di Antonio Michele Storto, tratto da Redattore Sociale
A Kobane è arrivato il momento della solidarietà . Secondo una nota diramata dall’Istituto delle famiglie dei martiri, il conto dei bambini rimasti orfani nell’enclave curdo-siriana avrebbe ormai superato quota mille. Tra loro, stando a quanto dichiarato dal portavoce dell’Istituto, Ibrahim Muslim, diverse centinaia avrebbero perso i genitori soltanto nelle ultime settimane, nella serie di attacchi partiti il 25 giugno e andati avanti per giorni in città e in alcuni dei villaggi circostanti. “Molti bambini tra gli uno e gli 11 anni – ha dichiarato Muslim – sono stati massacrati in modo così selvaggio che la maggior parte di loro era irriconoscibile”. Dei superstiti, invece, si sta occupando l’istituzione: “la maggior parte di loro – continua Muslim – ha perso entrambi i genitori. In molti vivono con i parenti ora. Dall’inizio della rivoluzione ad oggi, più di mille bambini hanno perso i genitori, morti in battaglia o durante gli attacchi di Isis. l’Istituto sta cercando di soddisfare tutti i loro bisogni”.
I mezzi però continuano a scarseggiare nella cittadina curdo-siriana: secondo quanto denunciato lo scorso primo luglio a Bruxelles dal Comitato per la ricostruzione di Kobane, “i rifornimenti di cibo, le cure sanitarie ed altri servizi essenziali quali acqua ed elettricità sono ai minimi livelli o addirittura inesistenti. Lo Stato islamico, inoltre, ha dislocato migliaia di mine nel territorio circostante per impedire il ritorno dei profughi nelle proprie terre”. Da mesi, in effetti, dal confine turco siriano continuano a partire appelli che invitano medici, ingegneri e volontari specializzati a recarsi nella città; richieste che si scontrano però con la totale chiusura dei confini imposta dal governo turco, che ad oggi continua a rifiutarsi di lasciar passare aiuti, giornalisti e convogli umanitari. “Per questo – spiega Ozlem Tanrikulu, portavoce del Comitato per la ricostruzione – abbiamo indetto per il prossimo 15 di settembre una grande manifestazione a Suruc (cittadina del Kurdistan turco a qualche decina di chilometri da Kobane, ndr): vogliamo far pressione sul governo turco, affinché si decidano una volta per tutte a lasciarci aprire un corridoio umanitario”.
Nel frattempo, diverse realtà internazionali continuano a stringere accordi con i rappresentanti del Rojava, per aiutare il processo di ricostruzione. Appena ieri, il presidente dell’Asce (Associazione sarda contro l’emarginazione) Antonello Pabis ha reso noto che nell’enclave curdo-siriana si inizierà presto a lavorare alla costruzione di una scuola che verrà intitolata ad Antonio Gramsci. Ma anche in questo caso, sarà difficile procedere senza l’apertura dei confini da parte turca. “L’apertura di un corridoio – prosegue Tanrikulu – sarebbe fondamentale per riuscire a collaborare con le Ong. A Kobane stiamo cercando di costruire scuole e un centro dove degli specialisti possano curare i profondi traumi psicologici riportati dai nostri bambini. Da soli però non possiamo farcela.
Per il momento, chi volesse aiutarci può scrivere a reconstructkobane@gmail.com”. Per ulteriori informazioni: www.helpkobane.com