Intervista all’avv.Bauccio, che a Strasburgo rappresenta l’ex imam di viale Jenner, vittima di rendition a Milano nel 2003
di Christian Elia
Hassan Mustafa Osama Nasr, conosciuto come Abu Omar, nel 2003, era l’imam del centro di cultura islamica di via Quaranta a Milano. Il 17 febbraio 2003 esce di casa per recarsi al centro. Dove non arriva mai. I frequentatori del centro, la sua famiglia, i suoi amici non sanno nulla di quello che potrebbe essergli capitato.
Abu Omar, in realtà, era già in viaggio verso la base militare di Aviano, rapito da funzionari dell’intelligence italiana in coordinamento con i Carabinieri italiani. Abu Omar, insomma, è stato vittima di rendition. Termine che nell’ossessione securitaria del post 11 settembre 2001, dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York, stava a significare il rapimento di persone sospettate di terrorismo che, senza processo e senza un regolare corso legale dell’inchiesta, venivano consegnati a paesi terzi (nel caso di Abu Omar l’Egitto) per essere interrogati e torturati lontani dagli occhi indiscreti dei paesi (e delle opinioni pubbliche) occidentali.
L’avvocato Luca Bauccio, intervistato da Q Code Magazine, rappresenta Abu Omar a Strasburgo, dove davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si cerca di ottenere il riconoscimento del fatto che il segreto di Stato (posto dalle autorità italiane sulla vicenda) abbia leso i diritti della famiglia di Abu Omar. Perché in ballo non c’è mai stato il profilo di Abu Omar, ma il principio stesso del diritto a un giusto processo che dovrebbe essere la base della nostra civiltà giuridica.
Il 23 giugno scorso, il governo italiano si è difeso a Strasburgo dichiarando di non aver nessun ruolo nel rapimento di Abu Omar. Questa sarà la linea dei prossimi mesi, ma quali crede che siano le reali possibilità di far emergere le responsabilità delle autorità italiane dell’epoca?
La mia risposta è una domanda sola: se il Governo era davvero estraneo al sequestro, e io credo a questa affermazione, perché far ricorso al segreto di stato? Lo abbiamo sempre sostenuto: il sequestro è estraneo agli atti politici di un governo quindi non ha a che fare con la sua azione e con quella dei suoi funzionari. Per questo non bisognava ricorrere al segreto. Quanto alla possibilità di accertare altre responsabilità: la vicenda è chiusa ormai. Inutile inseguire chimere. Il governo italiano e la Corte costituzionale hanno voluto così.
Dai documenti in vostro possesso, all’interno dei servizi segreti italiani, c’è mai stata una reale volontà di fare chiarezza su questa vicenda?
Inutile chiamare i servizi a fare chiarezza, men che meno sulle loro eventuali responsabilità, figuriamoci. Questo ruolo andava svolto dal Governo. E non lo ha fatto.
Quali sono, ad oggi, i punti fermi a livello giudiziario di questa vicenda? Potrebbe ricostruire una sorta di ‘cronistoria’ della vicenda?
Il punto fermo è questo: Abu Omar è stato sequestrato a Milano da agenti della CIA e da un funzionario dei Carabinieri. Costoro sono stati processati e condannati. Il resto ormai è stato sepolto dal segreto di stato.
Quale è il livello di consapevolezza nei media italiani della portata della vicenda? Per molti, la condanna a sei anni confermata a Milano a marzo dovrebbe cancellare la violazione dei diritti di Abu Omar. Quanto è difficile tenere dritta la barra del diritto in un dibattito pubblico avvelenato quanto quello italiano?
I media italiani non hanno saputo comprendere la valenza universale di questa incredibile vicenda. Eccetto poche eccezioni la copertuna mediatica e la sua penetrazione nel dibattito pubblico è stata irrilevante. Peraltro all’indomani delle condanne, l’opinione pubblica non ha saputo esprimere alcuna consapevolezza di quanto accaduto e si è schierata in gran parte con i condannati. Ricordo che il Capo dello Stato Napolitano ha anche graziato uno dei condannati.
Abu Omar, oggi, che segni – non solo fisici – porta di questa vicenda? Come suo legale, quale sarebbe il livello di soddisfazione che riterrete sufficiente per la vita dell’ex imam di viale Jenner e della sua famiglia?
I giudici italiani hanno stimato il fatto di massima gravità. E hanno concesso una provvisionale di un milione di euro per Abu Omar e di 500mila euro per la moglie . Ciò che ha subito Abu Omar è ciò che mai si dovrebbe comminare ad alcun essere umano.
Crede che una sentenza di condanna per le istituzioni italiane dell’epoca potrebbe diventare un precedente importante per fare chiarezza sulle decisioni prese dopo l’11 settembre sulla pelle di cittadini? Possiamo ritenere quello uno dei periodi di autentica ‘sospensione’ dei diritti sui quali si fonda la civiltà?
Non mi faccio illusioni. Gli anni successivi al 2001 sono tra i più bui nella storia del diritto e della civiltà. Gli stati si sono appropriati del diritto di disporre come volevano della vita degli individui. Un assolutismo cieco, ammantato di securitarismo. Una macchia che il cosidetto occidente non riuscirà a cancellere mai.
Le cosiddette renditions sono una tra le pagine più oscure del post 11 settembre. Quali sono stati, ad oggi, i procedimenti che hanno reso giustizia alle vittime? Quali stati e/o sistemi giudiziari si sono distinti per una reale volontà di chiarezza?
Cito solo un caso, il Canada. Il quel caso lo stato era risultato responsabile del sequestro di un innocente. Una vicenda terribile, una vita distrutta, traumi indelebili. In quel caso però il Canada si è assunto le proprie responsabilità e ha risarcito con senso di giustizia la vittima.
Non basterà un risarcimento a cancellare colpe così enormi, ma ci sono atti che uno stato dovrebbe avere il decoro di assumere. Anche al prezzo di farsi carico di responsabilitè solo indirette, persino oggettive. Nel nostro caso però il’Italia ha preferito nascondersi dietro la foglia di fico del segreto di Stato.
La decisione della Cassazione del 2012 è un momento importante in questa vicenda. Quali conseguenze reali ci sono state a livello processuale? Quali sono, a suo avviso, le zone d’ombra che potranno essere chiarite andando avanti?
Purtroppo questa vicenda è chiusa. La CEDU (Corte Europea dei Diritti Umani) potrebbe accertare la violazione della Convenzione europea e condannare l’Italia per aver applicato il segreto di stato in modo non conforme ai parametri della Convenzione. Bisogna prendere atto della realtà. Noi non conosceremo mai la verità nella sua interezza. Così hanno voluto le nostre istituzioni di governo. Adesso vedremo se ciò ha costituito una violazione dei diritti della famiglia Abu Omar. La parola è alla Cedu.
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