i cui effetti si faranno sentire sull’isola italiana
di Maddalena Brunetti
Carri armati, navi, aerei e mezzi anfibi si preparano a prendere d’assalto la Sardegna. L’isola è pronta, suo malgrado, ad ospitare la colossale Trident Juncture: la più grande e scenografica esercitazione militare che la Nato – stando a quanto rivendicano gli stessi generali – abbia mai messo in scena nell’ultimo decennio. Un Risiko su scala naturale a cui parteciperanno le forze armate di 30 nazioni con l’impiego di migliaia di uomini e mezzi dislocati essenzialmente tra Spagna, Portogallo e Italia.
Obiettivo dichiarato – nero su bianco da alcuni analisti – è mostrare i muscoli alla Russia.
Centrale il ruolo del nostro Paese: per l’aeronautica la base di partenza sarà l’aeroporto di Trapani Birgi, ma la parte italiana dei giochi di guerra si svolgerà principalmente – dal 21 ottobre al 6 novembre – al largo delle coste sarde con tanto di simulazioni delle battaglia navali.
Lunghissima la lista degli armamenti che verranno utilizzati, stando ai documenti dello Stato maggiore della Difesa. Per citarne solo alcuni: razzi contro carro da guerra (Panzerfaust, C-90 e M72), granate e missili Tow, Spike e Milan che saranno testati all’interno del poligono di Capo Teulada, nel Sulcis, ben 7.200 ettari circondati da filo spinato, ai quali si aggiunge lo spazio a mare interdetto alla pesca e alla navigazione.
IL NO IGNORATO
Ma per la Sardegna la novità sta solo nelle dimensioni mastodontiche delle manovre belliche. Ogni anno l’isola – che da 60 anni sopporta il peso di oltre il 65 per cento di tutto il demanio militare italiano – è teatro delle manovre belliche italiane e straniere (i poligoni sardi sono affittati agli eserciti di mezzo mondo, compreso quello Israeliano).
Le esercitazioni sono sistematicamente imposte per decreto dal ministro di turno.
Davanti al no del Comipa (Comitato misto paritetico sulle servitù, composto da militari e da civili, in rappresentanza della Sardegna) che cerca di strappare alle stellette condizioni più vantaggiose per l’isola, da Roma fanno spallucce e firmano il via libera. Il copione si è ripetuto identico a sé stesso anche per la Trident con in più una bruciante presa in giro. Lo scorso giugno, in risposta a una manifestazione, l’Aeronautica fece sapere in tono piccato che la Trident Juncture «inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto di Decimomannu (vicino a Cagliari, ndr) e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani». Perché «si è ritenuto che in Sardegna non sussistessero le condizioni per operare con la serenità necessaria per attività di tale portata e complessità».Ma se gli antimilitaristi tirarono un sospiro di sollievo, sindacati e una parte della politica si rammaricarono fortemente per il mancato ritorno economico che le manovre, a loro avviso, avrebbero avuto sui territori coinvolti. In realtà la mega esercitazione ha cambiato sede solo in apparenza. Lo ha rivelato lo stesso ministro alla Difesa Roberta Pinotti, rispondendo all’interrogazione della senatrice siciliana del Pd, Pamela Orrù, che chiedeva preoccupata quali sarebbero stati i pericoli per i cieli di Trapani. Niente paura, le rispose Pinotti.
Dall’aeroporto siciliano ci saranno solo i decolli e gli atterraggi, il grosso dell’esercitazione si svolgerà in Sardegna. Che si è quindi ritrovata al centro del conflitto simulato.
Altro che mancanza di condizioni, come avevano detto i vertici militari. Nel rispondere alla senatrice il ministro ha spiegato: «A livello nazionale, il coinvolgimento prevede l’invio di elementi dell’Esercito in Spagna, Portogallo e a capo Teulada, di assetti aerei dell’Aeronautica presso le basi di Trapani, Decimomannu, Pratica di mare e Pisa, mentre per la Marina militare saranno presenti assetti navali inclusi nell’esercitazione nazionale Mare aperto, collegata alla Trident Juncture». E la Mare aperto è in calendario a Teulada.
Inoltre, «l’attività di volo si svolgerà principalmente nelle aree del mar Tirreno meridionale, limitando l’impegno sull’aeroporto di Trapani ai soli decolli e atterraggi».
L’ISOLA DEI POLIGONI
Una grossa porzione di Sardegna è sacrificata alla ragion di Stato. Sono oltre 37mila gli ettari che tremano sotto gli anfibi e le bombe, senza contare lo spazio aereo e quello a mare occupati durante le esercitazioni. La sola Cagliari – che da sempre aspira a uno sviluppo turistico – si trova con 2 milioni di metri quadrati occupati dalle stellette, compresi gli stabilimenti balneari di esercito, marina e aeronautica che vengono giustificati come “centri elioterapici”.
Nell’elenco non può mancare la base aerea di Decimomannu – considerata strategica, il tunnel polveriera di Santo Stefano, dove sono stipati armamenti di tutti i tipi nel cuore di un parco naturale internazionale (nell’arcipelago della Maddalena), e i tanti poligoni sardi che, messi assieme, costituiscono il fronte interno più grande di Europa e sono considerati una una struttura addestrativa irrinunciabile per la Difesa.
Oltre a quello di Capo Teulada, ci sono i poligoni di Capo Fasca (vicino a Arbus, nel Medio Campidano) e di Quirra (tra le province di Cagliari e Ogliastra) più quelli – definiti “occasionali” – di Macomer (Nuoro) e del lago Omodeo (Oristano).