Slow News. Cos’é? Un attimo di pazienza e ci arriviamo. Dobbiamo andare lenti, ma essere capaci di acchiapparvi in un secondo per tirarvi dentro quest’intervista.
di Angelo Miotto
I loro nomi: Alberto Puliafito, Alessandro Diegoli, Andrea Coccia, Andrea Spinelli Barrile, Gabriele Ferraresi.
E ora ecco che cosa fanno. E che cosa stanno tramando per il futuro. Il servizio che si sono inventati lo trovate qui (gratis ad agosto, forza!)
Ragazzi siam di fretta, specie sui social dove vi stiamo postando, quindi dite in due parole che cosa è Slow News Summer Madness.
Solo due parole è impossibile. Ma proviamoci: SlowNews è una newsletter bisettimanale di content curation, esiste da gennaio, conta più di 100 abbonati e ad agosto è gratis. Leggetevi questi otto numeri in spiaggia o dove volete, vedrete che vi piacerà.
Voi scandagliate, monitorate, scegliete organizzate e inviate. Insomma un ruolo di selezione che è quello di cui spesso viene incaricato il giornalista del futuro rispetto alla rete. Mi fate risparmiare tempo, mi dite di leggere lento?
Chiaro che sì ;-) Crediamo proprio che serva “rallentare” anche per chi lavora nel mondo dell’informazione, e privilegiare la qualità alla quantità. È difficile portare avanti questa idea in un mondo di clickbaiting e snack news senza alcuna logica se non quella di creare pagine viste spazzatura: anche perché le junk news, esattamente come il junk food, sono paradossalmente gratificanti, e lo stesso “piacere perverso” del panino da fast food è quello dato dall’informazione spazzatura, dall’informarsi male. Ma ci crediamo molto e crediamo di non essere soli.
Lamentiamo spesso un giornalismo che non ci piace, spesso nel mainstream, ma possiamo anche dire che troppo spesso i lettori si lamentano ma finiscono sempre a spulciare notizie on line come se fosse un wall di Fb?
È un circolo vizioso, che si autoalimenta. Ma è anche normale che le notizie più leggere siano le più lette. Attenzione, noi per primi pensiamo che il sistema dell’informazione non debba essere composto soltanto da contenuti, per così dire, “pesanti”, di approfondimento, c’è spazio per tutto. Ma crediamo però che il modo in cui è organizzato ora lo spazio sia sbagliato. Sia sbagliata la quantità di informazione, e in molti casi, anche la qualità con cui viene erogata.
Come vi organizzate? Come vi siete trovati? Quante anime avete, o forse per meglio dire quante provenienze differenti fra di voi. Rispondete a tutte e tre insieme o uno alla volta.
Ci conosciamo tutti e cinque da un po’ di anni, in tanti si è lavorato insieme, forse il grande collante di partenza è stato Blogo: da lì siamo passati tutti, chi dagli inizi, chi qualche anno dopo, chi oggi è ancora là ed è diventato il direttore responsabile. Oggi non lavoriamo insieme fisicamente – quasi mai – ma costruiamo ogni numero con strumenti online come Slack, o anche semplicemente WhatsApp, soprattutto quando capita di doversi confrontare velocemente.
Di anime ne abbiamo tante. Siamo persone che, giornalismo a parte, hanno passioni diverse e ambiti di specializzazione complementari. Insieme copriamo quasi tutto, però, dalla geopolitica alla politica italiana, dalla cultura alla società, dalla scienza alla tecnologia. E poi siamo lettori avidi, leggiamo di tutto, siamo curiosi e lavorare insieme su questo progetto ci arricchisce.
Perché credete che ci sia ancora spazio per la buona selezione e informazione?
Perché andare completamente controcorrente paga. Serve crederci davvero e un po’ di fortuna, ma fare l’opposto di quello che fanno tutti gli altri, di solito è una buona idea. A parte la boutade, siamo convinti che la direzione che ha preso buona parte del sistema dell’informazione sia quella sbagliata e la disaffezione dei lettori ne è la dimostrazione. Di spazio per la roba buona ce ne sarà sempre, di questo non dobbiamo avere paura. Dobbiamo però lavorare per difendere la capacità della gente di riconoscerla, perché l’informazione funziona come la cucina: se ti abitui a mangiare schifezze dopo un po’ non sei più in grado di distinguere la merda dal cioccolato.
Molti dicono che in rete l’editoria indipendente, e di servizio, non ha futuro: fino a oggi quanti ricevono la newsletter, quanti paganti, quanta fatica?
Abbiamo superato da un bel po’ la soglia dei 100 abbonati paganti, che per una piccola cosa come SlowNews è già un buon risultato. Ma cresciamo ogni giorno. La fatica è quella di tenere SlowNews insieme a tutti i nostri lavori, in sottotraccia, più che la costruzione finale del numero, che di solito va abbastanza liscia. L’obiettivo dell’operazione Summer Madness è raggiungere sempre più gente, creare una nicchia di persone che credono nel nostro progetto e sono pronte a seguirci anche più in là.
Per il futuro sappiamo che c’è in previsione un salto importante: top secret o ne possiamo accennare con tutti gli apotropaici del caso?
Sì, ne stiamo discutendo tra di noi e sì, è ancora presto per parlarne pubblicamente. Siamo Slow in tutto, perché le cose vanno atte con i tempi giusti, calcolando i rischi, le potenzialità, senza paura di sbagliare e di fallire, ma senza fretta, perché quella che abbiamo in mente è un’operazione molto complicata.