Il mondo del lavoro e il dramma della disoccupazione
di Irene Merli
La legge del mercato, di Stephan Brizé, con Vincent London. Palma d’oro per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes 2015
Ecco, ora non potremo più’ dire di non aver visto. Dopo questo film non potremo più leggere le statistiche e i reportage sulla disoccupazione, che pur ci spaventano e preoccupano in misura diversa a seconda di quello che stiamo vivendo, senza ricordarci del volto impietrito di Vincent London, che in 92 minuti ci mostra la tragedia umana che sta dietro a ognuno di questi casi. La battaglia di un uomo che all’ improvviso, dopo più’ di 20 anni di lavoro, si trova alle prese con un nemico subdolo e terrorizzante: la paura di non avere abbastanza denaro per sopravvivere.
Thierry è un cinquantenne che da 20 mesi ha perso il posto perché la sua azienda, pur in attivo, ha delocalizzato, come si usa dire. Noi lo incontriamo mentre dialoga con un funzionario di un’agenzia di collocamento che gli ha fatto fare un inutile stage, che non porterà mai né lui né gli altri 14 che l’hanno fatto a trovare un lavoro in un cantiere. Il regista ci scaraventata immediatamente in situazione, senza fronzoli ne’ perdite di tempo.
E da qui in poi ci sfilano sotto gli occhi i passaggi di un’esistenza e di una dignità’ distrutte: il colloquio in banca in cerca di un prestito per non far mancare i soldi del sostegno scolastico a un figlio handicappato, in cui Thierry si sente proporre di vendere la casa a 5 anni dalla fine del mutuo o di sottoscrivere una polizza sulla vita, casomai gli capitasse qualcosa; un colloquio via Skype con un direttorucolo del personale che giudica in modo scortese e frettoloso le capacità e le potenzialità di un uomo che ha lavorato tutta la vita; un corso su come fare un colloquio in cui i compagni di banco sparano a zero persino sul modo in cui porta la camicia. Un’escalation di umiliazioni quotidiane, che sfocia finalmente nel tanto cercato impiego a tempo fisso.
Thierry viene assunto come addetto alla security di un ipermercato, supera il periodo di prova, ma ben presto si trova davanti a una scelta durissima: diventare complice dello stesso sistema spietato che lo aveva espulso dal lavoro o tornare in una condizione di instabilità? Il finale, che non anticipiamo, si svolge senza clamori ne’ strepiti, in modo sommesso.
“La legge del mercato” è un film dichiaratamente politico, che mette in scena con secco realismo la condizione di una classe sempre più’ ampia di lavoratori strozzati dalla crisi, in continuo ricatto, ma non dà lezioni: ci investe con la violenza di un ceffone sulla dimensione privata di persone sempre più spesso messe a dura prova da meccanismi del mercato divenuti insostenibili, da un sistema che distrugge risorse e coscienze.
Lo stile è quasi documentaristico, senza alcun commento musicale, la macchina a spalla sta addosso ai personaggi ( praticamente tutti attori non professionisti) e soprattutto al protagonista, uno straordinario, misuratissimo London, che ci regala un’interpretazione memorabile e struggente fatta di silenzi, rassegnazione, sguardi tesi, imbarazzo cocente e ansia resi palpabili da ogni movimento del corpo o espressione del volto.
Niente di quello che accade nel suo animo in tumulto arriva alle parole, ma è’ come se potessimo leggere le sue sensazioni, viverle sulla nostra pelle, sentire scendere dentro di noi il peso schiacciante che il suo personaggio subisce cercando di adattarsi a tutto, alla sua età’, pur di uscire dall’incubo.
A tutto, tranne alla perdita della propria dignità.
Piccolo inciso: London è anche coproduttore del film e il fatto che lui, il regista e l’altro coproduttore abbiano accettato compensi al di sotto dell’abituale ha consentito di pagare normalmente la troupe. Anche questo significa credere veramente a un film.