Meanwhile Mauritania

Dove l’industria della pesca attira migranti africani, perché l’Africa è in primis migrazioni interne

testo e foto di Mario Trave

La Mauritania è sempre stata interessata da importanti flussi migratori che riguardano tutta l’area del Sahel e dell’Africa Occidentale. Sebbene non faccia più parte dal 1999 del CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest), esistono condizioni privilegiate di accesso e insediamento tra i 15 paesi membri e la Mauritania.

Questa mobilità guarda a secoli di dinamismo migratorio ed è frutto più o meno recente delle politiche panafricane di circolazione e scambio, di cui Gheddafi può essere considerato artefice e promotore.
I mauritani di oggi non hanno difficoltà a riconoscere che ‘dall’Indipendenza la Mauritania è stata costruita grazie ai lavoratori stranieri’.

Centinaia di migliaia di sub-sahariani finiscono qui per lavorare, raggiungendo le numerose comunità di immigrati già presenti nell’area e insediandosi più o meno stabilmente e per periodi più o meno lunghi a Nouakchott e a Nouadhibou, dove trovano occupazione principalmente nei settori della pesca, dell’edilizia e dei trasporti.
Questi arrivi contribuiscono a colmare il deficit cronico di manodopera che caratterizza il paese: ‘I Mauritani sono bravi nel commercio, non nei mestieri’.

Sono due le aree di cooperazione importanti tra l’Europa e la Mauritania: la pesca (con accordi che garantiscono accesso alle navi europee nelle acque mauritane), e i protocolli di contenimento dei flussi migratori (con accordi di lungo periodo implementati nell’ambito di FRONTEX per contrastare l’immigrazione clandestina verso l’Europa).
La Spagna ha un ruolo attivo in entrambi i campi d’accordo.

 

La pesca è un settore essenziale nell’economia Mauritana e rappresenta circa il 50% delle entrate dalle esportazioni e il 29% del PIL.; la forza lavoro è composta principalmente da lavoratori migranti dell’Africa Occidentale, che costituiscono la spina dorsale del settore.

Gli accordi di pesca che permettono alle imbarcazioni europee di pescare in acque mauritane hanno conseguenze devastanti per la locale pesca artigianale, fatta con canoe tradizionali che non riescono a fronteggiare l’overfishing e i sistemi industriali, causando una consistente e progressiva diminuzione delle risorse ittiche in quello che è considerato ‘il mare più pescoso del mondo’.

Nel 2006, al seguito di un numero importante (3000+ persone) di partenze di piroghe e migranti verso le Canarie, la Mauritania è stata presentata dalla Comunità Europea come emergenza e paese di transito per i sub-sahariani che intendevano raggiungere le Canarie.

L’Unione Europea è intervenuta per controllare la zona, impedire le partenze e fermare i naufragi con una complessa e costosa operazione di pattugliamento e interdizione, mettendo in atto una cooperazione bilaterale e multilaterale tra Mauritania ed Europa. E’ stato istituito a Nouadhibou un centro di detenzione per migranti ‘clandestini’ (soprannominato ‘Guantanamito’ dagli abitanti) in seguito più volte accusato da organismi di controllo internazionali di detenzioni forzate e illegittime.

Se con la chiusura della rotta verso le Canarie i migranti sono stati effettivamente bloccati e le partenze di piroghe azzerate, le rotte sono cambiate e il flusso umano attraverso l’Africa Occidentale si è spostato su altre direttrici continentali, con il passaggio attraverso il deserto e il Marocco, i Territori Saharawi, l’Algeria, e ancora il Marocco e le enclaves di Ceuta e Melilla continuando ad alimentare il business lucroso e spietato della tratta degli uomini.

I media europei che hanno trasmesso queste partenze hanno avuto la tendenza a presentare tutti gli stranieri presenti a Nouadhibou, (luogo di partenza delle piroghe) come clandestini, sebbene il numero di migranti che intendessero partire per l’Europa fosse una parte minima del totale (statistiche in Mauritania -DPNU 2008- parlano di un tasso di migrazione di transito dello 0,6% per il periodo 2005-2010 e negativo – -1,1% – per gli anni 2010-2015 (DPNU -Divisione della Popolazione delle Nazioni Unite DPNU -2008). Ma già verso la fine del 2009, l’Assistenza tecnica alla Mauritania per l’elaborazione di una strategia nazionale in materia di gestione di flussi migratori nel quadro del 10° FED redatto dalla Commissione Europea, menzionava che “secondo le autorità, i migranti in Mauritania sono nell’ordine di 500.000 persone, ossia il 15% della popolazione totale”.

Queste cifre – si badi bene – sono inverificabili, e prodotte dal governo Mauritano, il cui referente è l’Europa.
La mancanza di dati statistici forti, oltre che l’oggettiva difficoltà di distinguere la parte dei migranti in residenza permanente da quelli in transito di breve durata, non permette una verifica dei dati.
Dunque, è possibile la ‘confusione’ tra “migrante clandestino” e “migrante -e lavoratore – subsahariano”.
Non è un problema di poco conto.

E’ sul numero stimato di migranti che si stipulano accordi di contenimento e si distribuiscono fondi e risorse, e i ‘migranti di transito’ -presunti o effettivi- diventano così moneta di scambio e strumento di pressione per trattative e accordi. Questa problematica, espressione in ultima analisi della relazione economica asimmetrica tra EU e Mauritania, ha come risultato una doppia valutazione della locale comunità di pescatori: all’occorrenza lavoratori, all’occorrenza migranti clandestini.

Il rischio che si deteriori la tolleranza locale nei confronti del fenomeno migratorio, figlio di decenni di apertura, è concreto, così come che si distruggano importanti strutture economiche e sociali.
Col rafforzarsi di Frontex, e con lo sfruttamento incontrollato delle riserve ittiche, si rischia una criminalizzazione dei migranti, il collasso di un settore occupazionale trainante, la messa in discussione di antiche solidarietà migratorie, e di nutrire così discorsi pericolosi sulla autoctonia e ravvivare le tensioni storiche tra i diversi componenti della società mauritana, in particolare tra le popolazioni arabo-berbere Maori e negro-mauritane Halpulaar, Soninke, Wolof.
E più in generale, la fine dell’equilibrio mauritano.