di Irene Merli
Janis, di Amy Berg. Voice over: Gianna Nannini. Nelle sale l’8 ottobre
Preparate il cuore. Perché lo sentirete battere e a qualcuno farà male, durante i 100 minuti di Janis, il documentario su Janis Joplin, l’indimenticabile interprete di Cry Baby, Me and Bobby Gee, A little piece of my heart.
La prima e la più grande dea del rock, intensa e sincera come nessuna mai, neanche la grande Amy Winehouse tanti, tanti anni dopo. Lo si riscopre proprio vedendo questo film, presentato a Venezia 2015 con successo e in uscita in Italia come primo Paese.
Ma entriamo nel vivo. Il ritratto che esce da questo accuratissimo bioptic e’ quello di una giovane donna piena di talento e di cuore, alla perenne ricerca dell’approvazione degli altri, insicura persino quando era gia’ famosa. Janis vedeva l’ambizione non come desiderio di denaro e di successo, ma come “il forte bisogno di sentirsi approvati e fieri di se stessi”. E le ragioni c’erano, la’ nel suo passato texano.
Da adolescente la Joplin era una ragazzina cicciottella, mascolina,ribelle alle regole tanto da farsi buttare fuori dal coro perché ‘ si rifiutava di seguirne le direttive. Tutto il contrario delle like- lovely bionde che, a scuola la come nella vita, all’epoca andavano per la maggiore. Risultato: prese in giro feroci, emarginazione, nessun invito al ballo di fine liceo. all’ università’ la crudeltà’ maschile arriva persino a definirla ” il piu’ brutto maschio dell’anno”. Stimmate sociali, queste, che incisero la sua anima per anni, con lo stesso bruciore di una ferita fresca.
La fuga dal dolore, a 17 anni, passa proprio dalla scoperta della voce. All’inizio, mentre fa la cattiva ragazza e si trascina da un bar all’altro, Janis e’ una cantante folk, ma ben presto entra nel mondo del blues dove finalmente non si sente fuori posto.
La ragazzina complessata capisce che quella musica nera e malinconica e’ la via d’uscita dalla solitudine, perché la mette in sintonia con le sue emozioni. E allora arrivano la fuga prima ad Austin e poi nel mondo hippy di San Francisco, il gruppo storico dei Big Brother and the Holding Band e la Kuzmic Blues Band, la consacrazione a Monterey Pop e la gloria a Woodstock, raccontate dal backstage e dal palco, con le canzoni d’amore strazianti e strangolate, corpo nella voce, quei pezzi laceranti che ci inchiodano al sedile dal primo in cui ci imbattiamo.
Perché una cosa e’ ascoltare, un’altra è vedere sullo schermo le emozioni di questa grandissima artista, “sentirla” mentre mette in musica tutta la sua fame di amore, di affetto, la sua rabbia. e capirne fino in fondo i testi: uno per tutti, quello di Cry baby, scritto da Janis dopo la partenza di un suo grande amore per Katmandu. Da brividi…
“Stare sul palco per me è come fare l’amore” – dice Janis nel documentario- “ma è un’illusione”. Finite le roventi esibizioni, infatti, gli altri della band tornavano a casa dalle fidanzate, mentre lei si ritrovava sola nella sua casa: ad aspettarla c’era l’eroina. “Voi non sapete quando è’ duro essere me”… Il 4 ottobre 1970 a fermarla è’ una dose fatale, proprio quando un telegramma dell’uomo di Cry baby l’aspettava alla reception dell’hotel: Janis non ha fatto a tempo a leggerlo. non ha saputo mai fino in fondo quanto era stata amata.
Amy Berg – ottima documentarista candidata all’Oscar nel 2006- per questo documentario ha scovato materiali preziosi e testimonianze intime. Ha lavorato per 7 anni, intervistato il fratello e la sorella della Joplin, amici d’infanzia, i musicisti delle sue band, cantanti, produttori. Ha trovato tutto il materiale filmato possibile, fotografie inedite (come quello del primo fidanzato che fece soffrire la giovanissima rocker), le lettere alla famiglia chesono lette in voice over lungo tutto il film.
La Berg, infatti, ha realizzato Janis con il supporto e l’accordo dei genitori e dei fratelli dell’artista, è riuscita a farsi un’idea di lei da bambina, del luogo in cui era cresciuta (Port Arthur, Texas), e ha girato il film con un tono familiare e intimo, garantendo il massimo della rispetto e della giustizia dei fatti alla star scomparsa.
L’appassionata regista accompagna la protagonista sino al finale noto, trattato qui con estrema delicatezza e nessun voyeurismo, come se fosse stato un incidente di percorso e non una morte annunciata come per gli altri del famigerato club dei 27 (Brian Jones, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Winehouse). Rest in peace, Janis. Anche dopo 45 anni sei viva più che mai.