Sud Sudan, i numeri della guerra

Ecco gli ultimi dati diffusi dall’Onu: il Sud Sudan è indipendente da quattro anni ma quasi un quarto della popolazione è sfollata.

di Raffaele Masto
Buongiorno Africa

A pochi giorni dalla firma dell’ennesima intesa che dovrebbe portare a negoziati per la fine della guerra in Sud Sudan, da questo giovane paese (il più giovane di tutto il continente) arrivano notizie drammatica per gli oltre due milioni di profughi, sfollati interni e rifugiati prodotti da una guerra civile che è veramente un conflitto dimenticato.

Ecco gli ultimi dati diffusi dall’Onu: il Sud Sudan è indipendente da quattro anni ma quasi un quarto della popolazione è sfollata. La metà è minacciata dalla fame. La speranza di vita non supera i 55 anni. Il tasso di alfabetismo è il più basso del mondo. Almeno Cinquanta mila persone sono state uccise nella guerra. Dodici mila bambini sono stati arruolati con la forza nei gruppi armati 110mila persone nel campo profughi di Bentiu, il più grande del paese e uno dei più grandi del mondo, vivono con soli 80 grammi di cereali al giorno.

La guerra in Sud Sudan è una guerra per il potere di due uomini e del loro entourage. Da una parte il presidente Salva Kiir, dall’altra il suo ex vice-presidente Riek Machar. Il primo è di etnia Dinka, il secondo è un Nuer. Si tratta delle due più importanti etnie del paese e i due contendenti non hanno esitato a trasformare il conflitto in una guerra etnica.

Sul potere di questi due personaggi si appuntano anche diversi interessi esterni. Il Sud Sudan è ricco di petrolio e, nelle logiche regionali, assume una valenza importante per gli equilibri locali. Inoltre, da non dimenticare, il Sud Sudan è attraversato completamente, da sud a nord, dal Grande Fiume Nilo per le cui acque i paesi del suo bacino si confrontano. Qualunque cosa si faccia sul suo corso (una diga, un canale, un dirottamento anche parziale) influisce sul resto del corso che è vitale soprattutto per l’Egitto.

In attesa del raggiungimento di una intesa tra grandi potenze regionali e non sull’utilizzo e lo sfruttamento di queste risorse, la guerra sembra non fermabile e i numeri di questo conflitto dimenticato sempre più drammatici.