La coerenza del possibile

Alexis Tsipras ha scelto per le dimissioni del suo governo e punta a nuovi comizi molto probabilmente il 20 settembre. Una decisione attesa, ma in ogni caso importante.

di Angelo Miotto e Christian Elia

La terza tranche del debito, primo acconto a saldo di debiti verso Fmi e verso la Bce pagati (sempre interessante vedere quanti milioni di euro se ne vadano in interessi: 200 per la sola Bce) il premier greco ha deciso di andare a riconquistarsi fiducia e legittimità dopo un percorso da vero leader di una sinistra europea che in Grecia si è fratturata partendo da posizioni solide e paradigmatiche per una larga parte delle forze progressiste del Vecchio continente.

Entrare nelle dinamiche di Syriza non è il punto principale in questo percorso che parte da gennaio e arriva ad agosto. Né a noi interessano le personalizzazioni spinte della pollitica contemporanea dove un volto deve per forza riassumere un Paese.

Ma il cammino di Tsipras e Syriza, all’inizio, poi del solo Tsipras dopo la notte drammatica dell’Eurogruppo, è interessante per più motivi che hanno tutti in comune il punto di apparire di politica ‘alta’ come non se ne vede da un pezzo fra chi detiene il potere per il gusto di esercitarlo, fra gesti da tribuno e altri da Cesare.

Elezioni, affermazione del partito e dell’uomo, riforme di stato sociale immediate, trattative a muso duro con la Troika, referendum, vittoria del referendum. Fino a qui tutto bene.
Poi Yanis Varoufakis che lascia, il partito si spacca per le trattative con l’Eurogruppo, con pretese che diventano, Germania a guidare i giochi, sempre più onerose.
Qui i più duri e puri delle sinistre in Europa iniziano a discutere: meglio essere coerenti e affondare con la nave o scendere al compromesso orribile e proseguire in una azione di governo che è riuscita a introdurre con grande perizia il tema del debito odioso e della ristrutturazione dello stesso?

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Ci torniamo, ma andiamo avanti: Syriza spaccato, voto parlamentare, passa l’accordo, arriva la tranche miliardaria e quindi l’annuncio in tv delle dimissioni. La frase: “So che non siamo riusciti in tutto quello che abbiamo promesso al popolo greco, ma abbiamo salvato il Paese, dicendo all’Europa che l’austerità deve terminare”.

Un vero leader europeo perché Alexis Tsipras è riuscito dove nessun altro leader progressista è mai riuscito. Ha risvegliato due concetti che carsicamente sono apparsi e poi tramontati, o interrati: il primo è quello di resistenza e opposizione ai poteri forti, attraverso gli strumenti della democrazia. Il secondo è che esiste un’Europa nella testa e nei cuori di molti che è già altra cosa rispetto alle azioni politiche di chi dovrebbe rappresentare i propri elettori.
Due aspetti rivoluzionari.

Non ci sono stati proclami, ma come spesso accade è la normalità delle azioni che rende evidenti le contraddizioni: mi obbligate con organismi non rappresentativi a stringere il cappio intorno al collo del paese e io dico la parola ai cittadini. Quell’esercizio, scrivevamo allora, fu e rimane architrave di futuro.

Certo, si potrà obiettare, però alla fine l’accordo è stato ingoiato e con tutta la violenza possibile da parte dei creditori, Germania in testa. Ma è difficile dire quanto la portata di sogni rivoluzionari, se applicati fino all’estremo, siano causa di sofferenze non per i leader illuminati, ma per i più deboli, gli emarginati, i poveri, i nuovi poveri creati dal mix infernale di corruzione, malgoverni precedenti e la morsa della Troika, esecutore del dogma dell’austerità coniato a Berlino.

Gli economisti, di grido o meno, che si sono schierati con la Grecia hanno reso evidente che esiste una classe di professionisti delle teorie economiche e finanziarie che sono pronti a riscrivere le regole di questo vecchio Monopoli che viene imbellettato troppo spesso da giornali compiacenti e retorica stantia.
Subito dopo l’accordo capestro i sondaggi in Grecia accordavano ad Alexis Tsipras numeri più alti che nei mesi precedenti, senza che ci si debba stupire quando si capisce perché e in nome di cosa si accettano punizioni esemplari. Il percorso, la trasparenza.

Ecco perché un vero leader europeo lascia il suo governo e si prepara alle prossime elezioni, forse anche più forte di prima – non a casa sua sicuramente – ma agli occhi di molti che hanno apprezzato l’azione politica di Tsipras.

Arriverà il 20 settembre e le urne diranno, in Grecia, che cosa pensano gli elettori. Lo diranno per partecipazione e per voto espresso.

Agli altri, tanti, che seguono con interesse e trasporto le vicende greche anche e soprattutto perché simbolo di una nuova speranza non resta che cercare di trovare una sponda capace di trasformare la rivoluzione europea degli ultimi mesi in realtà.

Riformando le istituzioni, proponendo nuove centralità, dando potere agli organismi eletti, non a quelli creati e calati sulle teste in nome di nulla se non del governo e amministrazione di un gioco che si è con tutta evidenza rotto.

Non è cosa da poco. Ma se nelle nostre, nelle tante teste la realtà europea è già altra cosa non si capisce come sia possibile attendere un minuto di più. C’è da ricostruire, dalle fondamenta, certo. Ma tutto è così chiaro, ormai.

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