di Paolo Riva
Quasi 250mila persone sbarcate in Europa nel 2015. Di loro, i media, da alcuni mesi ormai, raccontano molto. A volte usando termini eccessivi, a volte semplificando, a volte sbagliando, ma ne parlano.
È di chi consente a queste persone di arrivare in Europa, invece, che si sa ancora poco. Ed è per questo che Confessioni di un trafficante di uomini è un libro interessante e importante, che va a colmare un vuoto e a sfatare molti miti fuorvianti, come quello degli scafisti unici responsabili delle sempre più numerose morti in mare.
Uscito la prima volta nel gennaio del 2014 e ripubblicato ora da Chiarelettere in una versione ampliata, il volume è scritto a quattro mani dal criminologo Andrea Di Nicola e dal reporter Giampaolo Musumeci.
Dalla Grecia alla Turchia, dall’Egitto alla Spagna, dalla Libia alle coste della Manica, Confessioni di un trafficante di uomini è un viaggio nei luoghi dello smuggling, capace di portare il lettore a conoscere i personaggi che lo gestiscono e le dinamiche che lo regolano, a tutte le latitudini.
Avvincente e coinvolgente, a volte forse solo un po’ troppo enfatico nel descrivere le figure più mitiche di questo business e le loro imprese criminali, il libro colloca il fenomeno degli sbarchi e dei cosiddetti “clandestini” in un quadro più ampio, fornendo in modo chiaro e accessibile le conoscenze necessarie a capire come sia possibile che, ormai da decenni, ogni anno migliaia di persone riescano, a costo della vita, a bucare le maglie sempre più impenetrabili della Fortezza Europa, e non solo.
Una lettura necessaria, per molte ragioni.
Per evitare di proporre facili soluzioni a una questione tanto complessa come è oggi l’immigrazione. Per capire quanto conti l’economia nel grande gioco internazionale dei flussi di persone. E, ultima ma non certo per importanza, per cercare di trovare una soluzione, razionale e umana, alle sempre più numerose vittime dei viaggi della speranza.