No. C’è una affermazione stentorea in questo monsillabo che marca un punto di non ritorno per la politica dell’Unione europea.
di Angelo Miotto e Christian Elia
No per dire sì a essere rispettati come persone e non solo come numeri di una partita economico-finanziaria che è l’unica lingua che per ora l’Europa dei burocrati, dei potenti e dei banchieri sanno parlare, oltre ai politici comandati che mentono una volta ogni elezione per vestire sembianze umane. Che dismettono per rimanere nel club esclusivo dal giorno dopo l’elezione.
Il risultato del referendum greco, che è storico senza paura d’enfasi, è su più livelli. E il primo non va dimenticato perché riguarda le persone che in Grecia vivono.
Quelle che oggi aspettano di sapere dalla Banca centrale europea se ci saranno soldi nelle banche da prelevare, che sono cinque anni che prendono legnate e che hanno sofferto una campagna di terrorismo mediatico senza precedenti, perché qui la posta in palio era altissima.
Noi guardiamo a loro con il massimo rispetto, e con lo stesso rispetto a quelli che hanno votato sì perché spinti dal disastro della quotidianità e vittime di paura per il futuro.
Sono persone, sono uomini e donne come noi e il gioco che è apparso più volte in questi dieci giorni incredibili – tu se fossi greco cosa faresti? – è come dire a un amico provato da un lutto ‘ti capisco’ quando ancora non hai perso nessuno.
Però è qui che si gioca uno dei grandi valori di questo referendum: l’umanità, il senso di vicinanza, non scomodiamo la fraternité che sarebbe questo sì enfatico, ma la compassione nel senso più greco che la parola possa avere: sentire insieme, e da lì la commozione, il muovere insieme perché spinti da una sofferenza che accomuna.
Il crowfunding impossibile, le iniziative personali per alleviare la situazione in Grecia, la voglia e lo sforzo che questi giorni hanno conquistato in territori così diversi, di sapere. Cosa succede? Perché non pagano? Perché hanno imposto quelle misure? Perché non gli hanno fatto tagliare le spese militari? Che cosa è il debito odioso?
Molti di noi, di voi, si sono interessati a cosa accade, anche sicuramente per i riflessi sulla propria vita, di quello che accade in Grecia.
Il secondo punto è fuori dalla Grecia. E spiega la campagna d’odio che è stata tessuta e cucita dai grandi centri di potere finanziari e dell’informazione in questi giorni.
Alexis Tsipras ha dimostrato che si può dare la parola al popolo. Cioè ha fatto una cosa che all’oligarchia che comanda la Vecchia Europa e gran parte del mondo, non piace.
Democratici lo si è a parole e se segui i precetti, non se vai fuori dai binari prestabiliti da chi ha plasmato la democrazia su pratiche che ha imposto ai più.
La democrazia rappresentativa è questo e la rappresentatività sta andando a rotoli, dove vediamo crescere l’astensionismo, o dove vediamo crescere le realtà populiste, xenofobe. Due facce dell’incoltura provocata dal disinteresse cui viene relegato il cittadino chiamato a dire una cosa ogni tanto, il voto, e poi considerato un accidente del gioco di potere. Si amministra non in nome del popolo europeo, ma in nome degli interessi forti. Infatti per Il Fondo monetario internazionale non c’è proprio nessuna elezione che tenga nella sua costituzione. E detta legge in giro per il mondo.
Il referendum greco è quel simbolo che doveva essere raso al suolo, per dire che non ribellarsi non è possibile. Ora si vede che si può. Non è poco.Dovete fare i compiti: un’espressione odiosa che rappresenta bene questa europa, con la minuscola, dove c’è chi dà lezioni e chi è somaro. Ma solidarietà poca. Il voto greco parla a tanti, a moltissimi.
E poi c’è un terzo punto. In Grecia si giocava anche un finale di partita della sinistra europea. Sinistra, quella vera.
Quella che non si è persa quando ha ritenuto che ”anche noi dobbiamo avere una banca”. La sconfitta popolare di una presa di posizione verso un modello di società ancora capace di guardare chi rimane indietro, senza rispecchiarsi solo in chi è davanti, è un messaggio forte. Che darà i suoi frutti, perché un mondo intero – che non è morto affatto – oggi prende consapevolezza che non è rimasta solo la politica del male minore a essere un faro. E’ possibile prendere posizione, è possibile farlo dal punto di vista degli esclusi.
Infine l’informazione. Cosa abbiamo letto in questi giorni sui grandi giornali italiani? Cosa vi hanno messo negli occhi sul web dei grandi siti? La foto di un vecchio disperato davanti a un bancomat. Con tre foto in sequenza ( per esempio la Stampa) con gli attacchi degli editoriali che dicevano della pazzia, del gesto disperato e inutile, del profumo di Varoukakis, non mette la cravatta e il codino di Tsipras quando veniva al G8 di Genova.
No. Un No grande come una casa. La casa comune parte dalle fondamenta e non dal tetto.
Ecco perché il No greco è un Sì alla speranza. Un segnale che spetta a noi, a tutti noi, cogliere.