di Maddalena Brunetti, da Capo Teulada
Da un lato la mastodontica esercitazione Nato, dall’altro un migliaio di manifestanti armati di cartelli e striscioni inneggianti la pace. In mezzo un massiccio schieramento di carabinieri, poliziotti e finanzieri in assetto antisommossa. Colonna sonora: forti colpi di artiglieria e il rombo degli elicotteri.
Numeri da record per una mattina, quella di ieri attorno al poligono di Capo Teulada in Sardegna, culminata con una robusta carica delle forze dell’ordine che hanno manganellato una frangia del corteo rea di aver imboccato un sentiero off-limits: a più di due chilometri dalla recinzione esterna della struttura militare.
Ma tra Teulada e Sant’Anna Arresi, profondo e desolato Sulcis, i divieti ordinari più quelli straordinari scattati ieri, hanno creato la tensione sfociata nella carica e fatto crescere i numeri di un corteo, che si è ingrossato di ora in ora nonostante la zona lontana dalla città e il giorno feriale.
L’antefatto. Dal 21 ottobre è in corso la più grande esercitazione Nato mai messa in campo – come vantato dagli stessi organizzatori – dalla caduta del muro di Berlino a oggi. Tra Spagna, Portogallo e Italia sono stati schierati eserciti e mezzi di almeno 30 nazioni.
Ma quando si tratta di giochi di guerra, dire Italia significa parlare soprattutto della Sardegna, che da sola ospita oltre il 65 per cento di tutto il demanio militare nazionale, oltre ai tre poligoni più grandi d’Europa. Tra questi c’è quello di Capo Teulada definito più volte, dai generali, irrinunciabile per la Difesa. E proprio qui si è svolta una grossa fetta dell’addestramento Nato contro la quale sono scesi in piazza migliaia di sardi.
La protesta. Dopo l’importante manifestazione di sabato scorso (31 ottobre) a Cagliari, l’appuntamento era stato fissato per ieri (3 novembre) a Porto Pino, nei dintorni della base. Ma quello che era destinato ad essere un sit-in minore – per distanza e data – è cresciuto di ora in ora complice anche il pugno di ferro del questore di Cagliari, Vito Danilo Gagliardi, che prima ha emesso 12 fogli di via per dei ragazzi “sorpresi” a fare una ricognizione dei luoghi prima della manifestazione (e che per i prossimi tre anni non potranno avvicinarsi né a Teulada né a Sant’Anna Arresi, ndr), per poi negare il via libera alla protesta.
I movimenti hanno gridato alla “criminalizzazione del dissenso” e invitato tutti a partecipare. Molti hanno aderito. «Non avevo intenzione di venire ma i fogli di via mi hanno convinto», ha spiegato più di un componente del corteo composto da molti studenti, attivisti e tanti anziani: due camminavano assistito da deambulatore, un altro era su una in sedia a rotelle. Una prova muscolare che si è trasformata in braccio di ferro la mattina della protesta: tre posti di blocco hanno identificato e perquisito le auto di chiunque era diretto in zona.
Sulla provinciale sono stati bloccati i tre pullman, organizzati dai collettivi studenteschi in arrivo da Cagliari, su cui viaggiavano anche due destinatari dei fogli di via. Dopo ore di stallo i mezzi sono stati dirottati verso gli uffici della Questura del vicino paese di Giba, dove i due hanno deciso di trattenersi pur di sbloccare la situazione mentre il resto dei manifestanti aveva iniziato a marciare verso gli autobus per ricompattare la protesta, scortati dalla celere.
Quando i due tronconi si sono incontrati, su una deserta strada statale tra le campagne, la polizia ha bloccato – a sandwich – il corteo che ha ‘aggirato’ l’ostacolo passando per i campi. La tensione è così cresciuta: qualcuno ha perso di vista l’obiettivo lanciando sterili insulti contro gli agenti. E sulla via del ritorno, è esplosa. Una frangia del corteo ha iniziato a percorrere un paludoso sentiero, che costeggia lo stagno protetto vicino al poligono, per cercare di raggiungere il perimetro del filo spinato. Ed è scattata la carica. Un mulinare di manganelli per un paio di teste sanguinanti.
Poi la notizia: “i nostri sono riusciti ad entrare e hanno bloccato l’esercitazione. Abbiamo vinto”. Più modesta la realtà: l’addestramento era già terminato quando in 16 sono riusciti a scavalcare la rete più esterna della blindatissima struttura. Tutto sostanzialmente sotto gli occhi dei militari che li hanno subito identificati e denunciati. Nulla disturba la guerra. Nemmeno quella simulata. Il corteo si è sciolto.
Tutt’intorno bellezza: all’esterno del recinto di filo spinato – che abbraccia 7200 ettari – c’è un incantevole stagno protetto abitato anche dai poetici fenicotteri rosa. Poco lontano le bianchissime dune di Porto Pino che sfociano in uno dei più cristallini mari di Sardegna. Vanto del turismo locale. Lo ricorda anche un cartello d’ingresso al comune di Sant’Anna Arresi che avverte i villeggianti: vietato campeggiare e accendere fuochi, divieto di danneggiare la flora. Peccato che nello stesso territorio, dentro al poligono, i carri armati solcano liberamente la spiaggia e le bombe esplodono tra la “flora”. Paradossi che si ritrovano parlando con chi vive in zona.
Nella provincia più povere d’Italia, c’è chi è convinto che la base porti lavoro e benessere. L’evidenza non scalfisce le certezze. «Il poligono deve restare, sennò noi di cosa campiamo?», ha detto a una testata locale un uomo. «Lei è pescatore?», ha chiesto la giornalista. «No, disoccupato», ha risposto lui. Sembrava certo, però, della ricchezza portata dai militari.