Kabila e il tentativo di aggirare l’articolo della Costituzione che gli vieterebbe la ricandidatura
di Raffaele Masto, tratto da Buongiorno Africa
Dei capi di stato che in Africa stanno cercando di rimanere al potere anche se, secondo costituzione, non vi potrebbero più rimanere (Sassu N’Guesso in Congo-Brazzaville, Nkurunziza in Burundi, Kagame in Ruanda, Musseveni in Uganda, etc) quello messo peggio sembra essere il presidente della Repubblica Democratica del Congo Joseph Kabila che, da tempo, ha iniziato le grandi manovre per riformare la costituzione e aggirare l’articolo che non gli consente di ripresentarsi alle elezioni del 2016. Lo ha fatto in modo maldestro, finora. Un primo tentativo qualche mese fa ha scatenato l’opposizione di piazza e il parlamento è stato costretto a rimandare il voto sulla modifica costituzionale.
Ora sta tentando di fare slittare il voto invocando una riforma globale dello stato e del sistema elettorale. Per il momento ha di fatto bloccato La lunga serie di tornate del voto, destinate a culminare nelle presidenziali di novembre 2016. Avrebbero dovuto iniziare il prossimo 25 ottobre e sono state cancellata senza che ne fosse indicata una nuova data di inizio. Una situazione di fronte alla quale i partiti d’opposizione minacciano di mobilitare la popolazione.
La Commissione elettorale, però, si trova in difficoltà ad operare dopo le dimissioni – presentate la settimana scorsa – del suo presidente, don Apollinaire Malu Malu. Dimissione che potrebbero essere state telecomandate da Kabila in persona.
Malu Malu, infatti, ha ufficialmente rinunciato all’incarico per ragioni di salute, ma di fatto è considerato molto vicino al presidente della repubblica uscente. Privando la commissione elettorale del suo capo non si potrà stilare un nuovo calendario del voto, non si potranno organizzare le tornate successive, non si potrà arrivare per tempo alle elezioni del 2016.
In caso di slittamento del voto, teme l’opposizione, Joseph Kabila potrebbe restare alla guida dello stato anche dopo la fine, appunto nel 2016, del suo secondo mandato, l’ultimo consentito dalla costituzione. A quel punto avrà buon gioco a dichiarare che la costituzione, il sistema elettorale e lo stato devono essere riformati per arrivare a nuove elezioni. Il gioco sarebbe fatto.