di Alice Bellini
«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».
Tiziano Terzani
La nascita di un pensiero
Nacque un giorno, nella mente di un uomo, un pensiero.
Per quanto piccolo e appena germogliato, quel guizzo cominciò a piantare le sue radici e a crescere nella testa di quell’uomo. Volteggiava e giocava tra le luci e le ombre della mente, andando così ad influenzare i ricordi, gli altri pensieri e anche alcuni ragionamenti.
Le sue radici crebbero così tanto che dalla mente scesero fino alla bocca e il pensiero, come per magia, si fece parola.
Senza che l’uomo se ne rendesse nemmeno conto, appariva sulle sue labbra in sempre più discorsi, fossero essi più o meno espliciti, più o meno istintivi. In qualche modo, quel pensiero era sempre lì, ad influenzare ogni frase, ogni respiro, ogni movimento delle labbra. E più passava il tempo, più il pensiero cresceva, più le labbra lo pronunciavano, più le radici andavano a fondo. Finché un giorno non giunsero alle mani e il pensiero, da parola, si fece azione.
Dapprima erano azioni piccole, quasi celate. Gesti lievi, che l’uomo compiva un po’ senza accorgersene, un po’ stupendosi di quei modi diversi dal solito. Spesso non si spiegava come quelle azioni potessero venire così spontanee, quando fino a qualche tempo prima…non le avrebbe neanche pensate. E così continuava ad agire, giorno dopo giorno. Finché lo stupore e la sorpresa non svanirono e quelle stesse azioni, che fino a poco prima sembravano inspiegabili, divennero abitudini.
Così, non c’era giorno che passasse senza che l’uomo non compisse almeno un gesto che esprimesse quel che pensava. Divenne un suo modo di essere, che si svelava ogni momento sempre di più, dalla mattina alla sera, nei confronti di se stesso, degli altri e del mondo che lo circondava. Si svelava nel modo in cui faceva colazione la mattina e nel modo in cui si coricava la sera, nel modo in cui si prendeva cura delle sue bestie e in quello in cui parlava alle persone, conosciute o meno che fossero.
E così, giorno dopo giorno, quelle abitudini divennero il suo carattere, spontaneo e forte, presente in ogni sua manifestazione.
E gli anni passarono. Ormai l’uomo era permeato da quel pensiero, le cui radici erano arrivate fino ai piedi e avevano cominciato a spandersi per la terra, in cerca di spazi ancora più grandi dove crescere grandi e forti.
Fu così che le radici crearono, davanti all’uomo, un sentiero, che dritto portava verso una meta precisa, così adatta a chi la pensava come lui.
Ogni parola che pronunciava, ogni azione che compiva, ogni abitudine che rafforzava, l’uomo faceva un passo in più su quel sentiero che, ormai, era diventato il suo destino.