Erri De Luca: il fatto (non) sussiste

La sentenza dopo tre ore di camera di consiglio. Prima della decisione dichiarazione spontanea dello scrittore, una intensa e breve lectio magistralis sul concetto del sabotare.

di Angelo Miotto e Christian Elia

Il fatto non sussiste.

Erri De Luca, quindi, secondo il Tribunale di Torino non ha istigato con le sue dichiarazioni sul sabotare la Tav. Eppure in questa storia odiosa verrebbe quasi da dire che il fatto sussite e sussiste eccome. Il fatto che sussite è che sia possibile nel 2015 in Italia incriminare un intellettuale per aver espresso un’opinione tacciandola da detonatore rispetto alla vicenda della Val di Susa. Di paragone in paragone è come quando venne cancellata l’accusa di terrorismo per gli imputati per un danneggiamento di un compressore. Il solo fatto di arrivare a individuare una fattispecie di reato del genere dice che il fatto sussiste. Il fatto di esercitare in maniera spregiudicata glia articoli del codice penale quasi come un clava per rieducare, più che per esercitare il normale decorso dell’osservanza delle regole che una comunità si dà.

Certo, il codice Rocco è fascista, ricordiamo anche l’altra odiosa fattispecie del reato di devastazione e saccheggio e le pene assurde che prevede. Ma qui siamo di fronte a un fatto politico, squisitamente politico, che viene aggredito in punta di codice con una ben nota strategia della minaccia o del bastone rieducativo rispetto a chi esprime il dissenso.

Andiamo con ordine. Erri De Luca parla, prima della sentenza.

“Sarei presente in quest’aula anche se non fossi io lo scrittore incriminato per istigazione. Aldilà del mio trascurabile caso personale, considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest’aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese. Svolgo l’attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura. Sono incriminato per un articolo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della storia d’Italia” (qui la versione integrale del discorso).

Fermiamoci un attimo qui: “Considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest’aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese”. L’analisi di De Luca è fredda e l’accusato diventa accusatore.

Di esperimenti sociali repressivi, fisici e sanguinosi e mediati dalla repressione in punta di ‘legge’ ne abbiamo conosciuti parecchi soprattutto in era di globalizzazione, dove – non lo diciamo noi, ma per esempio un bellissimo lavoro svolto dagli Avvocati democratici in più paesi – esiste una teoria coordinata di attuazioni-bavaglio rispetto al dissenso, basti pensare alla Ley mordaza spagnola.

Il nostro collaboratore Andrea Cardoni, alcune settimane orsono, aveva raccolto una dichiarazione dello stesso De Luca. La trovate qui e ne riportiamo un breve brano: “L’intervista è puntigliosa, anche critica o aggressiva: in ogni caso ha l’intenzione di conoscere la tua risposta. È curiosa del punto di vista, magari lo distorce nella resa dell’articolo, ma è una domanda per sapere. L’interrogatorio invece è per ottenere conferma di quello che, chi lo fa, pretende di sapere già. Non ha alcun valore di scambio: è un’assunzione di una convinzione che cerca una conferma nella risposta e anche in caso di smentita non la registra la smentita”.

De Luca fa cenno nel suo discorso alla possibilità di fare ricorso e qui ci tornano particolarmente utili le parole dell’avvocato Davide Steccanella, riportate dal sito Giustiziami, dei cronisti di giudiziaria del Tribunale di Milano: “Istigare”, se le parole hanno ancora un senso, significa qualcosa di più di “convincere” qualcuno a fare qualcosa (o di rafforzarne il proposito), necessita quanto meno di una condotta attiva volta a determinare in altri un comportamento delittuoso che altrimenti non verrebbe, senza la predetta istigazione, posto in essere”.

Vicenda chiusa dunque? Eppure il fatto sussiste e vale denunciarlo con forza. È un fatto culturale e strumentale, la buona fede la lasciamo agli amanti delle visioni naif di un sistema che sotto il vello da pecora mostra acuminati denti letali.

Per questo, e per quanti pensavano e continuano a pensare che #iostoconerri fosse una battaglia rispetto a un individuo sotto attacco, vale ricordare che questo caso riguardava e riguarda tutti. Nessuno escluso.