Una rubrica per non dimenticare il valore del patrimonio narrativo mondiale, tra fantasia e attualità
di Alice Bellini
«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso
dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani
La favola di tutti
C’era una volta una terra lontana, bellissima, ricca di ogni tipo di risorsa e di ogni tipo di meraviglia. Mari, monti, colline, boschi e la ricchezza di un sapere enorme, di una cultura profonda e varia, resa speciale dalle tante diversità che popolavano quel pianeta.
Eppure, a differenza di ciò che si può pensare, tutto cadeva a pezzi, trascurato, ignorato e martoriato. Nulla veniva curato, nulla veniva valorizzato e vi erano una montagna di cose da fare, che però non venivano mai portate a termine. E tutto non faceva altro che peggiorare, morire, scomparire, crollare.
Così, un giorno, tutto il popolo di quel pianeta, sempre più esasperato e frustrato e arrabbiato e martoriato, decise di riunirsi e di eleggere dei rappresentati che si occupassero di rimettere le cose a posto.
Ma a dire il vero, non fu poi un’elezione così precisa. Nel chiacchiericcio generale, ogni tanto usciva fuori una proposta, che veniva seguita con entusiasmo per qualche istante, finché una nuova idea non prendeva il sopravvento. E non c’era persona che avesse voglia di stabilire qualcosa con determinazione e dedizione, comprendendo la gravità della situazione. Così, a fine serata, tutti se ne tornarono a casa convinti di aver finalmente risolto qualcosa, ma senza aver davvero deciso nulla.
Tutto quello che si sapeva è che c’erano delle scelte importanti da prendere, dei lavori urgenti da fare e delle piaghe dolorose da sanare e che tutti pensavano fosse davvero importante entrare in azione. Tant’è che un tal Ognuno era sicuro che un altro tizio, di nome Qualcuno, ci avrebbe pensato. E anche se si era deciso che a farlo sarebbe dovuto essere Ciascuno, in realtà a prendere in mano la situazione fu Nessuno. Così, Qualcuno si arrabbiò, perché quello era il lavoro e il dovere di Ognuno. Ma giustamente Ognuno ribatté che era dovere di Ciascuno. Ma poi a far qualcosa si rivelò sempre essere Nessuno.
E così fu, che Ognuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ciascuno avrebbe dovuto fare, mentre le scelte continuavano a dover essere prese, i lavori svolti e le piaghe tutte ancora da sanare.
[Filastrocca occidentale]