di Alice Bellini
«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani
Invito alla semplicità
C’era un tempo una città dove regnava un sovrano potente e rispettato. Il carro su cui il Re aveva varcato la soglia di quelle mura per la prima volta era stato ancorato con un intricatissimo nodo a un palo, che si trovava di fronte al tempio del Dio protettore della sua famiglia. Una profezia affermava che solamente chi fosse riuscito a sciogliere quel nodo sarebbe anche riuscito a spodestare il Re e la sua famiglia dal trono e prendere il potere non solo della città, ma di tutto l’Impero.
E molti furono i pretendenti. Ogni tanto, da qualche città vicina o lontana, arrivava qualche principe che, sedutosi di fronte al nodo, cominciava a spremersi le meningi per capire come scioglierlo. «Per un problema così grande, la soluzione deve per forza essere altrettanto macchinosa», pensavano tutti.
E si rompevano il capo su quel groviglio, senza giungere a nessun successo. Ciascun pretendente lasciava la città sconfitto e umiliato.
Cominciò a girar voce che quel nodo fosse stregato, o che fosse stato il Dio in persona ad aggrovigliarlo, che non c’era soluzione, che nessuno sarebbe mai riuscito a risolvere la faccenda. Molti si arrendevano prima del tempo, senza nemmeno provarci. Tanto il nodo veniva decantato come impossibile da sciogliere, che tutti ormai lo credevano tale, senza nemmeno andare a vedere con i loro occhi, o senza pensare mai veramente a una valida soluzione per scioglierlo.
Finché un giorno un giovane entrò in città senza farsi neanche troppo notare. Spada appesa al fianco, si diresse verso il nodo.
Raggiunto il garbuglio, gli si fermò davanti e lo fissò per un momento. E la folla, che da tempo s’era stufata di guardare falliti e si era del tutto disinteressata a quella faccenda, per la prima volta dopo anni si voltò a guardare il nuovo pretendente al trono. Perché quel giovane aveva qualcosa di diverso dagli altri, una luce particolare, un qualche valore di semplicità che lo rendeva così sorprendente e anomalo in quella città dove l’unico modo per vivere pareva quello di complicarsi l’esistenza appresso a pregiudizi, regole e convenzioni, invece che seguire il cuore.
Il ragazzo fece un respiro. Poi, senza pensarci due volte, sguainò la spada e con un colpo secco, spaccò il nodo a metà, separando, dopo decenni, il carro dal palo. Fece un sorriso e, senza batter ciglio, infilò di nuovo la spada nel fodero.
La folla, sbigottita, per un momento non seppe che fare. Poi, con grida di felicità e battiti di mani, acclamò il ragazzo, salutandolo come nuovo Imperatore.