del califfato nero come protagonista e perno a sconvolgere i confini tracciati dalle potenze già coloniali, dopo che in Libia per esempio l’intervento francese ha spazzato via ogni struttura statale e istituzionale lasciando un deserto, per tornare a Parigi mettendo in scena ancora la Grandeur tronfia e catastrofica.
In questo quadro di fratture guerresche che si propagano sta L’Europa, la UE non sapendo che pesci pigliare sui migranti, se non le chiusure nazional nazionaliste, figuriamoci se mai può esercitare forza politica su un insieme di accadimenti già in atto, e altri in fieri di tale complessa natura. L’unica forma politica fin qui emersa è l’egemonia tedesca con la Francia ancella quasi sempre obbediente, a volte riottosa (quando si tratta dei suoi stretti interessi). Una forma politica del tutto fuori scala e priva dell’intelligenza necessaria per fare fronte aglia sconquassi annunciati. Ma un pesce c’è che l’Europa vuole pigliare all’amo per friggerlo in padella, anzi un pesciolino: la Grecia. Un’altra brutta Europa che entra in campo.
L’austerità come arma di dominio, la Grecia come capro espiatorio.
L’austerità non ha mai avuto niente di economico, ma è ab initio lo strumento, la clava, con cui la Germania di Merkel afferma la sua egemonia sull’Europa intiera, e precisamente in greco antico eghemonia significa dittatura. Un’egemonia funzionale al dominio dei mercati e della finanza, di cui la troika (CE, FMI, BCE) è incarnazione.
Non c’è nulla di economico neppure nei colloqui in corso tra il governo greco e l’Europa, in tutte le sue componenti, innanzi tutto la troika, che esiste eccome, non potendo essere esorcizzata con giochi linguistici. Il disegno di una parte, a quel che si capisce forte se non la più forte, del complesso liberista che governa l’Europa, dalla Germania alla BCE con tutto il sistema delle altre entità, è quello di piegare Tsipras a firmare un accordo che preveda il taglio delle pensioni, le privatizzazioni generalizzate, il taglio di salari e la libertà totale di licenziamento con tutto il corredo di sedicenti riforme neoliberiste a favore dei mercati, salvando forse , nei più “umani”, una nicchia per l’assistenza ai poveri e poverissimi. Sedicenti riforme che giova dirlo e ridirlo, non portano soldi: ma sul serio qualcuno crede che tagliare le pensioni greche faccia guadagnare denaro in quantità consistente a diminuire il debito? Oppure che in un paese allo stremo per le politiche imposte dalla troika, aumentare la libertà di licenziamento riattivi l’economia? O che con un PIL sempre in calo, destinarne l’1% al pagamento del debito sia cosa saggia? C’è da essere stupefatti leggendo persone che difendono queste tesi su autorevoli giornali, essi certamente mentono sapendo di mentire, e hanno ragione i negoziatori greci quando affermano che le posizioni della troika non hanno niente di razionale (almeno dal punto di vista economico). Se Tsipras cedesse il suo governo cadrebbe, o resterebbe in carica molto fragile, probabilmente obbligato a un governo di larga coalizione con la destra e il Pasok.
Un’altra possibilità è che, di fronte all’intransigenza di Tsipras su alcuni punti, ormai ridotti all’osso ma irrinunciabili, si apra la fase di un default controllato non dello stato, checchè ne scrivano i mercatisti gli stati non falliscono, ma delle banche e altri istituti finanziari creando una situazione caotica e di ulteriore brutale impoverimento, che potrebbe portare a nuove elezioni, magari le destre e il pasok ce la fanno con i voti nell’incognita di Alba Dorata, il partito neonazista certamente aumentando in numero e aggressività. Oppure ancora potrebbe nascere un governo di salvezza nazionale che si sieda di nuovo al tavolo delle trattative. Si può scommettere che a questo governo finalmente domo, la Germania in primis, la BCE in secundis e via via tutti gli altri concederebbero le dilazioni e i crediti che oggi negano al governo di Siriza.
Ma essendo la partita tutta politica, Tsipras potrebbe spostarsi verso la Russia, fino a uscire dalla NATO. É una sorta di arma finale, dalle conseguenze difficili da prevedere, però esiste. Si sa che governi, e popoli, messi con le spalle al muro possono reagire con furia e resistenza estrema, sperando lo sappiano anche i funzionari del capitale di stanza a Bruxelles.