di Antonio Marafioti
Quando Antonio La Cava racconta la sua storia non si può fare a meno di ripensare a tutti quegli insegnanti dei quali, nel bene, ci si ricorderà per il resto della vita. Sono quelli che il mestiere non lo scelgono, ma se lo portano nel dna come il colore della pelle, degli occhi, dei capelli; come fossero le spirali, uniche, sulla punta delle dita. Di impronte digitali il maestro di Ferradina, Matera, ne potrebbe collezionare a milioni. Perché in sedici anni di carriera il suo bibliomotocarro ha distribuito e raccolto oltre seimila libri.
Classe 1945, tre figli e cinque nipoti, Antonio, che è in pensione da sei anni, si definisce “un maestro di strada. Ho sempre creduto che la scuola vera dovrebbe stare fuori dalle aule”. Così, sedici anni fa, compra la sua prima ape piaggio e la rifornisce di libri da prestare e far circolare fra i più giovani.
Lo incontriamo durante Borgo Futuro Festival organizzato a Ripe San Ginesio, nelle Marche. “Facendo il maestro vent’anni fa – racconta – ho notato che c’era un affievolimento della passione per il libro. Mi sentivo in dovere di fare qualcosa per riportare la gente a leggere, prima di vedermi invecchiare in un paese di non lettori. Sono stati i miei alunni che mi hanno convinto a creare il bibliomotocarro”. Che non è solo un servizio, ma una filosofia, quasi un metodo d’insegnamento. Perché La Cava sulle tre ruote ha percorso oltre 100mila chilometri, la maggior parte dei quali, 80mila, nella sua Basilicata, gli altri fra le varie regioni d’Italia arrivando a toccare anche città lontane come Torino e Padova. “Ho partecipato anche a un progetto che si chiama “Fino ai Margini” e che consiste nel portare i libri nei centri sotto i mille abitanti. Sono certo che lettori non si nasca, ma si diventi, ma sono anche convinto del fatto che sia importante avere buoni maestri alle spalle. Nessun bambino deve rimanere solo”. La biblioteca viaggiante del maestro La Cava è il terzo esemplare dall’inizio del progetto, dopo aver mandato le prime due “tre ruote” in pensione, si accinge a costruirne un’altra “è in officina – dice – e sarà dedicata ai più piccoli dai 2 ai 5 anni”. All’interno si trova di tutto, dai testi fondamentali, Le avventure di Tom Sawyer, Peter Pan, Marcolvaldo, Pinocchio, Asterix, Robin Hood, Tarzan; ai cosiddetti libri bianchi: “sono libri che ogni ragazzo può scrivere liberamente. Qualcuno inizia una storia e qualcun altro la finirà in un’altra parte d’Italia. Così mi ritrovo manoscritti composti da uno, due, tre, quattro giovani che hanno messo in comune la propria fantasia in modo libero”.
Nel cassone posteriore c’è un piccolo cinema adibito come fosse una cameretta per bambini. Ci possono entrare fino a cinque piccolissimi per guardare opere per l’infanzia di tutti i generi. Non vengono proiettati solo i dvd delle majors del cartoon.
I pezzi forti, invece, sono miniproduzioni che le scuole amiche hanno deciso di regalare al maestro di strada. “Guardi questo, è tratto dal Gatto con gli stivali. Questo invece è un corto con protagonista un bambino ucraino. È stato girato ispirandosi alle lettere di Antonio Gramsci al figlio”.
Alla proiezione c’è un bambino del luogo che pare semplicemente non riuscire a levare gli occhi dallo schermo. La Cava lo guarda e sorride, poi gli chiede se vuole vederne un altro, “ma poi basta ok? Poi vai a giocare”. “Vede? Questo è il futuro. Non è più sufficiente prestare un libro, bisogna lavorare sul testo per farli appassionare e permettergli di sviluppare la loro creatività”.
La Cava non riceve finanziamenti per il suo progetto, “Da nessuno, lo scriva”. Come fa a muoversi? Come fa a lavorare, dunque? E che cos’è questo simbolo della regione Campania? “Riesce a leggere che cosa c’è scritto? Patrocinio Gratuito. Stop. Non ho mai ricevuto un euro da nessuno e neanche lo voglio. Faccio ciò che faccio con le mie risorse e solo perché è ciò che voglio fare. La chiami passione, la chiami vocazione, la chiami come vuole, ma l’importante è che i bambini possano avvicinarsi a questi libri e leggere”.
Il tempo gli ha dato ragione: il bibliomotocarro ha vinto diversi premi tra i quali una medaglia d’onore conferita dal Presidente della Repubblica.
“Sono riconoscimenti – dice – che fanno piacere, ma non sono ciò che mi spinge a continuare. Vuole sapere che cos’è che mi fa andare avanti? Momenti come quelli che ho vissuto qualche tempo fa a Castelnuovo di Porto. Lì c’è un Centro di Accoglienza per i Richiedenti Asilo. Ho passato due ore al giorno per dieci giorni con i figli di queste persone venute da paesi in guerra. E vederli così coinvolti nell’ascolto e nella visione delle favole, mi ha riempito il cuore. Avrei voluto non andare più via perché in quei giorni ho visto chiaramente, come mai prima, concretizzarsi l’idea che mi ha fatto iniziare sedici anni fa. L’idea di un testo, frutto di fantasia, che si trasferisca dalle pagine alla vita reale e che, così, circoli per il mondo”.
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