di Antonio Marafioti
Si narra che durante una retrospettiva dedicata a Martin Scorsese, un napoletano vestito da rabbino entrò in sala e, credendo di trovarvi davvero il regista italo-americano, iniziò a chiedere ad alta voce: “Martin? Where is Martin?”. Ma quella era solo una rassegna sul grande direttore e il rabbino del sud Italia girò i tacchi indispettito e uscì dal locale. Di aneddoti del genere la storia della Scheggia è piena. Perché dalla Scheggia passano tutti e perché è una delle associazioni culturali fra le più famose, apprezzate e, soprattutto, resistenti del panorama culturale milanese. Cinema e musica le specialità della casa, dove per casa s’intende la passione degli otto soci fondatori che nel 2004 vincono un bando del comune per l’assegnazione e la gestione di uno spazio municipale. “Eravamo seduti all’East End (nota birreria di Milano ndr) in una tranquilla serata d’estate di undici anni fa e tra uno scherzo e una risata abbiamo deciso di partecipare a questo bando comunale”, racconta il presidente Domenico De Monte. “Abbiamo vinto e l’amministrazione ci ha dato la possibilità di scegliere fra un locale in zona Isola e un altro all’undici di via Dolomiti che poi sarebbe diventata la nostra sede storica”.
All’appuntamento di via Dolomiti gli otto amici ci arrivano con i 2.500 euro dell’affitto annuale, uno schermo artigianale montato con una carrucola e due teli bianchi cuciti dai lembi, e un bancone bar recuperato da una latteria in Porta Venezia che stava regalando i suoi beni per chiusura attività.
C’era tutto per iniziare e crescere. La Scheggia ha fatto di più e non si è fermata un attimo: in undici anni di vita l’associazione ha organizzato oltre centocinquanta tra rassegne e festival cinematografici ed è riuscita a radunare intorno a sé circa tremila soci. La proposta culturale parte dalle produzioni indipendenti, dalla ricerca, dalla sperimentazione, e da uno scambio sempre attivo con i soci ai quali viene data la possibilità di proporre eventi e proiezioni. In quegli anni ogni rassegna organizzata dalla Scheggia è un momento creativo e innovativo. Che si trattasse di cineasti indipendenti o dei più grandi nomi del cinema italiano, Antonioni, Pasolini, Volonté, Tognazzi, c’era sempre una dedizione particolare nella preparazione dell’evento. A partire dalle locandine, piccole opere di arte pop gelosamente conservate dai creatori come pagine di un libro di storia, la loro, fatta di celluloide, spartiti e colonne sonore.
Alcuni poster de La Scheggia
Nel maggio del 2010 l’addio alla sede storica di via Dolomiti è un momento di “grande commozione”, ma non ferma la macchina creativa dell’associazione che nello spazio di pochi mesi organizza quattro festival cinematografici: Milano wants to be independent, Dispersival, in collaborazione con gli amici di Hideout, Cinepiccoli
rassegna di cortometraggi e cartoni animati molto rari, e Cinemart, il cinema al Parco della Martesana, che da tre anni è diventato un’appuntamento fisso dei cinefili milanesi.
L’abbandono di via Dolomiti rafforza anche nuove collaborazioni con due grandi amici della Scheggia: lo Spazio Ligera, trionfo dello spirito degli anni Settanta, con cui s’instaura una collaborazione su rassegne di genere, autoriali, trash e poliziesche; e la Santeria, luogo delle Cinemerende del sabato pomeriggio con proiezioni di film rari e inediti.
E ancora il cinema Beltrade, baluardo della vita di quartiere in zona 2, con cui la Scheggia realizza la prima retrospettiva dedicata a Refn e un’altra per ricordare il cinquantesimo anniversario dell’omicidio Kennedy.
L’anno scorso, per il decennale, inizia la collaborazione con la Salumeria del Design. La Scheggia ha di nuovo un luogo fisico, in via Stazio, dove i suoi creatori danno vita a Furgoncinema e Milano cinema club due progetti che riprendono le più belle sequenze di cinema ambientale a Milano.
E Milano ringrazia. E rilancia. Con un appoggio incondizionato alle rassegne organizzate durante tutto l’anno e, soprattutto, a Cinemart che quest’anno apre i battenti il 25 giugno per quattro giorni di proiezioni e concerti all’aperto.
Quella della Scheggia è una grande storia di associazionismo milanese che, oltre l’esperienza decennale, conta su uno spirito “che non è mai cambiato da quando abbiamo sottoscritto il nostro statuto nel 2004”, racconta ancora De Monte, “siamo più consapevoli dei nostri ruoli e delle nostre capacità, ma rimaniamo sempre quei ragazzi che volevano fare qualcosa di diverso dal solito”. In fondo questo spirito la Scheggia se lo porta nel nome. De Monte svela che proviene da un modo di dire di uno del gruppo che “quando non ce la faceva più a stare in giro ci chiedeva di accompagnarlo a casa perché gli era venuta la scheggia. La scheggia impazzita. Presto divenne il titolo di una nostra rassegna e il nome della nostra associazione. Una scelta che finora ci ha portato fortuna”.
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