Porte che si aprono

Proiezione in anteprima di “87 ore” al Teatro Palladium di Roma. Gli ultimi terribili giorni di Francesco Mastrogiovanni, morto per TSO, raccontati in una pellicola di Costanza Quatriglio

di Emily Menguzzato

Gli occhi intensi di Grazia Serra guardano fissi e arrivano direttamente alla pancia della platea attenta. “Non sono riuscita ad aprire quella porta e forse, se lo avessi fatto, le cose sarebbero andate diversamente”. C’è commozione, rabbia, ma soprattutto forza nelle parole della giovane nipote di Francesco Mastrogiovanni, maestro elementare di 58 anni morto nel 2009 in seguito a un TSO, il Trattamento Sanitario Obbligatorio che può essere applicato nel nostro paese in caso di motivata necessità e urgenza clinica, anche se il paziente si oppone. La porta incriminata è gialla, con il vetro verniciato di bianco: non la si può oltrepassare, non si può neppure guardare oltre. Da quel varco apparentemente invalicabile si accede al reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, dove Grazia si era recata in visita allo zio. “Quel giorno non conoscevo i miei diritti e mi sono fidata del medico. Diceva che era meglio non vederlo, che non dovevo preoccuparmi perché stava riposando serenamente”.

Quando si sono spente le luci e si è acceso lo schermo del Palladium, sono stati molti, tra gli spettatori, a trasformarsi a fianco di Grazia in nipoti di Francesco. Qualcuno non tratteneva le lacrime, gli sguardi si univano al buio a scambiare sgomento e dispiacere.

Le lunghe sequenze di “87 ore”, il ritmo lento e implacabile scelto da Costanza Quatriglio, restituiscono dolorosamente le ultime ore di vita di Mastrogiovanni. Le testimonianze dei familiari si alternano alle riprese delle telecamere di sorveglianza, commentate dalla nipote Grazia.

Il 31 luglio del 2009 lo zio Francesco viene fermato dalle forze dell’ordine sulla costiera del Cilento e ricoverato. Viene immobilizzato, mani e piedi legati al letto, nudo, lasciato praticamente senza cibo né acqua. Dopo 87 interminabili ore, muore. Il motivo di un simile trattamento è a tutt’oggi senza risposta dal momento che Mastrogiovanni non aveva mostrato segnali di aggressività e “aveva accettato le cure salendo sull’ambulanza, cosa che avrebbe dovuto far decadere il TSO”, dice Grazia a Q Code.

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Nel processo di primo grado sono stati condannati sei medici per sequestro di persona, morte come conseguenza di altro delitto e falso in atto pubblico. I dodici infermieri sono stati tutti assolti anche se ora, nel processo d’appello, è stato chiesto di rivedere la loro posizione: gli infermieri non sono “meri esecutori” ma professionisti che avrebbero potuto interrompere l’agonia di Mastrogiovanni.

Ma il desiderio che venga fatta piena luce sulla morte di Francesco Mastrogiovanni non è l’unica battaglia portata avanti da Grazia e dalla sua famiglia. “La scelta di non raccontare la vita di mio zio è voluta- ci dice ancora Grazia Serra-. Pensiamo che questo film possa rappresentare anche altre storie. Le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza sono le uniche, ma questo non è certo l’unico caso accaduto in Italia. La cronaca racconta di contenzioni improprie, di reparti chiusi, di altre morti per TSO. Continuo a parlare di questa vicenda perché credo che sia importante informare i familiari sui propri diritti, come quello di poter vedere in ogni momento la persona ricoverata. Diritti che purtroppo io non conoscevo. E credo che solo insieme potremo aprire quella porta”.

“87 ore” sarà proiettato dal 23 novembre a Milano e Roma, e verrà trasmesso da Rai Tre nella serata del 28 dicembre.