di Alfredo Somoza, tratto dal suo blog
Lo stupore generato dalle esternazioni estive di Mons. Galantino contro la “politica” è dovuto principalmente alla poca conoscenza della stampa italiana sulle consuetudini di Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco.
Galantino, che risponde solo al Papa, sta incalzando la politica con metodo bergogliano. E’ cioè adoperando come una frusta contro la classe politica le questioni sociali ed etiche, senza distinguere tra destra e sinistra (cosa che invece era consuetudine della CEI dei vecchi tempi sempre schierata contro il centrosinistra).
Una posizione nuova per la CEI, da “forza autonoma” e non semplicemente suggeritrice delle sue “cinghie di trasmissione”, i cosiddetti partiti cattolici. Lo stesso concetto di “partito cattolico” è estraneo alla cultura politica di Papa Francesco. Nella sua esperienza pastorale in Argentina, da Arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza dei Vescovi, Bergoglio fustigava di persona il defunto Presidente neo-peronista Nestor Kirchner, senza intermediari.
Lo criticava “da destra”, opponendosi fermamente ad esempio al matrimonio gay (approvato lo stesso dal Parlamento) e “da sinistra”, ritenendo che il governo facesse poco per i più deboli. L’ex presidente Kirchner diceva infatti che Bergoglio “era il vero capo dell’opposizione”. Ma anche lui sbagliava perché il Vescovo non aveva nessun rapporto organico con l’opposizione “partitica”, ma molti con quella “sociale”, dei movimenti.
Sono gesti che passano inosservati ai nostri emeriti vaticanisti, ma Bergoglio in realtà era già “sceso” in politica in Italia, quando ha scelto Don Luigi Ciotti, in modo plateale, come principale interlocutore sui temi della legalità e dell’antimafia. Don Ciotti il sacerdote impegnato, ma anche il “politico” della società civile che ha messo in piedi Libera. Mons. Galantino invece sta attaccando sia il governo sia l’opposizione sui rifugiati, un tema centrale nella cultura di un Papa che è stato figlio di emigrati italiani è cresciuto in un paese-rifugio da tutte le tempeste del ‘900, soprattutto quelle europee. Un tema sul quale Francesco non è disposto a trovare mediazioni.
Questo è un modo di fare Chiesa e di fare politica al quale bisognerà abituarsi, che rompe la contiguità tra Vaticano e mondo cattolico impegnato in politica, che rimette al centro una Chiesa con una sua soggettività politica autonoma non più a disposizione di questo o di quell’altro partito, ma che si gioca in proprio.
Un approccio movimentista che ha due radici culturali, quella gesuitica e quella peronista delle origini. Una storia, quella dei gesuiti argentini e quella personale di Bergoglio, che ha prodotto un mix di conservazione in materia dottrinale e di progressismo in campo sociale ed economico.
Nulla a che fare con il comunismo, come pensano invece gli analfabeti della storia della Chiesa e dell’America Latina che ragliano sui media dozzinali, anzi. Forse prima o poi qualcuno capirà che la Guerra Fredda è finita da un pezzo e con essa le categorie del ‘900. Anche Oltretevere la musica è cambiata, ma si fa fatica ancora a cogliere le nuove armonie.