testo e foto di Cora Ranci
A Milano, ieri, come in altre 60 città italiane, decine di migliaia di persone (10mila, secondo gli organizzatori) hanno aderito alla Marcia delle donne e degli uomini scalzi. #ioscelgo è l’hashtag stampato su molte magliette e che in queste ore sta rimbalzando in rete, insieme alle tante immagini della fiumana di persone che ieri sera, illuminata dai lampioni, ha sfilato dalla stazione di Porta Genova fino alla Darsena, l’antico porto cittadino, uno dei pochi specchi d’acqua rimasti a Milano, dove sono state fatte navigare simboliche barchette di carta.
Perché anche a Milano, dove negli ultimi mesi sono transitati migliaia di profughi, soprattutto siriani ed eritrei, c’è una cittadinanza che sente arrivato il momento di “decidere da che parte stare”, come recita l’appello partito da Venezia, cui hanno aderito 200 associazioni milanesi.
Alcuni momenti della marcia milanese. Il corteo ha percorso via Vigevano per poi confluire alla Darsena. Sul palco, in chiusura degli interventi, si è esibito il musicista Mauro Pagani.
“Refugees welcome” recitava lo striscione alla testa del corteo. Ma la marcia non ha inteso in alcun modo operare distinzioni tra chi “mette il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere”.
Dare asilo a chi scappa dalle guerre e dalle discriminazioni, ma anche dare accoglienza a chi fugge dalla povertà. Da Milano, come da Venezia, Roma, Napoli, Palermo e tante altre città italiane, il messaggio è quello di sposare una causa di civiltà: “Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie”.