L’altra Macedonia

Mentre lo stato dichiara l’emergenza ed invia l’esercito al confine con la Grecia, alcuni dei volontari trascorrono le loro notti ad aiutare e assistere i migranti

di Meri Jordanovska, tratto da Osservatorio Balcani Caucaso
(Pubblicato originariamente da BIRN Skopje il 18 agosto e tradotto da Osservatorio Balcani Caucaso)

Incontriamo Aleksandra Davidovska alle 19.30 in una stazione di benzina di Kumanovo. Ha 31 anni e ha trascorso l’ultimo mese sul confine tra Macedonia e Serbia, aiutando i rifugiati in arrivo da Siria, Somalia, Afghanistan e altri paesi. “Sbrighiamoci, dobbiamo essere alla frontiera di Tabanovce alle 20, quando cominciano ad arrivare i treni coi rifugiati” ci dice Aleksandra. Di giorno lavora come stilista di scarpe. Dopo le 17 va a casa, si prepara e si dirige verso la frontiera. Resta là a lungo, aspettando che arrivino i treni. Davidovska fa parte dell’ONG Legis, creata per promuovere valori culturali e spirituali. Carica la sua macchina con bottiglie d’acqua, pane, vestiti ed altri oggetti.

Non è da sola al confine. Mentre aspettiamo che arrivi il treno, sono arrivate anche altre persone di Kumanovo, anche loro volontari che passano regolarmente molte ore alla frontiera. “Queste sono tutte offerte dei cittadini. Mi chiamano, o chiamano altre persone con cui lavoro, e portano cibo, acqua e medicine. A volte non possiamo offrire molto, ma facciamo del nostro meglio” dice Aleksandra. Da quando, in giugno, la Macedonia ha modificato la legge sul diritto di asilo a seguito delle pressioni da parte di alcune ONG, i migranti hanno il permesso di attraversare il paese senza ostacoli, usando i mezzi pubblici, purché lo facciano nel giro di 72 ore. Ora i treni sono pieni.

Il percorso dei rifugiati verso una vita migliore inizia con un viaggio in barca dalla Turchia alla Grecia. Di solito, poi, si prende un treno verso la Macedonia e si prosegue verso la Serbia e l’Ungheria. La loro meta è la Germania, la Svezia o, come dicono, “ovunque piuttosto che tornare a casa”. Quando arrivano in Macedonia, al confine di Bogorodica vicino alla Grecia, camminano verso la stazione ferroviaria più vicina, Gevgelija. Si registrano alla stazione di polizia ed ottengono un certificato che permette loro di stare 72 ore nel paese.

I volontari macedoni li aspettano alla stazione, gli danno cibo, acqua e, in caso di necessità, assistenza medica e augurano loro buona fortuna per il viaggio che li aspetta. Viaggiano circa tre ore verso il confine con la Serbia. Là, volontari come Aleksandra li aspettano all’ultima fermata e gli mostrano dove e come proseguire. I dati del ministero dell’Interno mostrano come tra il 19 giugno e il 12 agosto di quest’anno, il ministero abbia emesso 32.388 certificati a cittadini stranieri di cui 22.703 uomini, 4.359 donne e 4.959 bambini. 367 minori viaggiavano non accompagnati e a loro è stato rilasciato un permesso che dove viene esplicitata la loro intenzione di presentare domanda di asilo. I principali paesi di provenienza dei rifugiati sono la Siria (25.286), l’Afghanistan (1.990) e l’Iraq (1.667). I restanti vengono da Pakistan, Somalia, Palestina, Congo, Camerun, Nigeria ed Etiopia.

migrant207_1

Vogliono solo scappare
L’inviata di BIRN ha atteso l’arrivo dei rifugiati alla frontiera di Tabanovce assieme ai volontari dell’ONG Legis. Un furgone della Croce Rossa macedone era già là. “Ci siamo dimenticati le medicine e le vitamine per i bambini. Speriamo che non siano necessarie stasera. È terribile quando arrivano dei bambini malati” dice un volontario della Croce Rossa. Un altro volontario sta preparando dei pacchi: acqua, biscotti, pannolini per i bambini, pane e altro. Il mese scorso, i gruppi mobili della Croce Rossa hanno prestato primo soccorso a 142 persone, tra cui 29 donne in gravidanza. Di questi, 79 interventi sono avvenuti alla stazione di Gevgelija, a sud, e 63 a quella di Tabanovce nel nord del paese.
Poco oltre il furgone della Croce Rossa, gli attivisti di Legis hanno preparato tutto ciò che avevano di fronte alla linea ferroviaria. “Stasera non abbiamo molto cibo. Non sarà sufficiente per tutti” dice Aleksandra con un’espressione preoccupata. La sua amica, Valentina Georgievska, ci dice che ha pianto tutta la notte pensando alla tragedia di queste persone. “Mi trovo di fronte madri con bambini piccoli, persone ferite che non sanno dove stanno andando. Vogliono solo scappare” ci dice. Il silenzio alla frontiera è interrotto alle 21.30, quando l’altoparlante della stazione annuncia che il treno sta arrivando. Tutti cominciano a prepararsi.

Più di 300 rifugiati sul treno
Un vecchio treno con le porte e le finestre aperte arriva alle 21.45. Non è difficile notare che la gente all’interno lotta per un po’ d’aria. Cominciano a saltare giù dal treno nel momento in cui questo si ferma e iniziano a prendere cibo ed acqua. “Per favore, state calmi. Le donne ed i bambini prendano per primi l’acqua” urla Aleksandra, cercando di parlare in arabo. Un giovane viene scortato giù dal treno da un paio di compagni di viaggio. “Non sta bene, vi prego aiutatelo” urla uno degli amici dalla Somalia. Aleksandra, che è la metà della sua stazza, lo prende e gli versa dell’acqua in bocca. I volontari della Croce Rossa capiscono che probabilmente ha una mano rotta. “Non può proseguire il viaggio, devo portarlo in ospedale” dice Aleksandra. Sul treno ci sono più di 300 rifugiati, tutti divisi in gruppi. Alcuni sono seduti a terra, stanno mangiando e bevendo.

Un uomo di avvicina al nostro gruppo: “Per favore, trovate del cibo. Ho due bambini. Tutti gli altri hanno preso il pane e non è rimasto nulla per noi” ci dice in inglese fluente. Tiene per mano una bambina, vestita di rosa, spaventata e confusa. Troviamo una scatola di biscotti nel furgone della Croce Rossa; la bambina li prende e ci abbraccia. “Quanti anni hai?” le chiediamo. Lei ci mostra cinque dita. Il nome del padre è Muhamed Halii. Viaggia con la moglie ed i figli e ci racconta che era un ingegnere. La moglie fuma accanto a lui e quando le chiediamo se vuole un pacchetto di sigarette ci dice di no, “Sto cercando di smettere, non dovrei fumare”. Non sanno dove stanno andando. “Abbiamo viaggiato in barca dalla Turchia per sei ore. Poi siamo stati in Grecia ed ora siamo qua. Mi sembra che questo viaggio non finisca mai. Ma di certo non tornerò mai in Siria” ci dice la donna.

I migranti restano sul confine per circa mezz’ora. Poi si avviano a piedi verso la frontiera con la Serbia. In giro bottiglie vuote e gatti che mangiano gli avanzi di cibo. I volontari restano al confine aspettando il prossimo treno, che arriverà alle sei del mattina. Per i rifugiati che viaggiano su quel convoglio, non rimane altro cibo.