di Lorenzo Bagnoli, dal blog Mafie in Lombardia a cura di Terre di Mezzo
tratto da Redattore Sociale
Meno di due anni fa, nel pavese, il funerale di un rom ucciso fu definito “mafioso”, suscitando l’indignazione dell’Opera Nomadi. Ma la comunità dovrebbe difendere la sua integrità denunciando i clan che sfruttano l’emarginazione nata negli insediamenti, regolari e non.
Milano, novembre 2013: nel pavese si celebra il funerale di Luca Braidic, rom rimasto ucciso per mano del 18enne Kevin Deragna in una rissa all’ospedale San Raffaele. L’episodio segnò il culmine di una faida tra due famiglie che hanno all’interno diverse persone con precedenti penali, più e meno gravi. Due famiglie cresciute nell’emarginazione dei campi rom, poco importa se regolari o no.
All’epoca Andrea Galli scrisse sul Corriere della Sera che si trattò di “funerali da boss mafioso” e minimizzò l’omicidio come un fatto di sangue legato ad affari di cuore (una Deragna aveva sposato un Braidic e la cosa ancora non era stata digerita). Apriti cielo: Giorgio Bezzecchi, allora presidente di Opera Nomadi Milano, sciorinò in una lettera tutti i nomi delle persone impegnate nell’integrazione dei rom presenti al funerale, che nulla aveva di mafioso. Rinfacciò al giornalista l'”ignoranza delle tradizioni di un popolo antico” e la “totale ignoranza di quello che è veramente successo nelle comunità di via Idro e di via Chiesa Rossa e di quello che ha portato a questo tragico epilogo [la morte di Luca Braidic, ndr]”.
“Tradizioni” e “ignoranza” dei gagé (coloro che non appartengono alla cultura rom) sono due concetti dietro cui la comunità si è trincerata, nascondendo alcuni fenomeni preoccupanti che l’hanno attraversata in questo periodo. Soprattutto a Roma e a Milano. E troppo spesso le comunità rom si sono chiuse a riccio impedendo di comprendere chi, all’interno, sfruttava la marginalità che si crea nei campi rom.
A Roma oggi ci sono le carte giudiziarie di Mondo di mezzo, l’inchiesta che ha scoperto la nuova mafia che governa a Roma, nelle quali i Casamonica emergono come il tramite di Salvatore Buzzi, uno della cupola di Mafia Capitale, nei campi rom. Dovevano tenere chete le acque, anche con la violenza. Se ci sono state “tradizioni” durante il rito funebre di Vittorio Casamonica, le indagini della magistratura le cancellano. E così l’indignazione per il funerale mafioso romano riempie i giornali da giorni. Tutta un’altra musica rispetto a quanto è successo due anni fa a Milano…
La stessa pubblica gogna però non è riservata ai campi rom, il vivaio di questi nuovi criminali. E che sempre più spesso sono gestiti da famiglie con dinamiche mafiose. A Roma ci sono i Casamonica nel quartiere La Romanina o nel campo di La Barbuta a Ciampino, a Milano ci sono alcuni membri della famiglia Braidic che nel campo di via Idro hanno fatto lo stesso. Finora il nome di clan mafiosi non è ancora stato accostato al loro. Anche se i Brabaro-Papalia, famiglia di ‘ndrangheta che per anni ha controllato Buccinasco, usava il campo rom locale (non autorizzato) come deposito per merce rubata e armi.
Diego Briadic, “re Diego”, era latitante da tre anni quando nel 2013 è stato arrestato in via Idro. Porsche e macchinoni, per il fisco un nullatente, teneva sotto scacco la sua stessa comunità. Spacciava droga e armi. “Via Idro è stata abbandonata”, ricordava a Redattore sociale Diana Pavlovic quando il Comune di Milano ha annunciato per novembre la chiusura della struttura.
Negli ultimi mesi anche l’omertà interna ai campi si è incrinata: “Il Comune aveva promesso di costruire all’interno una microarea per isolare i violenti – spiegava a Redattore sociale Paolo Cegna Ninchi di Upre Roma –. Siamo stati noi della Consulta a chiedere che se ne prendessero carico, ma non l’hanno mai fatto”. A dicembre 2014 altri episodi analoghi facevano dire a Maurizio Pagani, presidenti di Opera Nomadi, che “tra i rom di Milano c’è una generazione senza paura, che dal punto di vista criminale ha fatto un salto di qualità”.
“C’è una necessità di pulizia e trasparenza, – continuava Pagani, – proprio per difendere l’integrità stessa delle comunità rom, che devono anche assumersi la responsabilità di quel che succede”. Il giro della prostituzione delle ragazze rom coinvolge sempre più minorenni, come affermava già nel 2012 il rapporto sulla prostituzione di Segnavia. E l’ultima banda arrestata dai pm è finita in cella a febbraio 2015. È così che nascono i Casamonica, anche al Nord.